2 Dicembre 2023
Il Quotidiano del Sud

Pensando alle manifestazioni del 25 novembre

di Franca Fortunato


Le manifestazioni oceaniche della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne hanno visto – come nei giorni precedenti nelle università e nelle scuole – ragazze e ragazzi partecipare in massa, in risposta non tanto alla chiamata delle donne di Non Una di Meno, quanto all’appello della sorella di Giulia, Elena, che ha saputo trasformare il suo dolore e la sua rabbia in forza personale e collettiva. Nonostante il dolore per l’orrenda uccisione di Giulia, di fronte a quella marea mi sono sentita “felice”, come ho confessato con “pudore”, per paura di non essere capita, all’incontro tenuto quel giorno alla libreria “Non ci resta che leggere” di Soverato (CZ), organizzato dal gruppo donne di “Cittadinanzattiva”, ai cui incontri partecipo da un po’, invitata da Francesca Labonia, mia amica e cofondatrice del gruppo. La mia felicità nasceva nel vedere insieme tante ragazze che il femminismo ha cambiato dando loro consapevolezza dell’inviolabilità del proprio corpo. La mia felicità nasceva nel vedere come, grazie alle ragazze, siano cambiati anche tutti quei ragazzi che manifestavano con loro, rompendo così, in modo irreversibile, la complicità maschile che è dura a morire in quei padri che si affrettano a difendere i propri figli accusati di violenza sessuale, delegittimando e screditando le ragazze che li accusano per renderle non credibili. È questo un comportamento patriarcale che generazioni di donne hanno subito e che oggi quelle ragazze e quei ragazzi, eredi delle loro madri, non accettano più. Quanta dignità, invece, nel dolore e nella tragedia hanno dimostrato i genitori dell’assassino di Giulia rifiutandosi, per il momento, di incontrare il figlio omicida in carcere! La mia felicità mi ha riportata a quella provata quando ho incontrato il femminismo della differenza che mi ha cambiato la vita e quando ho letto nel 1996 il Sottosopra “È accaduto non per caso”, un documento scritto dalle donne della Libreria di Milano con cui annunciavano: «Il patriarcato è finito, non ha più il credito femminile ed è finito […]. Adesso è un altro tempo e un’altra storia». Ecco, mi sono detta quel giorno, l’altro tempo e l’altra storia, il tempo e la storia della libertà femminile, in cui quelle ragazze sono nate, oggi è anche il loro tempo e la loro storia. Quello che è accaduto il 25 novembre non è accaduto per caso ma è frutto anche del lavoro delle donne che, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, si sono autorizzate a portare dentro la scuola il sapere e le pratiche del femminismo della differenza, rivoluzionando i saperi, la lingua e il rapporto con colleghe/i e alunne/i. Mi riferisco alla mia esperienza e di tante donne come me e di quelle a me maestre nella “Pedagogia della differenza” e al movimento dell’“Autoriforma gentile” nelle scuole e nelle università che ha coinvolto anche uomini. Di quel sapere e di quelle esperienze c’è un tesoro di libri a cui donne e uomini possono accedere per il loro insegnamento. Esperienze, figlie di un tempo nuovo che hanno dato inizio a una nuova storia, dando senso a scuola all’essere donne e scoprendo il piacere dell’insegnare e dell’imparare. Da ripetitrici e trasmettitrici di un sapere e di una lingua che cancellano noi donne, siamo diventate protagoniste e produttrici di nuovo sapere, nuove pratiche educative, nuovo linguaggio nel rispetto della differenza sessuale, in un rapporto relazionale tra chi insegna e chi impara. Si educa alla relazione praticandola. Oggi, in un continuum materno da madre in figlia, sono le ragazze e le giovani donne a insegnare la sessuazione dei saperi e del linguaggio, come ho visto fare nel gruppo “Cittadinanzattiva” da alcune di loro. Come non essere felice?


(Il Quotidiano del Sud, rubrica “Io, donna”, 2 dicembre 2023)

Print Friendly, PDF & Email