13 Maggio 2022
Il Quotidiano del Sud

Swamy, dai banchi di scuola al David di Donatello

di Franca Fortunato


Jonas Carpignano regista e sceneggiatore italoamericano da alcuni anni vive a Gioia Tauro e negli ultimi suoi tre film, MediterraneaA Ciambra e A Chiara, ha raccontato vicende di terra di Calabria. In Mediterranea la storia di due immigrati africani, arrivati sulla costa calabrese con uno dei barconi della speranza, in A Ciambra la storia di una piccola comunità rom nei pressi di Gioia Tauro e in A Chiara la storia di una adolescente con un padre affiliato alla ’ndrangheta.

In questa trilogia non ha scelto come protagoniste/i attrici e attori famose/i ma donne e uomini “comuni”, la cui storia, nei primi due, si identifica con quella narrata nel film. Anche la protagonista di A Chiara è una ragazza comune, una adolescente diciassettenne di Gioia Tauro, Swamy Rotolo, passata dai banchi di scuola al set cinematografico e orgogliosamente balzata nei giorni scorsi alla cronaca nazionale per aver ricevuto il David di Donatello, l’Oscar italiano, come migliore attrice protagonista. Un grande riconoscimento, inaspettato, che l’ha sorpresa, ma largamente meritato.

E dire che all’inizio non voleva accettare la parte sentendosi inadeguata, ma il regista l’ha persuasa del contrario e aveva ragione. Una grande interpretazione la sua, un talento naturale che Carpignano ha saputo magistralmente dirigere e fare emergere. Swamy si è riconosciuta in Chiara, nel suo carattere determinato, testardo che non si ferma davanti a nessun ostacolo. «Io e Chiara – ha affermato in un’intervista a questo giornale – caratterialmente siamo in sostanza la stessa persona, entrambe molto determinate. Quando davanti a Chiara si presentano degli ostacoli a lei non interessa e continua ad andare avanti per il suo percorso. Sono così anch’io, testarda proprio come Chiara. Quindi ci somigliamo molto». Si è riconosciuta in lei nella volontà di decidere della propria vita come accade in una scena del film quando al padre che le dice «da adesso in poi quello che fai tu lo decide solo tuo padre» risponde «da adesso in poi quello che faccio lo decido io». È questo che ha reso la sua interpretazione convincente, vera, straordinaria. Si è calata nella storia di Chiara con convinzione perché, dice, «conosco persone che hanno vissuto una storia come quella del film».

Lei e Chiara appartengono alla generazione di ragazze venuta dopo l’avvento della libertà femminile e a loro appartengono anche le donne che dentro le famiglie di ’ndrangheta hanno trovato la forza di ribellarsi, per amore di sé e delle proprie figlie e figli. “Le combattenti” le chiama Marisa Manzini, sostituta procuratrice di Catanzaro, nel suo recente libro, scritto per le scuole, Donne custodi. Donne combattenti, ed. Rubbettino. Non è un caso che Chiara rievochi il nome di Giuseppina Pesce e Anna Maria Cacciola, la cui storia ha ispirato anche il film di Francesco Costabile Una Femmina, e anche lui per la protagonista Rosa ha scelto una ragazza “comune”, una giovane calabrese, Lina Siciliano, anche lei con un grande talento. Una genealogia di forza femminile, insomma, nei film come nella vita. Swamy è consapevole che «il vero punto di forza» dei due film «sia proprio la presenza centrale delle donne» e che «è da noi che anche in Calabria può iniziare la rivoluzione, il cambiamento», rivoluzione e cambiamento già in atto e lei ne è una prova. Non aveva mai pensato di entrare nel mondo del cinema ma oggi ha capito che «questa è la strada giusta da intraprendere», dopo il diploma andrà a Roma a studiare recitazione. Auguri piccola grande donna, orgoglio della Calabria ovunque tu sarai. 


(Il Quotidiano del Sud, 13 maggio 2022)

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