10 Agosto 2018
il manifesto

Ida Farè, precorritrice e interprete del femminismo

di Luciana Castellina

Lutti. Se ne è andata una donna bellissima, intelligente, vitalissima

Ida Farè se ne è andata. Per noi vecchi che l’abbiamo conosciuta a ridosso del ’68 la sua immagine è ancora quella di una donna bellissima, intelligente, vitalissima, soprattutto curiosa di ogni nuovo fenomeno che si cominciava ad avvertire e lei ci si buttava dentro, per capirlo, interpretarlo, imporlo alle più lenti e reticenti sinistre di cui è stata militante: Avanguardia Operaia all’inizio (a Milano fu, subito dopo il ’68, per quasi tutti così), poi approdata alla redazione del manifesto, dove per molti anni è stata firma sempre originale e significativa. L’ampiezza delle sue esplorazioni culturali si capisce proprio dai titoli dei suoi articoli, che cominciano alla metà degli anni ’70 e continuano quasi quotidianamente per più di un decennio: ambiente, salute, nucleare, e, naturalmente, la cronaca politica, gli anni del terrorismo, che segue con attenzione per cercare di capire e su cui scrive anche un libro diventato famoso: Mara e la altre.

Ma il suo contributo fondamentale Ida l’ha dato sulla questione delle donne, una precorritrice, anzi, con la rivista Il Grattacielo, gestita assieme ad Anna Maria Rodari. Solo la prima di una quantità di iniziative, reti, gruppi, circoli, pubblicazioni femministe. È stata parte essenziale del femminismo della differenza, quello che si è poi raccolto nella Libreria delle donne di Milano e nella rivista Via Dogana. Ma la sua posizione si è distinta per l’attenzione posta a quella specifica differenza della donna che è la maternità, da lei vissuta intensamente, come madre di quattro figli e sempre attenta al fare domestico delle donne, al loro corpo. Al loro modo di abitare, di vivere la città. È proprio questo aspetto quello di cui Ida si occupa nel suo insegnamento alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano , dove ha tenuto il corso intitolato «I modi dell’abitare», e, attorno a questo, ha costruito «La comunità accademica»: un luogo di riflessione, aperto a studenti e non, sede di indagine, anche questa, sulla differenza di genere.

Di questa esperienza parla anche in un lungo articolo del 2000, forse l’ultimo sul manifesto, scritto con Corrado Levi, traendone considerazioni più generali sul «fare politica oggi». «Sembrano lontani i tempi in cui la politica si nutriva delle esperienze dei movimenti e le filtrava come linfa vitale verso, con, e talvolta contro le pratiche istituzionali – scrive. Eppure a ben pensarci – prosegue l’articolo – la ’parola’ delle cose che accadono diventa ’lingua’ dentro il sistema politico ed è ancora la sostanza della storia del mondo, o, dei mondi, come si dice adesso. I movimenti degli anni 70 che hanno cambiato il volto del nostro paese non ci sono più, o forse si sono polverizzati emigrando nei buchi neri dell’universo. Ma altri spiriti del tempo agiscono, visibili o nascosti, turbano o forse interrompono la dialettica tra politica e società». E di recente, su La rivista del Manifesto del giugno 2000, Aldo Bonomi e Marco Revelli, rispondendo a Rossana Rossanda, si interrogano sullo iato irreparabile tra moltitudine atomizzata e società politica, proponendo, rispetto a tornare a praticare il terreno della statualità, il valore di legame, nell’intento di ricostruire un tessuto, punti di condensazione, spazi, momenti di resistenza anche’ dal basso’. Come contributo in questa ottica nasce questo articolo che dice di un’esperienza universitaria, limitata certo, ma crediamo «didattico-politica», con un significato particolare-generale per la pratica di autoriflessione nel procedere del fare e per la generalità delle tematiche attraversate».

Negli ultimi anni, provata dal dolore per la perdita di un figlio, piegata da molti malanni, Ida aveva inventato un altro suo specialissimo modo per far vivere il suo punto di vista: veniva a cucinare alla Libreria delle donne, quando, nel weekend e generalmente a seguito di un qualche dibattito, si cenava tutte e tutti assieme. Era la cucina relazionale come pratica politica, anche titolo di uno dei suoi ultimi libri. Con Luisa Muraro avevano avviato un ciclo filosofico su «cibo dell’anima e cibo del corpo», e di qui anche una conferenza dedicata ad Estia, dea del focolare.
È in quella cucina della Libreria delle donne che ho visto Ida l’ultima volta, non molto tempo fa. Mi ha anche regalato un prezioso libro di ricette femministe.
Come è triste sapere che non ci sarà più.

 

(il manifesto, 10 luglio 2018)

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