1 Novembre 2015

“Germogliano semi”, ancora una volta a Lampedusa

di Giusi Milazzo


Catania 1 novembre 2015

Ancora una volta siamo state a Lampedusa dal 23 al 26 settembre per seguire la sesta, intensa edizione del LampedusaInFestival 2015 (piccolo festival di comunità, migrazioni, lotte, turismo responsabile e storie di mare), organizzato dall’associazione Askavusa e proprio in quella data abbiamo fatto coincidere la quinta Vacanza Politica delle Città Vicine a Lampedusa dal tema “Germogliano semi a Lampedusa”. Per tre giorni io e Anna Di Salvo abbiamo condiviso passioni, emozioni e pratiche con donne e uomini, per lo più giovani, tra le/i quali voglio nominare: Luisa di “No basi né qui né altrove” in Sardegna, Giulia di “No Borders” Ventimiglia, Martina di “Xaom” dell’enclave di Melilla, Margherita di “ACAD” contro gli abusi in divisa, James e Travis di “No Borders Calais”, Manuela e Cecilia attiviste della tendopoli di Saluzzo e altre e altri, provenienti da tante zone d’Europa.

Il locale il cui ingresso è segnato dai legni colorati delle barche dei migranti, che Giacomo Sferlazzo ha composto in modo artistico, è scavato nella roccia e per raggiungerlo bisogna inerpicarsi sugli scogli scoscesi, da lì si scorge il mare. Appesi o appoggiati alle pareti poveri oggetti: taniche, pentole, latte d’olio o di couscus, scarpe, libretti del Corano ammaccati, macchiati, stropicciati, raccontano delle tante donne e dei tanti uomini che hanno intrapreso il lungo viaggio dall’Africa attraverso il Mediterraneo sino alle coste siciliane, un viaggio carico di desideri e speranze troppe volte spezzate. A differenza degli altri anni in cui lungo le strade del piccolo paese abbiamo incontrato tante ragazze e ragazzi neri arrivati da poco sull’isola, in quei giorni erano presenti a Lampedusa solo alcune decine di donne e ragazzini che sono rinchiusi nel CIE (ora Hot Spot), di contrada Imbriacole, lontano dal paese. Siamo andate/i a trovarle al di qua dei cancelli e lì Giacomo ha cantato le sue canzoni perché giungesse loro il nostro affetto.

Nel corso dei tre giorni del festival lungo l’impervia stradina che porta al centro di PortoM, sede dell’associazione Askavusa, nelle piazzole aride e polverose, assieme alle ragazze e ai ragazzi delle associazioni intervenute e alle Mamme di Lampedusa, abbiamo piantato piante officinali e piante grasse per significare e sottolineare la bellezza della vita e della natura che trae forza e vigore da una terra che nonostante l’asperità è ricca e in grado di nutrire la bellezza. Una terra che, come dirò, vogliono contaminare e privare della sua carica vitale per ridurre l’isola a minaccioso avamposto militare nel Mediterraneo. Abbiamo voluto che quelle piante utili alla cura, che guardano il mare da quegli scogli, fossero un omaggio alle donne agli uomini e ai bambini che in quel mare hanno trovato la morte, vittime dell’egoismo, delle guerre, delle frontiere e di politiche che inneggiano all’odio e alla segregazione.

In quelle intense giornate nelle quali abbiamo intrecciato relazioni significative, soprattutto con giovani donne, gli interventi hanno sottolineato il filo rosso che connette le migrazioni a militarizzazione e guerre. E come segregazioni, frontiere e riduzione in schiavitù, dimostrino l’ottusità della politica di un Occidente che esporta guerra e asseconda i nazionalismi, erigendo barriere e muri che non potranno arginare i flussi migratori di tante donne e uomini che scappano da paesi che vecchie e nuove colonizzazioni hanno reso luoghi in cui la vita sembra non avere più valore. Mentre si intrecciavano le riflessioni e i racconti inframmezzati dalla visione di interessanti filmati, come quelli prodotti dal gruppo “Lola furiosa” di Saluzzo o “4 Stelle Hotel” di Paolo e Valerio di “Metropoliz”, si rafforza in tutte e tutti il proposito di continuare la mobilitazione, ma anche la rete di aiuto e supporto per sostenere la mobilità sul territorio europeo delle donne e degli uomini resi clandestini da leggi crudeli. E proprio a questa scelta di guerra risponde la militarizzazione dell’isola di Lampedusa in cui sono stati in poco tempo installati 8 radar di straordinaria potenza in grado di esercitare un ampio controllo sui paesi africani e del medio oriente. Con Antonio Mazzeo, che da anni approfondisce questi temi, abbiamo visitato i luoghi in cui sono stati istallati i radar che stanno facendo dell’isola di Lampedusa, terra complessa ricca di particolarità naturalistiche e ambientali, un luogo pesantemente inquinato e contaminato. Una terra in cui nonostante la sua ricchezza e la sua bellezza sarà difficile per gli abitanti vivere. Per questo anche le Mamme di Lampedusa, che da anni cercano di sollecitare la sindaca Giusi Nicolini a occuparsi delle condizioni delle scuole e delle strutture sanitarie, hanno iniziato a mobilitarsi contro l’inquinamento di radar e antenne che portano morte e malattie. Per loro e anche per noi è incomprensibile che proprio Giusi Nicolini, una donna che dato il suo ruolo potrebbe cercare di modificare le scelte politiche, non si sia opposta con tutta l’energia di cui è capace all’installazione dei pericolosissimi radar e abbia anche deciso di non dare alcuna informazione alla popolazione. Ha invece acconsentito che il territorio che amministra sia ridotto a terra di morte. Ma il paradosso su cui vogliamo che molte donne e uomini aprano una riflessione per decidere cosa fare per sostenere la mobilitazione delle Mamme, è che mentre il territorio viene usato per scopi militari, a distanza di mesi dalla richiesta fatta dal Comitato delle Mamme per un terreno in cui costruire una nuova scuola, non solo non è arrivata alcuna risposta ma sono stati contrapposti molti ostacoli. Le Mamme però vanno avanti con determinazione e coraggio e hanno già un bel progetto per una scuola nuova, colorata ed ecosostenibile da contrapporre al cupo futuro che sembra essere stato disegnato per quest’isola amata. Abbiamo detto alle Mamme che la loro mobilitazione e i loro progetti sono oggetto di attenzione e studio anche per le Città Vicine e che torneremo presto a Lampedusa con idee e iniziative per procedere insieme in merito alle questioni che ci stanno a cuore. Intanto, oltre che mantenerci in contatto con le realtà conosciute nel corso del LampedusaInFestival 2015, abbiamo deciso di diffondere le verità su Lampedusa e far conoscere le condizioni in cui versa l’isola per contribuire a ostacolare i progetti che ne vogliono annientare la vita e la bellezza.

 

(www.libreriadelledonne.it, 1 novembre 2015)

 

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