23 Luglio 2015

Il femminismo del fare ogni giorno

María Galindo, artista boliviana che di recente ha realizzato un documentario sulla fine del patriarcato dal titolo 13 horas de rebelión, è stata invitata come oratrice alla Biennale di Venezia 2015 (vedi Oradora en la bienal de Venecia 2015, http://www.mujerescreando.org/, 25 de Julio, 2015). Pubblichiamo parte di un’intervista tradotta in italiano da comune-info.net

 

di Arantxa Flores e José Luis de la Jara

María Galindo è uno di quei personaggi scomodi che criticano aspramente. Dopo 23 anni di militanza nel collettivo boliviano Mujeres Creando, è riuscita a porsi come referente del movimento femminista ed essere il sassolino nella scarpa di ONG, governi e di chiunque abbia cercato di ergersi come “la voce” delle donne. Con un femminismo costruito dal fare quotidiano, fa fronte a ciò che chiama la “fallita rivoluzione femminista” e al ruolo che giocano istituzioni e organizzazioni internazionali come interpreti dei movimenti di lotta, incaricati di scrivere a loro nome i testi ufficiali, imponendo categorie e spoliticizzando il linguaggio. “Sono consapevole che vengono a rubarci perfino la parola femminismo. Una delle azioni del potere è divorarsi tutto, essere il tutto e che nulla abbia senso al di fuori del senso che il potere assegna alle cose, per questo la necessità di appropriarsi della parola, del territorio femminista, la necessità di cooptarlo, di divorarlo e spogliarlo del suo senso sovversivo e inquietante”.

Mujeres Creando nasce nel 1992. Come sono stati questi anni?

È stato un accumulo di conoscenza politica impossibile da riassumere. Molte volte siamo andate

rielaborando le nostre idee, e tutto questo accumulo di lavoro politico da una prospettiva femminista ha dato a Mujeres Creando una originalità molto speciale. Abbiamo incominciato in poche donne e ora siamo di più, anche se la nostra vocazione non è mai stata di massa. C’è stato un momento in cui Mujeres Creando era un sogno. Il nostro “indigene, puttane e lesbiche; unite, ribelli e sororali” sembrava qualcosa di impossibile da costruire, un enunciato poetico che non si sarebbe mai concretizzato. Ma oggi siamo una organizzazione che si mantiene vitale con un alto grado di complessità sociale. Abbiamo costruito una organizzazione politica che ha giocato un ruolo

storico nel nostro paese. Dall’essere un gruppo femminista siamo passate ad essere un fenomeno culturale e un referente di ribellione per le boliviane.

Il tuo ultimo libro reclama l’ideazione della tesi della depatriarcalizzazione per evitare gli utilizzi demagogici che se ne stavano facendo. Cosa apporta questa teoria alla lotta femminista?

La depatriarcalizzazione presuppone un riposizionamento dei femminismi in funzione di una visione utopica e non di una visione di diritti che limita il rafforzamento delle donne nella partecipazione in strutture ingannevoli che fanno parte della visione capitalista coloniale. Concetti come discriminazione, uguaglianza o presa di potere sono ingannevoli e hanno aperto la porta all’addomesticamento del femminismo. Una cosa è combattere, sovvertire e contestare il sistema e un’altra molto diversa chiedere l’inclusione nello stesso.

Tenendo conto delle differenze Nord-Sud, credi che la teoria della depatriarcalizzazione sia esportabile nel mondo occidentale?

Il neoliberismo è stato molto abile nell’utilizzare tutte le aspettative sociali ed individuali delle donne per renderle funzionali ai propri obiettivi, tanto quelle del Nord come quelle del Sud. Questo libro smonta molto bene questa trama per il Sud del mondo, ma permette anche di utilizzare molte di queste categorie per smontare nel mondo occidentale la manipolazione delle aspettative di varie generazioni di donne. Ciò che il sistema neoliberista sta vendendo alle donne europee come conquiste per loro è falso, si è collocato sulla servitù delle donne del Sud, sulle esiliate del neoliberismo, che funzioniamo da ricatto.

Come Mujeres Creando chiedete una politica femminista basata sulla vicinanza, il quotidiano e il piacere. Come si materializza tutto questo nelle vostre attività?

Una delle nostre gambe è la politica simbolica, la costruzione dell’ideologico, ma soprattutto ci focalizziamo su quello che chiamiamo “politica concreta”, come quella che usiamo nei casi di violenza maschile. Proponiamo azioni concrete a ogni donna e dopo lei decide: lo scandalo pubblico, l’azione illegale o la via giuridico-poliziesca. Per quanto riguarda l’uomo, quando si nega a far parte della soluzione, lo cerchiamo attraverso il suo lavoro, il suo luogo di residenza, i suoi amici. Nella nostra radio diffondiamo liste di padri irresponsabili e di uomini violenti. Queste pratiche e metodologie della creatività, della spontaneità e dell’accompagnamento hanno fatto sì che il nostro servizio contro la violenza maschile oggi sia il più prestigioso della città.


(comune-info.net, 23 luglio 2015)

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