15 Ottobre 2020
Via Dogana

Pippa Bacca: a che prezzo, a che pro

di Luisa Muraro


Al Cinema Mexico di Milano danno il documentario dedicato a Pippa Bacca da Simone Manetti, che ha intitolato il suo film Sono innamorato di Pippa Bacca. Anche noi. Nel 2008 la rivista “Via Dogana” (n. 85) le ha dedicato questo articolo, che riproponiamo. “Via Dogana” adesso si pubblica sul sito della Libreria delle donne.


Non è un fatto di cronaca, oppure sì, di quelli che un giorno serviranno a scrivere la vera storia di donne e uomini, e questo è già pronto.

“Voleva raggiungere Gerusalemme”, dicevano di Pippa Bacca, quando ne fu denunciata la scomparsa, e pensai alla Crociata dei fanciulli (1212), quasi senza pensarci, come se anche questa fosse una di quelle vicende tristi e favolose che la storia s’inventa e su cui ci lascia fantasticare. Anche lei, come loro, alla ventura, verso l’Oriente, nel trasporto di un sogno, con quello slancio che hanno i fanciulli, non più creaturine attaccate per istinto agli adulti, non ancora adulti preoccupati del proprio benessere. Si era ai primissimi giorni di aprile e i giornali avevano cominciato a pubblicare immagini e notizie dello strano viaggio di Giuseppina Pasqualino di Marineo, il suo nome anagrafico. È partita l’8 marzo, dicevano, insieme all’amica Silvia Moro, entrambe vestite da spose, in autostop, dall’Italia ai paesi dei Balcani fino alla Bulgaria e da lì, purtroppo non più insieme, in Turchia per ritrovarsi poi in Libano e raggiungere Gerusalemme.

Poi ho capito che non era una favola. Voleva essere un atto teatrale e politico per la pace dei popoli, un lunghissimo atto unico che metteva in scena la fiducia di due giovani donne e l’accoglienza loro riservata, lungo il percorso. Con un sito per seguirlo e un titolo: Brides on tour (spose in viaggio).

Poi sembrò che tutto fosse finito, il teatro come la favola, allorché, il 31 marzo, Silvia Moro fece sapere che aveva perso il contatto con l’amica e le ricerche portarono, dieci giorni dopo, alla scoperta del corpo di lei, seguita dall’arresto dell’uomo che l’aveva uccisa, Murat Karatash. L’uomo, reo confesso, l’aveva raccolta in autostop, aveva mangiato con lei e poi l’aveva violentata e uccisa. Presa e buttata, così come certi strappano i fiori che sporgono dai giardini o spuntano dai fossi umidi. Aveva 33 anni, un’età che un certo tipo di persone non riesce a oltrepassare.

Ma non è vero che fosse tutto finito. Tant’è che il manifesto, che non ha pagine destinate alla cronaca, ha scelto giustamente che a parlare del fatto fosse Arianna Di Genova, critica d’arte, sulle pagine intitolate “Visioni”. La storia, infatti, è riuscita a riscattarsi dagli aspetti più penosi e ha preso la forma di un’opera d’arte. Ora Pippa Bacca è compiutamente quella che ha voluto e aveva cominciato ad essere, un’artista, e non si dica che è stata la morte, la morte non ha fatto che annodare insieme fili che hanno i colori della vita.

In ciò ha contato non poco la risposta della Turchia, che è stata di una qualità speciale, non saprei dire di più, salvo che, nello specchio di questa risposta, l’impresa della giovane artista milanese ha assunto una grandezza nuova. Parliamo di un paese che aspira a entrare nella comunità europea e lotta per migliorare l’immagine che se ne ha all’estero: c’era questo nei gesti pubblici, ma li dettava un sentimento vero. Come lo so? Ce lo garantisce il contesto. 

Un grande ruolo ha avuto la madre, Elena Manzoni insieme alle figlie, ben cinque con Pippa, sorelle unitissime fra loro, da lei portate, ancora bambine, in pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Nel susseguirsi degli avvenimenti, fino al funerale celebrato il 19 aprile, nell’antica basilica di San Simpliciano, all’insegna della festa pura, quasi fanciullesca, la madre ha costantemente parlato, agito e, credo che si possa dire, sentito, con una serenità stupefacente, sempre accettante verso le scelte di Giuseppina, come lei naturalmente la chiama. “Poteva accadere ovunque”, è stato il primo commento pubblico di Elena Manzoni, che ha indirizzato i mass-media nel senso di rivolgere l’attenzione verso la figura e il progetto della figlia. “La sua è stata una prova di fede nella pace e nell’accoglienza dei popoli”, ha detto ancora, e come tale ci chiede di vederla. Ora, insieme alle figlie, prepara una mostra dell’opera di Pippa, che l’ambasciatore turco, presente ai funerali, ha chiesto di portare anche nel suo paese.

Dopo il funerale, sul sagrato di San Simpliciano (una chiesa associata alla figura della grande Guglielma Boema), mescolate alla folla, c’erano alcune autorità di Milano, la sindaca Letizia Moratti in testa. Se avesse potuto parlare, Pippa avrebbe chiesto loro (a suo tempo lo aveva effettivamente chiesto) di recuperare la Casa degli artisti, un luogo affascinante, a lei caro, da decenni in un miserevole stato di abbandono. Le autorità hanno promesso targhe, celebrazioni e onorificenze, e a chi ha ricordato loro il desiderio della giovane donna, hanno risposto “magari”, che è la quintessenza dell’italiano intraducibile.

La vicenda è stata molto seguita e commentata, specialmente a Milano, e alcuni commenti sono stati di critica: una dovrebbe sapere…, non ci si può esporre… Commenti che trovo ammissibili e ai quali vorrei rispondere. Sì, è vero, lei si è esposta a rischi non trascurabili, ma non più grandi di quelli che fanno scalate, corrono a Monza, volano in deltaplano. Con la differenza che lei ci ha messo più inventiva e più generosità, offrendo qualcosa di bello e insolito alla nostra fruizione (parola che ha la radice del “dolce frui” del Paradiso di Dante). Non sono una difensora della libertà femminile che, insofferente di limitazioni, sfida il buon senso. Però dico: c’è libertà femminile, oggi, vogliamo farne qualcosa che non sia solo stare un po’ meglio o misurare quello che ancora manca? Pippa Bacca ha investito questa libertà come meglio sapeva fare, in una testimonianza politica cui ha dato forma d’opera d’arte, pagando un prezzo alto, che alza il valore dell’opera. Altrimenti, a che pro? Come disse una volta Luce Irigaray: se è solo per me, tanto valeva restare fra le mura domestiche a fare le ottime cose che hanno saputo fare le nostre antenate. Sia detto senza ombra di riprovazione, per incoraggiamento.


(www.libreriadelledonne.it, 15 ottobre 2020)

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