18 Febbraio 2021
#VD3

Dana Lauriola è in prigione


di Daniela Dioguardi, UdiPalermo


Dana Lauriola è in prigione da settembre e ci resterà ancora per un anno e mezzo, essendo stata condannata a due anni per avere bloccato un casello autostradale per circa quindici minuti, permettendo comunque che le auto passassero senza pagare il pedaggio e gridando attraverso un megafono i motivi della protesta no Tav. Dana è incensurata, la manifestazione si è svolta in modo pacifico ma è stata respinta la richiesta di pene alternative, nonostante il sovraffollamento delle carceri che la pandemia rende particolarmente preoccupante. Nicoletta Dosio, incensurata, insegnante in pensione, dopo essere stata in carcere per qualche mese, è finalmente agli arresti domiciliari grazie alla pandemia. Stella, incensurata, è agli arresti domiciliari, in cui dovrà restare per due anni, per aver fatto volantinaggio in quella stessa occasione. Queste sentenze non sono state emesse in Turchia o in Egitto, ma a Torino. Ci sarebbero altri nomi da ricordare, Fabiola, Eddi, Francesca… e tanti ragazzi, ma questi tre casi sono sufficienti per fare capire che siamo di fronte a un’aberrazione giudiziaria, insopportabile per chi ha a cuore la giustizia e la libertà.

Colpisce e fa riflettere ancora di più il fatto che si tratta di donne, di età diverse, dai 38 ai 73 anni. Nell’esperienza di tutti/e, rafforzata persino da stereotipi, le donne sono normalmente meno aggressive, sono quelle che cercano nelle situazioni di tensione di mantenere la calma e che maggiormente rifiutano azioni violente e criminali. Non a caso la presenza delle donne nella popolazione carceraria è del tutto marginale, rappresentando circa il 4% del totale. Ma gli stereotipi sono utili solo quando sono contro le donne, per concedere, ad esempio, attenuanti ai colpevoli di femminicidio e non quando sono a favore, infatti in questo caso i giudici non solo non hanno tenuto conto del dato di realtà, ma al contrario hanno ritenuto di dover punire Dana con il massimo della pena prevista, senza alcuna attenuante, e hanno respinta la sua richiesta di scontare la pena in misure alternative con la motivazione che, dotata di una «fede incrollabile», ha mantenuto fermi i suoi «ideali politici»! Cosa ci dice questa pena esemplare? Protestare contro la TAV è un reato e quindi sotterraneamente e inconsciamente la sentenza vuole essere un monito per tutti i manifestanti uomini. Queste donne sono state usate come “strumento” per rendere ancora più forte ed efficace il messaggio: non è permessa alcuna forma di dissenso, ancora di più se si manifesta con pratiche politiche nuove in cui sono presenti molti giovani, donne e uomini, con grande capacità di coinvolgimento. Non conta la loro vita, non contano emozioni, sentimenti, affetti, sofferenze di esseri umani in carne ed ossa se è in gioco la ragion di Stato, che in questo caso l’arroganza del potere maschile fa coincidere con gli enormi interessi che stanno dietro la Tav. Il messaggio forte e chiaro è rimasto circoscritto al Piemonte; una circolazione nazionale, più diffusa, avrebbe, infatti, rischiato di farne cogliere incongruenze e vere finalità e così giornali e mass media ne hanno parlato pochissimo, raggiungendo il risultato voluto di un’opinione pubblica poco e male informata.

Noi che abbiamo lottato perché ci venisse riconosciuto lo statuto di persone e di cittadine non sopportiamo che altre donne vengano trasformate in icone da spendere per una dura campagna di dissuasione. Siamo riuscite a fare venire al mondo la libertà femminile e non tolleriamo che alcune donne siano ingiustamente private della libertà. Da tempo ci impegniamo per l’etica della cura e un salto di civiltà e non possiamo rassegnarci a una regressione della democrazia talmente grave che si stenta perfino a crederci. Non è possibile accettare che si usino due pesi e due misure e che Verdini, condannato a più di sei anni, venga messo agli arresti domiciliari dopo neanche tre mesi come misura di sicurezza per il Covid e che invece queste donne siano costrette in carcere quando sarebbe stata ragionevole la concessione della sospensione condizionale.

Noi dell’Udipalermo abbiamo “sentito” che dovevamo fare qualcosa e abbiamo costruito con i mezzi che ci permette la pandemia, una relazione con le “mamme in piazza per la libertà di dissenso” che ogni giovedì pomeriggio organizzano a Torino un presidio di fronte al carcere delle Vallette. Ci siamo interrogate su come rendere più efficace la nostra azione, abbiamo scritto lettere al Presidente Mattarella e alla senatrice Segre e stiamo, attraverso una campagna di informazione, cercando di allargare la rete di solidarietà intorno alla giusta protesta delle mamme.

Siamo tuttavia convinte che insieme a tutte voi potremmo fare di più, costruire più connessioni, e pretendere che almeno a Dana venga concesso subito l’affidamento in prova o gli arresti domiciliari.


(Via Dogana 3, libreriadelledonne.it, 18 febbraio 2021)

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