18 Aprile 2014
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IL COLORE DEL CISTO

di Fiorella Cagnoni
da Alice’s Journal – 8 aprile 2014

Chi passava in ospedale in quei giorni di settembre e ottobre del 2004 sperava di «trovare conforto venendomi a trovare», scrive Franca Chiaromonte ne Il Parlamento non è un Pranzo di Gala (Rubbettino 2014).

È stata lei infatti a rasserenare anche me, quando ci siamo riviste dopo il suo “incidente”. Ho capito subito che la sua «innata tendenza alla felicità» come scrive la sua coautora Antonia Tomassini, il suo carattere «secondo molti, abbastanza allegro» come scrive lei o tendenzialmente allegro come direbbe Claro, avevano vinto: il ricordo preciso d’ogni nota delle canzoni amate, d’ogni remota battuta o complicità, l’acchiappo al volo d’ogni sottinteso ogni nondetto ogni sfumatura, il tono ridente riflessivo nei suoi occhi benché certo cosciente della maggiore fragilità fisica, la persistenza del suo modo d’amare, le sue insofferenze e i suoi divertimenti, era tutto là. Strappato all’embolia, alla trombosi dell’arteria cerebrale, al coma. Restituito intatto ai suoi sorrisi, ai lampi dello sguardo, ai ricci partenopei, alle mani antiche.

Poi certo come lei stessa, annunciando in feisbuc l’uscita del libro, scrive con la grazia e l’eleganza sue: ha «una difficoltà a parlare. È una realtà. Pazienza!!!»

Certo, pazienza: per di più lei e io ci siamo sempre capite molto anche via sguardi abbracci naso.

Ma non poter parlare come vorresti non trovare più le parole giuste non perché non le conosci perché si sono perdute chissà dove come i ritagli del tempo quando navighi quelli di cui Vita scriveva a Virginia sapere che le tue parole se devono uscire da te non ce la fanno non ci sono più – dev’esser terribile. Tanto più se il tuo lavoro di senatora si fonda, sulle parole. E non puoi desiderare che chi ti ama rinunci al proprio, di lavoro – per assisterti a parlare, e farsi da tramite al parlare tuo.

Poi anche scrivere si fa complicato. Ancora più terribile.

E lì Franca e sua sorella Silvia propongono la «strana collaborazione» all’amica che ho chiamata coautora: definizione corretta perché Antonia Tomassini ha scritto insieme a Franca Il Parlamento non è un Pranzo di Gala, ma carente. Antonia Tomassini è stata la sua assistente al Senato dopo l’incidente e fino alla fine della legislatura, è diventata la sua voce, è la sua trascrittora. Franca «donna comunista e di destra» e Antonia «giovane donna di sinistra» prendono insieme una strada impensata, senza modelli senza campionature, da inventare giorno dopo giorno.

Il loro racconto è intenso ritmato quasi una conversazione a tratti. Bellissimo. Persino quando si addentra nei dettagli del lavoro parlamentare, dal preliminare ottenimento che Antonia presenzi e intervenga ai lavori della Commissione Sanità al fallito tentativo d’ottenere uguale autorizzazione per l’aula, dalla battaglia sul testamento biologico allo scontro sull’immunità, – persino in quelle pagine meno affascinanti per una come me che si sa da quella politica là è poco attratta, il racconto è bellissimo.

Proprio anche perché sono due, racconti. Non sempre all’unisono, – anzi insieme al legame all’affetto all’ironia all’allegrezza perfino ci sono pure conflitti, e nella scrittura salta fuori, qualche battibecco fra… destra e sinistra? giovane e comunista? donna e donna? Franca e Antonia? due punti chiusa parentesi, – non sempre all’unisono ma sempre intonati.

Antonia racconta d’aver incontrato subito di Franca anche «il vasto esercito delle amiche, [..] una famiglia allargata femminile unita e collaborativa, nonostante gli screzi e le difficoltà caratteriali.»

Secondo me avrà ancora delle sorprese, sulla vastità dell’esercito. Non sugli screzi.

 

 

Note:

–          Il titolo è l’unico lessico privato tra Franca me e pochissime altre, – ma almeno un sottinteso me lo concederete?

–          Claro è uno dei “Quattro Gatti” un mio manualetto filosofico meditativo (Zelig, 1995). Di prossima pubblicazione come ibuc. Consiglio alle gattoliche.

–          La lettera è del 29 gennaio 1926. “We kept dropping half-hours at sea. What becomes of those poor waifs of one’s existence over which one has skipped? Mine are flotsam and jetsam now sometimes somewhere on the Adriatic.” [Continuavamo a perdere delle mezz’ore, in mare. Cosa succede a questi poveri relitti delle nostre esistenze? I miei stanno galleggiando, ora, da qualche parte sull’Adriatico].

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