31 Gennaio 2023
Solidarietà internazionale

Prostituzione: una violenza firmata patriarcato

di Laura Caffagnini


«Lui sa quanto stai male, ma non si vuole fermare perché tu non sei un essere umano per lui. Tu sai che la tua umanità è sminuita ma fingi di non saperlo perché saperlo sarebbe un’agonia. Devi divorziare da te stessa, dai tuoi pensieri, sensazioni, opinioni, volontà e desideri. Non c’è spazio per te stessa in te stessa». Rachel Moran, dal docufilm di Nuccia Gatti “No room inside me for me”.


Verso il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, tre donne in prostituzione sono state selvaggiamente uccise a Roma. Delitti come questo, ultimo stadio di una spirale di violenza subita nel nascondimento, non sono generalmente considerati tra i femminicidi, ma vengono ascritti alla cronaca nera e spesso ignorati. Un articolo pubblicato dalla Stampa il 18 novembre 2022 – il cui autore con nonchalance ha scritto di essere stato “cliente” in via Riboty una ventina di volte – ha suscitato un mailbombing indignato per la cinicità del pensiero che veicola. Le lettere di protesta pubblicate il giorno dopo hanno sottolineato ancora una volta che la prostituzione è una forma estrema della violenza contro le donne perpetrata da sempre dal patriarcato, e va fermata.

La campagna abolizionista

In prosecuzione alla copertina di Solidarietà internazionale “Stupro a pagamento” (n. 5-2021), abbiamo voluto fare il punto sulla campagna abolizionista in corso in Italia. Nell’ultimo anno decine di eventi formativi sono stati realizzati in rete da Iroko, Resistenza Femminista, Differenza Donna, Space international, Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, Federazione delle donne evangeliche in Italia. Sono stati molti anche gli interventi sui media per difendere la legge Merlin, attaccata dai promotori del cosiddetto sex work. Iroko, fondata e presieduta da Esohe Aghatise, una sede a Torino, una a Benin City, si occupa di formazione, mediazione linguistica e advocacy per donne vittime di tratta. «Da tempo abbiamo maturato una posizione abolizionista – spiega Nica Mammì, responsabile delle attività in Italia –. Con la “Papa Giovanni XXIII” e altre associazioni promuoviamo la campagna contro la prostituzione. Lavoriamo anche a livello internazionale come membri di Cap international (Coalition abolition prostitution) che opera per l’introduzione in vari Stati del modello nordico, inaugurato in Svezia nel 1999. In Italia stiamo cercando di formalizzare una rete tra le molte realtà che perseguono l’abolizionismo». Frutto di questo lavoro è il Manifesto “per una sessualità libera da mercato e patriarcato” che definisce la prostituzione un sistema che viola i diritti umani, una forma di violenza e sfruttamento di un mercato regolato dalla legge del capitalismo. «Chiediamo l’adozione di una legge abolizionista che parta dalla legge Merlin, la rafforzi, e realizzi i punti non ancora applicati. Attraverso un bando finanziato da Cap e con il sostegno di Chiara Parolin siamo riuscite a fare un’attività di lobbying affinché venga approvata» aggiunge Mammì.

Cadaveri di donne non identificate

L’avvocata Chiara Parolin, co-presidente dell’European network of migrant women, rileva il successo dell’azione di Cap in Francia, Irlanda e Israele dove il modello nordico è stato introdotto. «In Italia da un anno provavamo a contattare i media senza essere ascoltate. C’è un numero sproporzionato di cadaveri di donne non identificate e vogliamo capire se hanno un rapporto con la prostituzione. C’è voluto un triplice omicidio per sollevare il dibattito in modo plateale». L’avvocata vede dei passi avanti nella sensibilizzazione delle comunità anche grazie al disegno di legge Maiorino, presentato in Parlamento nel giugno 2021. Il ddl, ripresentato dalla senatrice nella nuova legislatura, non è solo il frutto di un lavoro degli uffici legislativi, ma è maturato all’interno di webinar, attraverso la collaborazione di diverse avvocate e l’ascolto di gruppi e associazioni abolizioniste. La prima presentazione ha suscitato reazioni violente verso la promotrice e le sostenitrici. Addirittura è stata definita una legge rovina-famiglie. Maiorino «svolge un ruolo importantissimo trattando nelle sedi istituzionali un tema scomodo. La sua riforma della legge Merlin prevede l’introduzione di una sanzione amministrativa a carico del cliente che diventa penale in caso di recidiva. La norma ha anche una funzione comunicativa verso l’opinione pubblica e finanzia percorsi di uscita dalla prostituzione distinta dalla tratta. Lo prevedeva anche la Merlin ma non è stata applicata».

Nella scorsa legislatura erano stati presentati anche dei testi regolamentaristi da parte di chi vuole legittimare la prostituzione come lavoro. «Il movimento pro-sex work – continua Parolin – nasce nelle aule di ricerca universitarie da persone che non hanno un contatto diretto con le donne prostituite e influenzano negativamente parte della comunità lgbt, a parte l’Arcilesbica che è invece abolizionista. Sono frutto di quel femminismo liberista che è stato fagocitato dal capitalismo e da esso ha introiettato l’idea che con i soldi si possa comprare tutto. Oggi donne sempre più giovani guardano alla prostituzione come a un ambito promettente, affascinante e facile: una vita migliore a costo zero. È tanto facile entrare in questa mentalità alla “Pretty woman” quanto è difficile uscire dalla prostituzione. Nel Manifesto abbiamo sottolineato le conseguenze sul corpo e la mente di una donna e abbiamo evidenziato la possibilità di costruire percorsi di uscita e di indipendenza. Lo sfruttamento sessuale cresce perché ci sono uomini che chiedono di comprare le donne. Colpendo la domanda possiamo abbassare l’offerta».

Non si può più aspettare

Spesso si sente dire che per eliminare la piaga della prostituzione occorre un grande cambiamento culturale. Commenta Parolin: «Noi non abbiamo più tempo di aspettare perché continuiamo a essere uccise. Le donne prostituite non sono diverse dalle casalinghe o dalle impiegate. Vogliamo un cambiamento adesso, vogliamo concretezza, vogliamo smettere di essere oggetto di compravendita. Il circuito della violenza che c’è nella prostituzione arriva nella vita domestica, nutrito dalla pornografia che si sta espandendo nel web dove film pornografici e video amatoriali sottopongono donne a pratiche inumane che incitano alla violenza».

Giulia Poletti, laureata in Scienze sociali a Ca’ Foscari, è un’attivista di Resistenza Femminista, autorevole realtà nella rete abolizionista italiana che dà voce alle sopravvissute e a cui si deve la traduzione in italiano del libro Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione di Rachel Moran, una pietra miliare. Per la tesi di laurea Poletti ha fatto ricerche sul sistema nazionale e su due progetti regionali anti-tratta nei quali ha riscontrato un orientamento pro-sex work. Come mai? «L’unica spiegazione che mi sono data – risponde – è che non riuscendo a togliere le ragazze dalla strada, operatori e operatrici finiscono per considerare la prostituzione un lavoro come un altro e operando per la riduzione del danno si sentono a posto con la coscienza. Sicuramente non è un lavoro che consigliano alle loro figlie». Tra i vari settori di attivismo nel campo femminista Giulia ha scelto quello della prostituzione in quanto è rimasta «scioccata dal maschilismo travestito da femminismo di chi promuove il sex work. Una pagina Facebook diceva che la sessualità passiva delle donne in realtà è emancipazione e che soddisfare un uomo è una libera scelta. Qualcuna poteva anche cascarci. Da qui si passava alla prostituzione, definita con il termine elegante di sex work, e alla difesa a spada tratta della pornografia. Ho voluto contrastare questo femminismo pop, molto accomodante verso gli uomini, che ci fa regredire di moltissimi anni e rende vane tutte le lotte fatte. Per questo mi sono avvicinata alle “femministe radicali” che criticano la prostituzione e la pornografia. La pagina di Resistenza Femminista cerca di far capire alle giovani pro-sex work che dire libera scelta è già riduttivo. Il femminismo pop ha successo perché non assume posizioni estreme e non si espone troppo. Inoltre non vuol vedere la prostituzione per quello che è. La prostituzione è un crimine di genere in cui solo le donne sono sfruttate. Addirittura c’è chi giustifica la prostituzione dicendo: «Per fortuna ci sono le prostitute, altrimenti chissà quanti stupri ci sarebbero». Questo pensiero è aberrante. Vuol dire classificare donne di serie A e donne di serie B.


(Solidarietà internazionale, 6/2022)

Print Friendly, PDF & Email