6 Ottobre 2016
L'Attacco

Il magistero divino della madre

di Katia Ricci

Intervista a Maria Grazia Napolitano

Il Magistero divino della Madre è il titolo del I Seminario di Studi e Ricerca incentrato sulla figura di Maria Celeste Crostarosa, che ha operato a Foggia a metà del 1700. Due giorni di relazione, studio e dibattito che si svolgeranno il 10 e l’11 ottobre 2016, a partire dalle ore 9.30. Il primo incontro si terrà nell’Aula Magna del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia (via Arpi, 176 – Foggia), mentre la seconda giornata si terrà nella Sala Rosa del Vento della Fondazione Banca del Monte (via Arpi, 152 – Foggia).

Ne parliamo con Maria Grazia Napolitano, fondatrice del Centro Ricerca e Documentazione Donna di Foggia e della Comunità di mistica e politica Le amiche di Celeste, organizzatrici del seminario.

Chi è per te Maria Celeste Crostarosa?

Una donna dotata di libertà e autorità, la vera fondatrice dell’Ordine delle Redentoriste, una mistica, che può indicare questa forma di conoscenza e di esperienza a tutti e alle donne in particolare, perché la mistica non è necessariamente qualcosa che appartiene all’ambito strettamente religioso. È, secondo me, una tipica illuminazione femminile. Chi l’ha provata si trova improvvisamente su una via di cambiamento totale, di liberazione da tutto ciò che era stato prima. Un vero e proprio spostamento.

Questo spostamento, come lo chiami, è quello che è successo a tante donne che hanno dato vita alla rivoluzione femminista e sono nate a una vita nuova, abbandonando la cultura patriarcale in cui sono state cresciute e educate nei secoli, liberandosi dalle identità in cui erano rinchiuse e sbilanciandosi verso l’infinito e il non già noto. Quando sono nate Le amiche di Celeste?

Nel 2012, dopo il Convegno organizzato a Foggia dal Poerio, Liceo psicopedagogico, a cui parteciparono il teologo Sabino Maiorano e la filosofa Luisa Muraro, su invito di quest’ultima con altre donne decidemmo di fondare la comunità per leggere e studiare gli scritti di Maria Celeste. Al gruppo originario di donne che già alla fine degli anni ’80 si interessarono alla Crostarosa si sono aggiunte altre ed è interessante che vi partecipino donne credenti e non, femministe e non. Attualmente partecipano alla comunità Pia Marcolivio, Antonietta Lelario, Cosetta Diegoli, Rosa Porcu, Antonella Morrone, Maria Nardella e Isabella Solimando. Al di là delle differenze di percorsi e di formazione, per tutte un punto essenziale è partire dal proprio essere donne e riconoscere l’essere donna di Celeste prima del suo essere religiosa e appartenente alla chiesa.

Che cosa ti ha tanto incuriosito e attirato di Maria Celeste?

Come dicevo, l’ho incontrata alla fine degli anni ’80 quando don Teodoro Sannella ne parlò a me e ad Antonella Morrone. Mi colpì che don Teodoro l’avesse definita una madre fondatrice che aveva tentato di rifondare la Chiesa con un ordine che redime per riportare lo spirito cristiano alle origini e che aveva operato perché ci si attenesse all’incarnazione umana di Dio e perché la vita ritornasse all’umanità.

Ma soprattutto Don Teodoro aveva avuto una grande intuizione, vale a dire che per risolvere l’enigma crostarosiano bisognava aprire nella chiesa “la questione femminile” e per questo serviva il sapere delle donne.

Che cosa intendi per enigma crostarosiano?

La storia di Maria Celeste è fatta di paradossi, di eventi eccezionali. Ha con Dio un rapporto personalissimo e a Dio si richiama sempre per realizzare il proprio desiderio, la propria opera, creare un ordine religioso nuovo, voleva un mondo a misura divina e quando si fece monaca scelse il nome di Maria Celeste perché voleva incarnare la madre divina. Alle sue consorelle chiedeva di essere Dio.

E per tutto questo incontrò una grande opposizione nelle gerarchie ecclesiastiche del tempo, soprattutto nel vescovo Falcoia: fu prima cacciata e poi imprigionata. La comunità da lei fondata a Scala andò avanti senza di lei e per secoli ne fu attribuita la fondazione a S. Alfonso dei Liguori. La sua Opera da essere figlia di madre divenne figlia di padre. E questo fino agli anni ’70 del secolo scorso. Le monache Redentoriste non sapevano che Maria Celeste fosse la loro madre fondatrice.

E Foggia come entra nella sua storia?

La Beata aveva come consigliere Dio stesso che gliela indicò e le disse: “va’ in Foggia … ora è il tempo opportuno per la fonnatione”. E a Foggia fu accolta dalle donne delle famiglie benestanti che l’andarono a ricevere con 4 carrozze bene addobbate e l’accompagnarono in processione e con grande pompa nel Monastero delle Pentite e a lei affidarono l’educazione delle figlie.

Certo una vicenda straordinaria, ma per te che non sei credente nel senso tradizionale del termine che cosa rappresenta Dio, questo Dio che le parla con tanta confidenza?

Sì, lei parla con Dio e ne trae l’autorizzazione per creare l’opera. Dio rappresenta quel motore interno, quella spinta interiore che è fondamentale per creare, un anelito verso l’infinito. Questo mi parla e può parlare a tutte le donne: crea chi rinuncia al già detto e si appoggia alla propria autorità interna. Maria Celeste mostra una via interessante per le donne, la mistica, di cui la Chiesa si è appropriata nel tempo, ma per me, come ho detto, è una forma tipica della conoscenza femminile, un’illuminazione, qualcosa per cui, dopo, non sei più la stessa: rifondi la vita, perdendo tutto ciò che c’era prima, illusioni, vecchi ideali e valori, e stai a ciò che è la tua vera realtà. Potrei dire che una donna entra nuda nel mondo, liberandosi da tutte le identità e spogliandosi di tutto ciò che è stato prima Non si tratta di una crescita, ma di uno spostamento che mi ha portato sulla giusta via della libertà femminile.

Che cosa vi aspettate tu e le altre Amiche di Celeste da questo seminario?

L’abbiamo intitolato I seminario perché vogliamo proseguire e soprattutto aprire nell’Università spazi per la ricerca su temi che riguardano in primis le donne, per far conoscere anche alle e ai giovani i percorsi di libertà femminile, l’opera delle donne, tutta la cultura che hanno prodotto e che ancora non trova spazi adeguati negli studi accademici e nel cambiamento generale della società.

(L’Attacco, Foggia, 6 ottobre 2016)

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