Tutto è cominciato in febbraio con un tweetbombing di protesta con l’hashtag #obiettiamolasanzione, contro la decisione del Governo di procedere all’innalzamento delle sanzioni per chi ricorre all’aborto clandestino, da 51 euro a 5/10mila euro. In un paese dove l’obiezione di coscienza dei medici all’interruzione volontaria di gravidanza sfiora il 70 per cento è un paradosso. Senza contare che Strasburgo ha accolto ben due ricorsi della Cgil contro la mancata applicazione della legge 194 e questo non ha portato a cambiamento alcuno.
Intanto, la violenza sulle donne per mano maschile non sta certo a guardare. L’uccisione il 30 maggio a Roma della ragazza di 22 anni Sara Di Pietrantonio, strangolata e bruciata dal suo ex-fidanzato, ha destato un’ondata di indignazione e di mobilitazione. Dall’inizio dell’anno sono 45 le donne uccise, ma i Centri antiviolenza chiudono a Roma, a Napoli, a Palermo, a Nuoro, e rischiano anche in Lombardia e in Veneto. Inadempienze amministrative a Roma, assurde complicazioni burocatiche a Napoli, mancata erogazione di fondi già stanziati a Palermo e a Nuoro sono le cause della sospensione di attività benemerite che accolgono e mettono in salvo migliaia di donne.
A Milano la Casa delle Donne Maltrattate lancia un grido di allarme: «I fondi sulla carta ci sono», dice la presidente Manuela Ulivi, avvocata che fa parte del consiglio di D.i.Re, la Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza. «La legge 119 del 2013 ha stanziato circa 16 milioni e mezzo di euro ma non arrivano perché si bloccano a causa della burocrazia. Nel frattempo, per accedere ai finanziamenti, si mettono dei paletti inaccettabili al nostro lavoro». Dalle istituzioni non arriva nessun segnale, a volte solo qualche generico impegno, e quindi le donne si stanno organizzando da sé per portare all’attenzione di tutti la gravità di questa situazione. Sui social network, soprattutto su Facebook ma anche su Twitter, c’è molto fermento ed è facile capire che si sta alzando una nuova onda di proteste. Molte iniziative per l’autunno sono già in cantiere, altre si preparano.
Il 17 e 18 settembre a Roma, presso la sala YWCA di via Balbo 4, un gruppo autoconvocato si riunirà per discutere un’agenda politica femminista condivisa (per saperne di più, iscriversi e partecipare). A fine ottobre, il 29 e il 30, un gruppo di attiviste ha indetto a Osimo due giorni di incontro nazionale sui diritti negati e calpestati. Il manifesto di convocazione – che può essere firmato da tutte – comincia così: “Ci incontriamo sui ‘social’, parliamo, discutiamo, ci lamentiamo, condividiamo indignazione e apprensione. Lanciamo iniziative e proteste, ci sosteniamo a vicenda in un obiettivo comune che è difendere i diritti, quelli acquisiti e sempre in bilico, quelli non ancora conquistati (…). Ci devasta la lentezza insopportabile della politica che non applica le convenzioni internazionali, non finanzia i progetti educativi e addirittura taglia i fondi ai centri antiviolenza, che ci penalizza nel mondo del lavoro, ci erode il diritto alla salute”.
La Rete nazionale dei Centri antiviolenza D.i.re, propone una assemblea nazionale sulla violenza da tenersi a Roma ai primi di novembre. Il breve documento, che contiene un invito rivolto a tutte, dice fra l’altro: “I diritti conquistati con lunghe e durissime lotte sono a repentaglio, tutti. La legge 194 che garantisce l’aborto libero, gratuito e sicuro è disattesa, svuotata, trasgredita in quasi tutto il nostro paese. Le legge che punisce la violenza sessuale come grave reato contro la persona è troppe volte calpestata nei commissariati e nei tribunali mettendoci sotto accusa al posto degli stupratori e degli assassini. Nella consapevolezza generale non è passato il fatto che la violenza maschile – quella espressa dall’uomo qualunque che sfrutta, picchia, perseguita, stupra, uccide – fa emergere un dato strutturale e pervasivo della società, e non è il frutto della follia ma di un sistema. La rappresentazione della violenza affidata agli “esperti”, criminologi, avvocati, psicoterapeuti assicura una lettura opposta e neutra, che prescinde dall’analisi femminista, quella stessa che sostiene il metodo dei Centri antiviolenza, nati dal movimento delle donne”.
Anche la rete Io Decido converge sulla proposta dell’assemblea nazionale e su Facebook è molto attivo un gruppo che si chiama Chi colpisce una donna colpisce tutte noi che chiede a sua volta una mobilitazione in tutta Italia intorno a una lettera aperta sulla piattaforma di petizioni online Change. Anche l’Udi nazionale ha pubblicato un documento che si muove nella medesima direzione. Insomma, in modo spontaneo fra le attiviste per i diritti delle donne si va delineando quasi da sé un percorso che porta a varie tappe verso un’assemblea nazionale ai primi di novembre e potrebbe decidere di convocare una manifestazione nazionale intorno al 25 novembre, giornata internazionale dell’Onu contro la violenza maschile sulle donne.
(www.iodonna.it, 19 Luglio 2016)