di Mariangela Mianiti
Molestie. Le polemiche dopo la partecipazione dell’attore allo show di Giletti. Il paragone della presunta violenza con Weinstein è un’operazione iperstrabica
Il punto non è se sia stata lei a slacciargli i pantaloni o lui a cominciare, il punto non è nemmeno se il rapporto ci sia stato. Il nocciolo dell’affaire Jimmy Bennett/Asia Argento che salta agli occhi dall’intervista che lui, affiancato dal suo avvocato Gordon Stratto, ha rilasciato domenica scorsa a Non è L’Arena, su La7, è il furto delle motivazioni che stanno alla base del movimento #MeToo. Bennet ha paragonato la Argento a Weinstein perché come lui avrebbe abusato di una posizione di potere. Anche se con quegli occhioni sgranati e l’aria sperduta sembra un pulcino bagnato, è difficile non pensare che dietro le sue accuse non ci sia un retroscena interessato.
Le molestie e le violenze sessuali come ricatto sul lavoro sono state alla base della protesta femminile e globale scoppiata un anno fa. Le donne, e non solo le star, hanno preso parola per denunciare e dire basta a un comportamento maschile ricattatorio che usava, e in gran parte usa ancora, la propria posizione dominante per prendersi libertà e ottenere favori sessuali. Come ha scritto Lia Cigarini nell’ultimo numero di Sottosopra (disponibile presso la Libreria delle donne di Milano), «Il valore simbolico e politico del #MeToo è rivoluzionario perché è una presa di coscienza collettiva che segna una nuova fase del femminismo, un punto da cui non si torna indietro. L’operaia, la commessa, l’impiegata, l’attrice, la giornalista, la ricercatrice che si vedranno fare delle avances pesanti da un capo ora sanno che possono parlare perché attorno c’è chi crede loro e le sostiene.»
Quando Bennett paragona la presunta violenza di Asia Argento agli atteggiamenti predatori e reiterati di Harvey Weinstein fa un’operazione iperstrabica. Da una parte mette sullo stesso piano due eventi e comportamenti di peso ben diverso, dall’altra sminuisce la forza simbolica di un intero movimento. Non sono i maschi le vittime di questo andazzo, ma le donne. Dire «Anch’io sono vittima del potere come loro» equivale a infilarsi in qualcosa che non gli appartiene.
Certo, il fatto di essere un ex bambino di successo che ha vissuto più tempo sui set che a casa può avergli creato insicurezze, il non lavorare né guadagnare più come un tempo può averlo segnato, ma tutto ciò non ha nulla a che fare con il #Metoo. Casomai ha più attinenze con l’impietoso mondo di Hollywood e le regole del successo ed è con quelle che Bennett dovrebbe prendersela. L’altro aspetto che suscita molti dubbi è il denaro. Bennett dice di essersi reso conto che il rapporto con Asia Argento lo ha traumatizzato quando lei ha smascherato Weinstein. Invece di denunciarla, come hanno fatto le donne del #MeToo con i maschi, ha pensato di far scrivere al suo avvocato una lettera agli avvocati del compagno di lei, il celebre chef Anthony Bourdain, per chiedere un risarcimento di tre milioni e mezzo di dollari. Vuol dire che tutti quei soldi avrebbero placato il suo disagio? E che ferita è se accetta di stare zitta in cambio di un pagamento? Il #MeToo non ha mai chiesto una compensazione in denaro, ma un cambio di mentalità e atteggiamenti. Difficile, quindi, non dubitare che Bennett, o chi per lui, abbia voluto monetizzare su un incontro intimo.
E veniamo al rapporto. Bennett scattò con il proprio cellulare alcune foto che, secondo quanto dice, lo ritraggono con la Argento subito dopo la presunta violenza. Si abbracciano con tenerezza e lui sorride con un’aria sognante. Ora, senza voler sfruculiare, come ha fatto Giletti, sui dettagli del rapporto, se completo, o se è tecnicamente possibile che una donna costringa un uomo a fare l’amore con lei, a guardare quelle foto si fa molta fatica a pensare che lei sia una mantide e lui una vittima. Un mio amico con lunghe esperienze amorose, guardandole, ha detto: «E questo sarebbe il violentato? Tutt’al più lei lo ha aiutato a diventare grande».
Se questa storia finirà in un’aula di tribunale, non è lì che si troveranno risposte svelanti. L’avvocato di Bennett insiste sul fatto che per la California, dove tutto è avvenuto, lui all’epoca era minorenne (17 anni e qualche mese). Se fosse successo a New York, dove la maggiore età è a 16 anni, l’argomento sarebbe già chiuso. Il #MeToo, quello vero, invece va avanti.
(il manifesto, 25 settembre 2018)