di Doranna Lupi
Ho partecipato con grande interesse all’incontro del 6 giugno di VD3 Digitare non è mai neutro e l’assenza dei nostri corpi non ha impedito che si realizzasse in presenza, un momento condiviso di pensiero e parola.
Sono tra quelle che hanno vissuto positivamente le nuove opportunità di comunicazione in tempo di pandemia. Gli incontri on line ci hanno permesso di mantenere le relazioni, dandoci anche la possibilità di intraprenderne di nuove, attraverso gruppi di lavoro e seminari di alta qualità politica e culturale. Abbiamo avuto in questo frangente molte più opportunità di incontro che in un qualsiasi altro momento in cui ci era data libertà di movimento.
Mi trovo d’accordo con Ida Dominjianni quando dice che negli incontri on line manca solo il tatto perché lo sguardo e la voce sono corpo e ci consentono di stare in presenza. Ripensando all’importanza del telefono nelle nostre relazioni duali, riconosco il potenziale comunicativo nelle nuove piattaforme digitali che aprono ad una dimensione plurale favorendo la tessitura di reti relazionali. In effetti anche per me è stato un grande guadagno.
Non credo quindi che in questo modo si corra il rischio che evapori il desiderio di continuare ad avere relazioni in presenza. I giovani, nativi digitali, hanno protestato per la riapertura delle scuole e sono accorsi in massa nelle piazze, spinti dalla necessità di riprendere piacevoli consuetudini come le serate trascorse insieme nei dehors a parlare, ridere e ascoltare. Io mi sono comportata quasi allo stesso modo, riprendendo immediatamente le passeggiate in centro, in compagnia di amiche e partecipando, senza alcun indugio, alla prima rappresentazione teatrale nella mia città.
Indietro non si torna e mi auguro che in futuro possano coesistere queste due esperienze, ognuna con le proprie caratteristiche e potenzialità.
Trovo invece necessario e urgente il passaggio da un capitalismo della sorveglianza, come definito da Shoshana Zuboff, in cui il modello è dato dallo sfruttamento commerciale dei dati personali immessi in rete, a un modello che si basi sui diritti fondamentali, dove i dati possono diventare una risorsa per il bene comune, per creare servizi nei campi dell’educazione, della sanità dei trasporti e quindi permetterci di migliorare la nostra società e la nostra economia nel futuro.
Pe l’otto marzo ho ricevuto in dono da una cara amica, Francesca Sancin, l’ultimo libro pubblicato dal gruppo di giornaliste Controparola di cui fa parte. Il titolo è Donne al futuro. Nella galleria di figure femminili dell’Italia contemporanea, composta in più volumi da questo gruppo di scrittrici, il nuovo libro è dedicato a una serie di ritratti di donne di oggi. Tra queste protagoniste, tessitrici di futuro, mi ha molto colpito Franca Bria, definita la Robin Hood dei dati, una delle voci più autorevoli a livello internazionale, che si spendono per promuovere un uso democratico della tecnologia. Bria sostiene che la rivoluzione tecnologica vada governata dal basso e definisce questo processo “umanesimo tecnologico” poiché “i dati sono la materia grezza dell’economia digitale e creano valore, ma non sono un’infrastruttura normale, come le strade, l’elettricità, l’acqua, Contengono la nostra anima sociale e individuale”. Affidare questi dati al mercato rappresenta una minaccia per l’economia, la democrazia e l’autonomia degli esseri umani. Partendo da questi presupposti, nei quattro anni in cui è stata assessora all’Innovazione di Barcellona, chiamata dalla sindaca Ada Colau, ha sperimentato quella che lei chiama la “sovranità tecnologica”. Ha contribuito a creare la piattaforma on line Decidem Barcellona, che ha coinvolto 400 mila cittadini nel piano strategico per lo sviluppo della città. Una piattaforma democratica con un sistema di controllo dei propri dati per chi vi accede, con software libero e licenze aperte. Questo ha permesso il suo riutilizzo da parte di altre 100 città e istituzioni nel mondo e una partecipazione attiva della cittadinanza. Infatti il 70 per cento delle azioni di governo della città di Barcellona, viene proposto dagli stessi abitanti e insieme alla cittadinanza l’amministrazione catalana, ha elaborato un piano che mira a ridurre del 30 per cento i livelli di inquinamento dell’aria, di quello acustico e del traffico.
Questo mi è sembrato un significativo cambiamento di prospettiva che mira a proteggere il diritto alla privacy e la democrazia in rete, facendo in modo che si possa governare il digitale con delle regole e che la rivoluzione digitale sia un diritto per molti e non un privilegio per pochi. Nel 2020 Franca Bria è stata nominata in Italia presidente del Fondo nazionale innovazione (FNI). In un post, annunciando la nomina, ha scritto:” Una grande sfida per aiutare a trovare, coltivare e valorizzare progetti ambiziosi e trasformativi all’avanguardia dell’innovazione digitale e della sostenibilità”. Ancora una volta, è una donna a fare la differenza.
(Via Dogana 3, www.libreriadelledonne.it, 18 giugno 2021)