12 Novembre 2022
Corriere della Sera

Vanessa Nakate: il clima visto dal Sud del mondo

di Sara Gandolfi


Greta quest’anno non c’è. «È ora di consegnare il megafono a chi ha storie da raccontare», ha detto per giustificare l’assenza a Sharm el-Sheikh. C’è, invece, l’amica Vanessa Nakate, che in passato ha commosso le platee del mondo descrivendo le devastazioni nella sua Uganda. Alla Cop africana, però, la nazione ospite, l’Egitto, non l’ha invitata a parlare – «non chiedete a me il perché» – e non ha dato ai giovani neppure il via libera per manifestare nelle strade, come avvenne ai vertici di Madrid e Glasgow.

Senza Greta e con tutte queste limitazioni la vostra voce sarà ascoltata?

Non saprei, però sono presenti qui diversi giovani di varie regioni del mondo che stanno facendo pressione attraverso la stampa e gli eventi all’interno di Cop27 per rendere i leader responsabili delle proprie scelte e azioni. Il nostro messaggio è chiaro: fermate gli investimenti nei combustibili fossili – carbone, gas, petrolio – e finanziate invece la transizione verso le rinnovabili, affrontando la povertà energetica dell’Africa. I leader devono anche istituire una struttura finanziaria per le “perdite e danni”, che stanno già soffrendo le comunità più vulnerabili.

Molte economie emergenti, però, inseguono il modello cinese: prima lo sviluppo economico, utilizzando i combustibili fossili, poi la de-carbonizzazione…

Molti hanno un’idea sbagliata di cosa sia lo sviluppo. In effetti, diversi leader africani pensano che l’unica strada per raggiungere lo sviluppo delle nostre economie e delle nostre comunità sia quella del Global North, cioè costruire nuove infrastrutture per lo sfruttamento e il consumo di combustibili fossili. Sbagliano. Non possiamo più permetterci investimenti nei combustibili fossili se vogliamo limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5°C. Dobbiamo credere che ci sia un’altra strada per lo sviluppo delle economie, scegliendo le rinnovabili.

Ma chi pagherà?

Quando si parla di chi deve pagare il conto della crisi climatica, tutti noi sappiamo bene chi l’ha causata. L’Africa è responsabile di meno del 4% delle emissioni globali di gas serra. Eppure le nazioni africane stanno soffrendo gli impatti più terribili. I leader del Nord globale hanno un’enorme responsabilità, devono finanziare la transizione energetica non solo nei propri Paesi ma anche nelle nazioni del Sud del mondo e, ripeto, finanziare “perdite e danni”.

Diversi Paesi africani vogliono sfruttare il gas e il petrolio nel loro territorio. Perché negarglielo mentre le multinazionali si arricchiscono con i prezzi alle stelle?

Il gas è un’arma distruttiva per il continente africano. Porta benefici solo ai Paesi del Nord del mondo. Noi dobbiamo sviluppare le energie rinnovabili, abbiamo tutte le condizioni per poterle sfruttare.

L’Italia cerca nuove forniture di gas in Africa…

Ripeto, l’Africa ha bisogno di investimenti nelle energie rinnovabili. I bambini non possono mangiare carbone, bere petrolio o respirare gas.

Finora il movimento dei giovani si è espresso con rabbia. Non è ora di passare dall’allarme alle proposte?

Non possiamo edulcorare la crisi climatica. Dobbiamo dire la verità su quanto sta accadendo. Non possiamo edulcorare il fatto che le persone muoiono di fame in Corno d’Africa a causa della siccità, o la distruzione portata dalle piogge in Pakistan o dalle inondazioni in Nigeria. Ma dobbiamo anche spiegare che se decidiamo di agire, dobbiamo farlo insieme, e se i leader hanno la volontà politica, possiamo fermare la crisi.

Condividi l’opinione di Greta secondo cui questa Cop è “solo greenwashing”?

Qui ho visto casi di greenwashing ed è per questo che dobbiamo esserci. Io vengo da una comunità che è sulla prima linea della crisi climatica e devo utilizzare ogni piattaforma che riesco a raggiungere, anche questa intervista, per parlare delle esperienze drammatiche che sta vivendo, denunciando i leader per l’inazione e il greenwashing.

In Africa c’è un problema di libertà di espressione?

Su questo non posso esprimermi. Ciò che posso dire è che la nostra lotta per la giustizia climatica è una lotta anche per i diritti umani.


(Corriere della Sera, 12 novembre 2022)

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