24 Aprile 2015
www.zeroviolenza.it

Decide lei, e l’ospedale si organizza

di Eleonora Cirant

Obiettori e non obiettori che collaborano per garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, servizio efficiente, nessuna lista d’attesa: la testimonianza di Luigi Canepa, ginecologo all’Ospedale di Sampierdarena di Genova e coordinatore Cgil medici, potrebbe spiazzarvi. Ci spiega che nel suo ospedale non ci sono liste d’attesa per l’IVG e che nessuna delle donne che si presentano all’ambulatorio di accettazione viene mandata via.

Non hanno il problema dei posti letto perché delle 600-650 interruzioni volontarie di gravidanza all’anno – dice – quasi il 60% è un aborto farmacologico. «Con gran vantaggio della donna», aggiunge.

La percentuale nazionale di aborto farmacologico è dell’8,5%, quella ligure del 25%. Com’è possibile che all’Ospedale Villa Scassi – Sampierdarena di Genova si arrivi al 60%?
Merito di precise scelte organizzative:
– a tutte le donne che si presentano entro la 7a settimana viene fatto un certificato di urgenza, con cui si evita la settimana di attesa prevista dalla legge 194. Ricordiamo infatti che l’Agenzia italiana del farmaco permette la somministrazione della Ru486 entro la 7 a settimana (per l’Agenzia del farmaco europea è la 9 a)
– benché le linee guida prevedano il ricovero ospedaliero di tre giorni (non per l’Agenzia europea, solo per quella italiana), alle donne è chiesto di firmare il consenso informato così che possano andare a casa dopo l’assunzione della prima pillola e tornare in day hospital il terzo giorno per la seconda pillola.
– la pillola abortiva viene garantita tutti i giorni della settimana, comprese le feste comandate, e, dice Canepa, «anche noi medici obiettori somministriamo l’aborto farmacologico».

Non avevo mai sentito di medici obiettori che somministrano la Ru486, né mi sarei aspettata sentir dire “noi obiettori” da un medico che parla di una donna che abortisce come di una che sta “esigendo un suo diritto”. Per essere sicura di avere sentito bene, glielo chiedo. «Ma lei è obiettore?» Canepa conferma e sottolinea che «c’è clima di collaborazione tra tutti quanti noi», che «sia gli obiettori che i non obiettori fanno lavoro di squadra in modo tale da dare un servizio alla paziente, tanto è vero che le pazienti non si accorgono di chi è obiettore e chi non lo è, siamo interscambiabili».

Questo tipo di organizzazione potrebbe diventare un modello, «se ci fosse la buona volontà dei soggetti e del primario». E se gli ospedali che garantiscono la 194 fossero valorizzati. Sottolinea Canepa come la capacità di una struttura di applicare la legge 194 e di garantire l’accesso all’aborto volontario non rientri nei marcatori considerati nella valutazione qualitativa degli ospedali: «normalmente sentirà dire: “Quello è un buon reparto perché lì fanno 1.500 parti”, se uno dicesse che fa 700 aborti verrebbe visto male, come se fosse una vergogna». «Voi lo dite?», gli chiedo. «Sì, ma non ci fila nessuno». E aggiunge: «si guarda sempre agli obiettori, ma poi è il legislatore in primis a promuovere la cultura dell’obiezione: sei bravo se fai tot numero di parti, ma non sei bravo se fai tot di interruzioni di gravidanza».

 

(www.zeroviolenza.it 16/04/15)

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