5 Giugno 2014
Il Quotidiano della Calabria

I poveri non si combattono, la povertà sì

di Franca Fortunato

 

Se nel 2007 in tanti comuni italiani, primo quello di Firenze, venivano emanate ordinanze per cacciare dalle strade i lavavetri in nome della “sicurezza” e del “decoro urbano”, assecondando così i sentimenti di paura, insicurezza e frustrazione che oggi come allora attraversano gran parte del corpo sociale, oggi assistiamo a Catanzaro all’emanazione di un’ordinanza contro l’“accattonaggio”, cioè contro i poveri che per sopravvive chiedono le elemosine. Anch’io, che vivo in questa città, ne ho incontrati tanti, in questi anni, giovani e meno giovani, donne, uomini, bambine e bambini. Non li ho mai guardati  con fastidio, né li ho sentiti come tali, neanche quando la vita mi rendeva  triste o arrabbiata. A volte, questo sì, ho provato imbarazzo di fronte a una povertà così grande da ricorrere all’elemosina. Mi sono sempre rivolta a loro con curiosità, per conoscere storie e vicende umane di donne e uomini, a cui è capitato di vivere in un mondo che prima li rende poveri, e poi vorrebbe cacciarli, respingerli, renderli invisibili per placare il proprio senso di colpa. A volte, negli occhi di tante e tanti ho visto rassegnazione, ma anche grande dignità – come nel Samuel di cui hanno parlato su questo giornale i giovani volontari del Centro Polivalente per i Giovani – nel mettere avanti il cappello e chiedermi qualche spicciolo. Qualcuna mi ha chiesto anche una pentola o un vestito. Capisco le motivazioni che spingono molti a essere d’accordo con l’ordinanza del sindaco. Anni di crisi hanno reso la gente sempre più fragile, perché si sente minata nelle proprie sicurezze per la precarietà del lavoro, per i problemi economici che quotidianamente si trova ad affrontare, per la prospettiva di un futuro che sente incerto, e così proietta la propria paura della povertà sui poveri. Credo però che compito di chi amministra, se ha veramente a cuore la civiltà dello stare insieme, non è quello di assecondare quei sentimenti, ma di interrogarli e lavorare per placare quelle paure, per insegnare a restituire dignità e umanità a chi è ridotto e ridotta alla condizione di supplice, per trovare parole sensate, dette per liberare, sciogliere conflitti, tagliare schemi. […] I poveri non si combattono, la povertà sì. È questa l’ordinanza che dovrebbe emanare ogni sindaco che ha cuore la civile convivenza – che è l’unica che rende onore a una comunità – con l’altro/a diverso/a da noi. Sindaco ritiri quell’ordinanza e si assuma la responsabilità di governare i sentimenti negativi della sua comunità. Si faccia aiutare dalle tante donne e uomini che in questa città sanno, per esperienza, della bellezza delle relazioni e delle buone pratiche di convivenza.

(Il Quotidiano della Calabria, 23 maggio 2014)

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