24 Febbraio 2014
idadominijanni.com

Governo Renzi, due punti a latere

di Ida Dominjianni

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Giovani adulti e donne pari

La rottamazione, l’ho già scritto e lo ripeto, resta a mio avviso il tratto più autentico e più significativo del renzismo. Purché però non la si analizzi in chiave edipica – nella chiave cioè di un conflitto con i padri che porta alla loro uccisione simbolica e all’acquisizione della loro eredità -, perché nella rottamazione di edipico c’è ben poco: non ci sono padri riconosciuti ma solo fratelli maggiori giudicati incapaci, non c’è un’eredità da assumere ma solo un passato di cui liberarsi, non c’è conflitto con chi è venuto prima ma solo, appunto, rottamazione, non c’è un’esigenza di rivoluzione dell’ordine costituito ma solo l’urgenza di entrarci e di prenderne il comando. Non lo dico con rimpianto o nostalgia: se questo è il quadro, c’è solo da prenderne atto. Ma senza però attribuire a questo sommovimento generazionale una vocazione o una portata trasformatrice che non ha,perché non vuole averla: il desiderio che lo anima non è un desiderio di cambiamento, bensì un desiderio di governo dell’esistente. Un brano di Karl Kosìk (da Un filosofo in tempi di farsa e di tragedia, segnalatomi da Natalina Lodato che ringrazio), aiuta a vedere la differenza fra quelli che qui indico schematicamente come conflitto edipico e rottamazione postedipica:

La gioventù si rivolta contro i padri, o perché nauseata dalle relazioni “patriarcali”, che le appaiono ossificate, non dignitose, limitate e vuole cambiarle, oppure fa provocatoriamente intendere essere giunto ormai il tempo in cui i “vecchi” si facciano da parte e lascino i loro importanti posti alla generazione che avanza. In ciò consiste la differenza tra i giovani adulti e la gioventù: questa apporta il cambiamento, i giovani adulti non conoscono gioventù, si limitano a maturare negli uffici, nelle funzioni, nella somiglianza ai propri padri che sono riusciti, ma hanno superato i limiti di età. I giovani adulti si augurano di maturare il più rapidamente possibile in situazioni già pronte e di stabilirsi in esse come nel proprio regno. Non affacciano alcuna nuova idea, non abbondano in immaginazione, ma sono ambiziosi e impazienti. Da qui i loro ripetuti appelli agli adulti; affidate alle nostre mani le vostre già avviate imprese. Non conoscono il tormento della ricerca e del dubitare giovanili, non hanno incontrato la felicità della rivolta giovanile, la differenziazione, il disincanto. Dalla tenera età soffrono di saccenteria, gli piace ammaestrare, dinanzi a loro la realtà si dispiega come cosa data e utilizzabile. Ma con loro la sorte non è stata benigna: non ancora carichi di anni, sono vecchi anzitempo.

Il cruciale tassello che bisogna aggiungere è che in questo quadro post-edipico e post-patriarcale cambia completamente anche la posizione femminile: l’esclusione delle donne non c’è più perché non serve più. Se l’Edipo è svaporato, se il patriarcato è finito, finisce anche il patto fra i fratelli parricidi basato sull’esclusione femminile: le donne sono ammesse al gioco della spartizione del potere, diventano perfino un fiore all’occhiello e una risorsa del potere: a patto che a loro volta dismettano il conflitto con i loro «pari».

Se non si capisce questo cruciale passaggio di spoliticizzazione del conflitto fra i sessi, non si capisce il senso di questa improvviso salto nella pace perpetua del 50 e 50 graziosamente concesso dal giovane premier. L’ha colto bene Francesco Merlo nella sua cronaca su Repubblica del pomeriggio di Renzi al Quirinale, descrivendo le otto ministre come «donne normali di un paese normale, pronte a perdersi nella politica (e magari, aggiungo io, anche a prendersi cura della politica) e al tempo stesso rassicuranti e pacificanti custodi dell’irruenza del capo»: non per caso in un’intervista di qualche giorno fa una renziana convinta rivendicava fieramente la sua funzione di «vestale» (sic) del leader.

Stupisce invece che di questo passaggio non si accorgano alcuni commenti femminili attardati a difendere una presunta «conquista» di quantità in un governo che peraltro considerano indifendibile per qualità. Mai come in questo caso la parità di genere getta la maschera e si rivela per quello che è, un principio di neutralizzazione del conflitto fra i sessi. La cui politicizzazione del resto cominciò giustappunto quando alcune donne si rifiutarono di fare le vestali del ciclostile: attorno al ’68, l’epoca che Matteo Renzi non hai nascosto di voler definitivamente rottamare.

(http://idadominijanni.com/2014/02/24/governo-renzi-due-punti-a-latere/, 24 febbraio 2014)

 

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