20 Agosto 2022
Corriere del Mezzogiorno

«Ora basta con le donne reclutate in lista come fossero ancelle» – intervista con Luisa Cavaliere

di Fabrizio Geremicca


«Le donne sono reclutate come ancelle nelle liste elettorali ». Luisa Cavaliere, scrittrice, storica militante del Pci ed esponente del movimento femminista, non è una che abbia timore di dire quello che pensa o che ami celarsi dietro cautele e perifrasi di comodo. Osserva quel che sta accadendo nella scelta dei nomi che i partiti si apprestano a proporre agli elettori per le elezioni politiche del 25 settembre e ne trae conclusioni nette. «La formazione delle liste – sostiene – è un fatto scandaloso».

Una situazione che sta già suscitando rinunce à gogo, basti citare quelle dell’ex assessora comunale di Napoli Roberta Gaeta e della consigliera regionale Paola Raia.

Si riferisce alla circostanza che le candidature delle donne parrebbero a volte dettate soprattutto dalla necessità di ottemperare alle disposizioni inerenti le quote di genere imposte dalla legge (non più del 60% di presenze di uno dei due generi) e che nelle liste ad esse sono spesso riservate le posizioni meno favorevoli?

«Il mio discorso è più complesso. Il punto vero è che, al di là della collocazione più o meno favorevole ai fini dell’ingresso in Parlamento, la posizione della donna nelle liste elettorali è accettata solo se la candidata acconsente a sedersi alla tavola quando è già imbandita. Invece di rompere gli schemi, sparecchiare ed apparecchiare, le donne che puntano a un seggio rivendicano il posto a tavola. Le quote sono servite a una piccola élite di protette le quali, in cambio della benevola accettazione, non mettono in discussione lo status quo. La differenza sessuale è un grande valore dei rapporti e questa pratica lo mortifica».

L’accesso delle donne nelle stanze del potere non era una rivendicazione femminista?

«Il femminismo radicale non si accontentava della parità numerica nelle istituzioni, che è nemica delle donne. Riteneva, anzi, che andasse esaltata la diversità tra uomini e donne e che le donne potessero svolgere un ruolo decisivo nel mettere in discussione le logiche e le dinamiche del potere. Il problema non è quello di avere più signore in Parlamento, ma di avere donne capaci di contrastare la narrazione corrente ormai trasversale alla destra ed alla sinistra».

«Io voto donna» è lo slogan che fu lanciato nel 2004 dal Ministero per le Pari Opportunità. È da buttare?

«Una cosa sciagurata dal mio punto di vista. Un po’ come votare Giorgia Meloni perché è donna».

Lo ha detto anche a Rosetta D’Amelio, la consigliera di De Luca alle Pari Opportunità che è una sua storica amica, e ora si candida con il Pd ad Avellino, dietro uno dei figli del presidente della giunta regionale campana?

«Rosetta ha vinto finora qualunque battaglia elettorale, non ha rinunciato alla sua identità e al suo impegno sociale, però accetta anch’ella il patto. Poiché è riconosciuta, lo accetta».

Non le pare che la sua sia una posizione ormai di nicchia?

«Il primo femminismo radicale esiste ancora ed è molto forte, sebbene mostri segni di timidezza sulla scena politica. La partita è tra un femminismo di Stato che accetti le regole e punti ad essere ammesso nelle istituzioni, sia pure da ancella, e un femminismo radicale che sa che se non si cambiano le regole muta poco. Lo ripeto anche quando mi capita che una donna – in genere inserita in un meccanismo esclusivo – si sorprenda che io ancora parli di femminismo».

La concezione ancillare della donna in politica riguarda anche la sinistra?

«È trasversale. Se parlo con Letta o Speranza io mi dispero. Ho riletto un mese fa gran parte dei discorsi di Mara Carfagna. Tanti uomini di sinistra sono oggi innamorati di lei. È indubbiamente una donna intelligente, sebbene mimetica nel senso che si mimetizza ed assume diverse sembianze a seconda delle circostanze esterne. I suoi sono tutti discorsi incentrati sul tema: io ce l’ho fatta. Si dovrebbe uscire con un manifesto firmato da sei o sette donne note all’opinione pubblica nel quale si dica che la battaglia non è per avere più donne in Parlamento».

Secondo lei, il politico che meglio interpreta il ruolo sessista per il quale le donne in politica devono continuare a ricoprire un ruolo da comprimarie o, come dice lei, ancillare?

«Che dubbio c’è? Il maschilista Berlusconi, il quale ora dice che vuole diventare presidente del Senato».


(Corriere del Mezzogiorno Campania, 20 agosto 2022)

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