29 Novembre 2020
Corriere della Sera

Tre sorelle dividono la Russia: uccisero il padre che le violentava

di Fabrizio Dragosei


Saranno processate per omicidio premeditato le sorelle Khachaturyan che poco più di due anni fa uccisero il padre-padrone che da anni le sottoponeva, secondo il loro racconto, a incredibili violenze fisiche e sessuali. Mercoledì prossimo, dopo numerosi rinvii, avrà inizio la procedura che porterà a dibattere davanti a una giuria popolare uno dei casi che maggiormente ha diviso l’opinione pubblica russa, visto che la violenza familiare e in particolare quella sulle donne è argomento caldissimo e che vede parti della società schierate su fronti diametralmente opposti.

Anche le autorità che hanno in mano il caso hanno avuto problemi a prendere una posizione univoca. In un primo momento, dopo che Mikhail, 57 anni, era stato trovato in una pozza di sangue sul pianerottolo di casa (colpito con decine di coltellate e colpi di martello), l’accusa aveva parlato di premeditazione. Poi il viceprocuratore generale aveva deciso di riformulare l’accusa, riconoscendo che le sorelle avevano ucciso per difendere se stesse. Alla fine, dopo pressioni da parte di ambienti legati alla Chiesa e ai settori più conservatori, nuova modifica: le Kachaturyan si erano mosse «spinte da una forte ostilità nei confronti del padre» e avevano agito con premeditazione. La possibile pena oscilla tra gli otto e i vent’anni. Ed è bene ricordare che in Russia la percentuale di cause penali che si chiudono con il rigetto delle tesi dell’accusa è irrisoria.

Mikhail, che non aveva una vera e propria occupazione, era estremamente superstizioso e aveva riempito la casa di immagini religiose. Era stato pure in pellegrinaggio a Gerusalemme. Probabilmente per questo ancora oggi c’è chi parla bene di lui e non accetta la posizione della difesa. Secondo quanto è emerso nel corso dell’inchiesta, lui era stato già denunciato per le violenze dalla moglie Aurelia che a un certo punto era stata cacciata di casa assieme al figlio maschio Sergej. Così Mikhail era rimasto solo con le tre figlie, Angelina, Krestina e Maria che nel 2018 avevano 19, 18 e 17 anni. Le trattava come schiave, con un atteggiamento da padrone o da antico patriarca. Impediva loro di uscire di casa e le picchiava e le violentava in continuazione. Il 27 luglio di due anni fa Mikhail era tornato a casa alterato, dopo una seduta in un centro di igiene mentale, e subito se l’era presa con le figlie, accusandole di aver sperperato dei soldi e di tenere in disordine la casa. Le aveva fatte entrare una alla volta in una stanza e aveva spruzzato loro in faccia del gas urticante. Esasperate per l’ennesima angheria, mentre Mikhail sonnecchiava su una poltrona, le ragazze avevano deciso di ucciderlo e l’avevano aggredito con un coltello e un martello.

La tragedia, che si era svolta in un appartamento nella periferia della capitale, aveva subito suscitato grande emozione nell’opinione pubblica. Anche perché proprio in quei mesi era incandescente il dibattito sugli abusi nelle famiglie. Una legge che avrebbe reso più pesanti le pene non era riuscita a passare alla Duma. Invece nel 2017 una parlamentare conservatrice, Yelena Mizulina, era riuscita a far approvare una norma per depenalizzare i reati minori commessi nell’ambito familiare. Forme di violenza che non provocano «seri danni corporali» sono puniti da allora solo con una multa di circa 300 euro e 15 giorni di «arresto».

Fino a qualche anno fa le statistiche del ministero dell’Interno fornivano un quadro terrificante della situazione nelle famiglie russe. Nel 1999 il governo inviò all’Onu un rapporto nel quale denunciava che 14mila donne venivano uccise ogni anno fra le mura di casa. Poi, dopo le critiche a queste statistiche della stessa Mizulina, i dati sono cambiati. Nel 2015, secondo il ministero, gli omicidi in famiglia sarebbero stati mille e le vittime femminili solo trecento. Un quadro ben diverso da quello presentato da associazioni indipendenti. Il centro Anna contro la violenza sulle donne, ad esempio, fornisce cifre più in linea con quelle ufficiali del passato: 9.600 vittime femminili ogni dodici mesi.


(Corriere della Sera, 29 novembre 2020)

Print Friendly, PDF & Email