18 Marzo 2014
Corriere della sera

Grazie alle donne del popolo eroine delle Cinque Giornate

di Isabella Bossi Fedrigotti

 

Gentile Isabella, è l’anniversario delle Cinque Giornate e il mio ricordo, in questo barbaro periodo di violenza sulle donne, vuole essere esclusivamente per le milanesi che in quei gloriosi giorni combatterono per tutti noi. Non menzionerò Giuseppina Lazzaroni o Luigia Battistotti Sassi, ma donne delle quali si è quasi persa la memoria. Maria Candiani, fruttivendola di porta Tosa, aveva 19 anni quando il 18 Marzo del 1848 fu uccisa da un colpo di archibugio. Il 19 Marzo le donne del Verziere si unirono per liberare i loro mariti e i loro compagni arrestati per motivi politici. Assaltarono la pretura urbana e li liberarono tutti. Maria Geanza di anni 18, professione ortolana e residente a Porta Vercellina, fu ferita allo stomaco e ad un fianco. Il 22 Marzo, Francesca e Teresa Cugnoni (Cagnoni, secondo altre fonti), rispettivamente di 17 e 6 anni furono trucidate in casa loro dai soldati mentre il padre Ambrogio combatteva al Dazio di Porta Ticinese. La filatrice Orsola Romuzzi fu ferita alla gamba destra da due colpi di fucile e in seguito ne subì stoicamente l’amputazione. Maria Bertarelli aveva vissuto nell’agiatezza come possidente e come negoziante ma la sorte le voltò le spalle, costringendola a vivere della carità dei vicini. Durante le Cinque Giornate continuò a fare la staffetta sotto le fucilate per portare cibo ai combattenti, per consegnare messaggi al Comitato di Difesa. Giuditta Facchini fu ferita alla contrada San Vittore mentre dalla finestra, gettava sassi e tegole contro il nemico. Caterina Usmani, Giuditta Venegoni, Regina Verga, Teresa Viganò, Agnese Vigo: cucitrici, domestiche, operaie, levatrici, l’elenco sarebbe troppo lungo. Tutte loro persero la vita per Milano, per noi. Sono un milanese e voglio fermarmi un attimo per guardare alle mie spalle e immaginare i volti di quelle coraggiose e ringraziarle per aver reso meno incerto il mio percorso e più limpido il mio futuro. Anche se la parola onore è stata spogliata di ogni significato, per me è un onore poter camminare per le strade della mia città, rese libere da quelle donne. E per quanto mi riguarda, Milano non dimentica.
Riccardo Rossetti

 

(Corriere della sera, 18 marzo 2014)

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