10 Aprile 2015

Il disprezzo e la complessità dell’altra

 

di Tk Brambilla

 

Il sito della Libreria delle donne di Milano ha pubblicato un testo per me molto problematico: “Devo rispettare chi usa la propria libertà per sottomettersi?” di Massimo Lizzi.

Lizzi è un amico, un uomo che stimo, e questo dovrebbe permettermi di guardare il suo testo con una postura di apertura. E riconosco che, per un uomo che si dichiara femminista e si confronta con femministe, ci vuole un certo coraggio per nominare pubblicamente le proprie questioni irrisolte nei confronti delle donne. Ma nonostante questo ho provato molta rabbia nel leggere sul sito della Libreria delle donne una dichiarazione di disprezzo da parte di un uomo nei confronti di donne di cui non si condividono le scelte: donne vittime di violenza che rimangono con il maltrattante, prostitute che rivendicano la scelta, veline e alcune delle donne che si mettono volontariamente il velo “.

Massimo ha deciso di escludere dal suo ragionamento tutti i condizionamenti culturali, psicologici, economici, e sociali che agiscono sulle donne e che, naturalmente, relativizzano molto il concetto stesso di libera scelta. A questo ci sto. Perché sono convinta che ci sia uno spazio di libertà in cui sia possibile scegliere, senza il quale le mille leggi che si possono pensare contro la violenza o contro la prostituzione a nulla valgono.

Ma io so che le strategie, giuste o sbagliate, che ogni donna mette in atto in situazioni di oppressione o di violenza hanno una loro complessità che a me interessa e che non voglio liquidare come disprezzabile desiderio di sottomissione al potere.

Il disprezzo può avere una valenza politica positiva quando fa da argine al dilagare di comportamenti sbagliati, come può essere anche nel caso della prostituzione, ma è cosa diversa dal disprezzo per la prostituta, che immagino sia condiviso anche da chi, comprando, fa di quella donna un oggetto.

E io so che perfino il disprezzo per la propria condizione che nasce interiormente in una donna, spesso in relazione con un’altra donna che le dà una misura, può essere il detonatore che innesca il rivoluzionario processo di cambiamento di sguardo che le permette di vedersi e autorizzarsi a un libero desiderio di felicità.

Ma perché il giudizio non sia distruttivo, credo sia indispensabile riconoscere dignità all’altra anche quando non la si capisce. Soprattutto da un uomo pretendo che cerchi di trovare lo spazio e la distanza necessari al riconoscimento della complessità dell’altra e che sappia perfino fermare il giudizio rispetto alle sue mancanze e debolezze che non necessariamente sono un disvalore.

In questo senso ho trovato di grande aiuto la controversa riflessione di María Milagros Rivera Garretas, che mi permette di comprendere i moventi di una donna che resta con il maltrattante. L’amore femminile per la relazione per me è un grande valore, anche se non rinuncio a uno sguardo critico sulle strategie scelte per realizzarlo. Forse questa apertura mi è possibile perché ho conosciuto la fatica e la lotta di donne che si sono trovate in quella condizione, donne importantissime nella mia vita e da cui ho imparato anche per la mia libertà. Sicuramente l’amore nei loro confronti mi ha permesso di fare spazio anche alla loro verità, fino a intravedere una grandezza che andava riconosciuta.

Io so che nella ricerca della propria libertà è fondamentale incontrare relazioni tra donne davvero trasformative, in cui il giudizio anche severo è diventato fecondo, perché l’amore per l’altra non ha lasciato spazio a strategie difensive distruttive per proteggersi dal dolore, dal senso di impotenza e dalla frustrazione, provocati dalla condizione di miseria di chi si ama.

(libreriadelledonne.it 10/04/15)

 

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