12 Giugno 2014
il manifesto

Il bacio fatale di Internet

di Benedetto Vecchi

 

Ippo­lita è uno dei gruppi di mediat­ti­vi­sti più inte­res­santi apparso sulla «scena ita­liana». Per prima cosa, è un gruppo anche teo­rico trans­di­sci­pli­nare. Vede al suo interno la pre­senza di antro­po­logi, filo­sofi, pro­gram­ma­tori di com­pu­ter, che non con­di­vi­dono la loro cono­scenza, con la con­sa­pe­vo­lezza di met­tere a fuoco e supe­rare i limiti della pro­pria disci­plina e com­pe­tenza «pro­fes­sio­nale». Tutti pro­ven­gono da espe­rienze di movi­mento, in par­ti­co­lar modo da quella varia­gata area che è solito qua­li­fi­care come liber­ta­ria.
Infine, Ippo­lita eser­cita sem­pre uno sguardo cri­tico sulla vita den­tro e fuori lo schermo, cer­cando di pas­sare in ras­se­gna cor­pus teo­rici sia main­stream che varia­mente cri­tici verso le rela­zioni sociali den­tro Inter­net. È espres­sione cioè di quell’attitudine hac­ker che vuole aprire la «sca­tola nera» della tec­no­lo­gia: punta alla con­di­vi­sione della cono­scenza come momento fon­dante di «comu­nità» di liberi ed eguali che asse­gnano tut­ta­via alla diver­sità un valore fon­dante di pra­ti­che sociali e di stili di vita orgo­glio­sa­mente oppo­si­tive allo sta­tus quo.
Fa dun­que pia­cere vedere pub­bli­cato il loro ultimo lavoro che punta a destrut­tu­rare il luogo comune sulla Rete come regno della libertà e della demo­cra­zia. Il libro, edito da Laterza, è pro­gram­ma­tico sin dal titolo (La Rete è libera e demo­cra­tica. Falso). Pub­bli­cato rigo­ro­sa­mente con una licenza Crea­tive Com­mons (ma se si leg­gono le norme della licenza ci si accorge che è copy­left, cioè ostile a qual­siasi logica pro­prie­ta­ria), prende in esame tutti i luo­ghi comuni che in que­sti anni hanno accom­pa­gnato lo svi­luppo di Inter­net e rie­sce a met­tere in evi­denza come den­tro la Rete siano all’opera pre­cise stra­te­gie di con­trollo sociale. E come la comu­ni­ca­zione on line sia sem­pre più un set­tore eco­no­mico dove lo scam­bio di infor­ma­zioni, le mani­fe­sta­zioni di uno stile di vita, la comu­ni­ca­zione sans phrase siano diven­tati il con­te­sto in cui pre­cise stra­te­gie impren­di­to­riali ten­dono all’espropriazione e alla tra­sfor­ma­zione in atti­vità pro­dut­tiva di quella coo­pe­ra­zione sociale pre­sente den­tro e fuori il web.
La prima parte del volume pre­senta, in forma sin­te­tica, i risul­tati di una pro­du­zione teo­rica cri­tica pre­ce­den­te­mente svolta e arti­co­lata nei volumi Open non è free, Luci e ombre di Goo­gleNell’acquario di Face­book (per acqui­starli il modo migliore è andare nel sito di Ippo­lita: www​.ippo​lita​.net).
Anche que­sti libri pro­gram­ma­tici sono tesi a sve­lare aspetti che la cul­tura main­stream tende ad occul­tare. Il primo è, infatti, una cri­tica del mondo open source, nel quale la pro­du­zione di soft­ware non vin­co­lata rigi­da­mente alla pro­prietà intel­let­tuale è una scelta che ha favo­rito la tor­sione capi­ta­li­stica di Inter­net; il secondo volume ha come oggetto pole­mico il motore di ricerca di Goo­gle — che lungi dall’essere uno stru­mento «ogget­tivo» nelle ricer­che sulla Rete — risponde a cri­teri anch’essi eco­no­mici: Goo­gle, infatti, ha il suo busi­ness nella ven­dita di spazi pub­bli­ci­tari e i risul­tati delle ricer­che met­tono in evi­denza soprat­tutto i siti degli inser­zio­ni­sti pub­bli­ci­tari.
Ippo­lita avverte anche che i risul­tati sono sem­pre rispet­tosi dello sta­tus quo, e che tra un sito di un’impresa ali­men­tare e un sito di un rigo­roso movi­mento sociale che denun­cia il com­plesso agricolo-alimentare viene pri­vi­le­giato sem­pre quello dell’impresa. Nell’acquario di Face­book la cri­tica, invece, ha due obiet­tivi distinti ma inter­di­pen­denti. Da una parte, l’idea del social net­work come neu­tro stru­mento della comu­ni­ca­zione che abbatte le bar­riere e i pre­giu­dizi. Ippo­lita sostiene, a ragione, che Face­book pro­muova la comu­ni­ca­zione tra simili, favo­rendo la for­ma­zione di comu­nità iden­ti­ta­rie che non tol­le­rano la diver­sità al pro­prio interno. Inol­tre, il social net­work di Mark Zuc­ke­berg assem­bla, ela­bora i pro­fili indi­vi­duali per poi ven­derli come aggre­gati di dati. In altri ter­mini, Face­book è il pro­to­tipo di un Big Data, dove l’espropriazione e la pri­va­tiz­za­zione di ciò che è comune (la comu­ni­ca­zione) ha rag­giunto la sua «matu­rità». Il tutto all’insegna di una reto­rica sulla libertà indi­vi­duale che si è soliti chia­mare come «anarco-capitalismo».
In que­sto La rete è libera e demo­cra­tica. Falso ven­gono ana­liz­zati altri aspetti della nuova forma di capi­ta­li­smo. Il con­trollo sociale, la ten­denza a una bal­ca­niz­za­zione della Rete, dove lo Stato nazio­nale tende ad eser­ci­tare un potere di con­trollo e governo, come testi­mo­niano i casi di spio­nag­gio da parte della Nsa o la cen­sura siste­ma­tica eser­ci­tata da alcuni governi nazio­nali (Cina, Iran, Rus­sia, solo per citarne alcuni). C’è da dire però che que­sta ten­sione ad isti­tuire una società del con­trollo – Gil­les Deleuze, Michel Fou­cault, David Grae­ber e l’ultimo Nicos Pou­lan­tzas sono rife­ri­menti teo­rici ricor­renti – riguarda anche paesi demo­cra­tici.
Gli Stati Uniti, come la Ger­ma­nia e, ad esem­pio l’Italia, come docu­men­tano le rive­la­zioni delle atti­vità di spio­nag­gio di Voda­phone, non sono secondi a nes­suno nel moni­to­rag­gio della Rete in nome della sicu­rezza nazio­nale. Allo stesso tempo, Ippo­lita con­cen­tra l’attenzione su quella sorta di «por­no­gra­fia delle emo­zioni» (i like appo­sti sui social net­work, così come l’incentivo a uno sguardo voyeu­ri­stico sui «post» inviati su Face­book, Insta­gram, Ask) che tende a ridurre ulte­rior­mente a merce pro­prio le emo­zioni. Tutto ciò, non fa che annul­lare ogni vel­leità di con­si­de­rare la Rete come fosse un medium demo­cra­tico. Inter­net induce sem­pre a una par­te­ci­pa­zione pas­siva, a una spet­ta­co­la­riz­za­zione della comu­ni­ca­zione e del con­flitto sociale.
Da que­sto punto di vista, l’evocazione della Rete come stru­mento demo­cra­tico avan­zata da gruppi popu­li­stici come, ad esem­pio, il Movi­mento 5 stelle di Grillo e Casa­leg­gio rivela invece una ten­denza auto­ri­ta­ria, cen­tra­li­stica e gerar­chica delle rela­zioni sociali e poli­tica. Dun­que un libro impor­tante, che non chiude la rifles­sione, ma la apre, ideal­mente, a quanti in Rete ci stanno.
C’è un limite da regi­strare, dovuto più a cul­ture poli­ti­che dif­fe­renti. Poca rile­vanza è data ai rap­porti sociali di pro­du­zione. Ippo­lita però non è un cena­colo di stu­diosi. Chi ne fa parte è anche un mediat­ti­vi­sta, un mili­tante che sa che que­sto è un nodo che in qual­che modo biso­gnerà pur scio­gliere. E quando ciò verrà fatto, dal loro punto di vista, la cri­tica dell’economia poli­tica dell’anarco-capitalismo ne avrà giovamento.

 

(il manifesto, 12 giugno 2014)

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