19 Dicembre 2013
Io donna

Giusi Nicolini: “La mia Lampedusa non è quella del video”

di Giusi Fasano

Riuscirebbe a non avere un minuto di tempo libero anche se i giorni avessero il doppio delle ore. Riunioni politiche e tecniche, continui spostamenti aerei, convegni, interviste in tivù, incontri con mille associazioni, finanziamenti da chiedere, progetti da mettere in piedi e porte alle quali bussare nei palazzi della politica romana. Giusi Nicolini da maggio 2012 è la sindaca di Linosa e, soprattutto, di Lampedusa, fazzoletto di terra in mezzo al mare, approdo di speranza per migliaia di migranti. Isola dei sogni per chi fugge da guerre, fame e persecuzioni. Ma anche isola della vergogna come in questi giorni, dopo il video trasmesso dal tg2 sui migranti in coda, nudi, per la disinfezione antiscabbia nel Centro di accoglienza, un trattamento medico fatto con il compressore, come se le persone fossero macchine all’autolavaggio. “Immagini inguardabili” taglia corto la sindaca. “E sia chiaro che il problema qui non è Lampedusa ma il Centro. E quello che non funziona nel Centro è molto spesso frutto di una politica dissennata, immorale, sbagliata, assurda. E’ la politica che non sa decidere quello che sarebbe giusto fare e che la legge prevede: fare in modo che a Lampedusa i disperati in arrivo ci restino per un massimo di 72 ore. Perché un Centro di primo soccorso e accoglienza non può essere un posto dove le persone si fermano per due, tre o più mesi”. Roma, quindi. Il ministero dell’Interno, la prefettura di Agrigento… “Noi come Comune non possiamo assolutamente decidere nulla che abbia a che fare con il Centro. Io non posso nemmeno metterci piede se non chiedo l’autorizzazione alla prefettura. Hanno voce in capitolo soltanto i gestori. Ora: quello che si vede nel video è senz’altro una inutile umiliazione per gli immigrati e un grave errore di chi ha deciso di agire in quel modo. Ma ogni volta che riesco ad andare lì dentro vedo che il problema dei problemi è sempre uno solo: il sovraffollamento. E chi, dove e quando trasferire è un’indicazione che arriva dalla prefettura, quindi dal Ministero”. Ma Lampedusa, malgrado le bufere sulla gestione del Centro, resta il luogo dei desideri per chi è disposto a rischiare la vita pur di guadagnarsi una chance per il futuro. L’isola dalle porte aperte. “E così sarà sempre” assicura Giusi Nicolini.

Sindaca, che cosa le fa venire in mente la parola “accoglienza”?
Vista da Lampedusa accoglienza è soprattutto salvezza. Per noi dell’isola ha, per forza di cose, un’accezione più forte di quella generica. Non significa soltanto offrire calore a chi arriva, spesso significa salvare la vita a chi ha lasciato tutto dietro di sé. A volte ci chiede aiuto gente che non ha più addosso nemmeno il vestito con il quale si è messa in viaggio… La parola accoglienza evoca immagini di bambini spauriti, magari senza più i genitori, di persone che hanno bisogno di un pezzo di pane, di soccorritori che non si stancano mai. Credo che nessuno possa pensarci come un posto inospitale. Lampedusa è allenata ad accogliere chiunque, a cominciare dai migranti, certamente. Io sono convinta che non soltanto noi lampedusani ma tutti in Italia possiamo essere capaci di accoglienza. Per migliorare il soccorso a terra ed evitare sovraffollamento nel Centro di accoglienza si dovrebbero ridurre drasticamente i tempi di permanenza.

Mani tese verso i migranti. I lampedusani sono con lei?
Sulla questione dell’accoglienza e del soccorso in mare i lampedusani, tutti, hanno sempre fatto il loro dovere fino in fondo. Qui si vive di pesca e non c’è un solo pescatore che non aiuterebbe un uomo in mare in difficoltà. Ripeto: l’hanno sempre fatto e sempre lo faranno e, al di là dell’aiuto in mare, gli isolani corrono per dare una mano o un pezzo di pane quando ce n’è bisogno. Ma certo sono anche stanchi di essere sempre davanti all’emergenza. Se non è un barcone in arrivo è l’acqua che manca o sono le fogne che scoppiano… I miei cittadini, sia a Lampedusa che a Linosa, reclamano semplicemente più attenzione. e non soltanto sulla questione degli immigrati. Vorrebbero quantomeno lo stesso livello di interesse riservato ai cittadini italiani della terraferma. è una richiesta più che legittima.

Ottobre 2013 è stato il mese delle stragi. Centinaia di uomini, donne e bambini annegati a un passo dalla salvezza. Che cosa non potrà mai dimenticare di quei giorni?
Non c’è proprio niente che posso scartare dalla memoria. Nemmeno un dettaglio. Ma quando ci penso la prima parola che mi viene in mente è “orrore”. tutti quei corpi senza vita in fila, i bambini… dobbiamo fare in modo che non venga considerato mai più normale che si possa morire così, dobbiamo isolare chi dipinge gli sbarchi come un’invasione e l’accoglienza come un problema. e abbiamo il dovere di ricordare quello che è successo, per questo è giusta la proposta che il 3 ottobre diventi una data simbolica, che ogni anno quello sia, istituzionalmente, il giorno della memoria.

Cosa sogna la sua comunità per il 2014?
Il sogno di Lampedusa è che queste persone in fuga dai loro Paesi possano arrivare libere, che il Mediterraneo diventi un mare di scambi e di pace. Niente più morti e sofferenza. La politica può e deve fare più di quanto abbia fatto finora. Per incominciare, per esempio, i migranti dovrebbero poter chiedere il diritto d’asilo nelle ambasciate dei Paesi in transito: una cosa facile e veloce da fare che renderebbe minima la permanenza in Italia di chi arriva da noi e però, come tanti, è diretto verso il nord Europa. Le parole chiave per aiutare i migranti e noi stessi sono: conoscere, capire e accogliere. Lampedusa ci sta provando. La mia gente sa che fa moltissimo pur essendo l’isola così piccola e i mezzi così pochi. I lampedusani hanno bisogno di una sola cosa e cioè di non essere mai più lasciati soli. dobbiamo giocarla tutti assieme questa partita, se vogliamo vincerla.

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