13 Settembre 2013

Il mio incontro a Mosca con Katja Samutzievich – Pussy Katja.

di Laura Minguzzi

Il 29 agosto, di ritorno da Vladivostok, dove sono arrivata con la Transiberiana, ho appuntamento con Pussy-Katja alle cinque al Kutzneskij Most. Un luogo storico del centro, non lontano dalla Lubjanka, dove un tempo scorreva il fiume Neglìnnaja e ora via pedonale. Eccola di corsa, quasi non la riconosco, tanto è lo scarto fra la realtà viva e l’immagine sullo schermo; dal vivo, in presenza, sono quasi folgorata dall’energia e dalla forza che sprigionano il suo sguardo mobilissimo e il suo corpo. La figura di un folletto mi è venuta alla mente, una forza soprannaturale, non di questo mondo, con cui sono entrata in contatto, mi ha fatto pensare che sia frutto della libertà che lei e il gruppo incarnano. Tornando a questo mondo, ci sediamo in un caffè all’aperto. Lei ordina un maxi-cappuccino, io un maxi-tè, e comincio a tempestarla di domande. Katja mi racconta che il suo tempo lo passa con avvocati/e per presentare istanza di appello, a tutti i livelli, contro la condanna di Nadja e di Mascia, per ottenere una riduzione della pena. Inoltre si occupa della causa legale contro chi si è appropriato e sfrutta, senza il loro consenso, il logo del gruppo. Durante la nostra conversazione Katja mi spiega che è molto complicato far visita a Nadja e Mascia; occorre una lunga trafila burocratica per ottenere i permessi necessari. Solo i familiari possono andare. Inoltre Nadja è sottoposta al regime di detenzione più duro, con controllo delle lettere che scrive e che riceve. Invece Mascia, dopo lo sciopero della fame, ha ottenuto qualche miglioramento delle condizioni di vita. Lei è curiosa di sapere se sono già andata alla Cattedrale di Cristo Salvatore. Certo, subito, e mi è sembrato di entrare in un aeroporto, tanti sono i controlli per la sicurezza con metal detector e un sacco di “milizia” in divisa e privata, cui occorre mostrare il contenuto delle borse. Una novità: pare che le gerarchie ecclesiastiche stiano ammorbidendo la posizione di dura condanna nei loro confronti. Un alto esponente della chiesa ortodossa ha scritto una lettera in cui dichiara che occorre perdonare e non demonizzare le Pussy Riot. Katja pensa per ragioni strumentali, in vista dei Giochi Olimpici di Sochi del 2014. La parola “femminismo” invece continua a essere oggetto di tabù nella stampa e in tutte le sedi istituzionali. Il film documentario sul processo, la protesta e la loro storia, Pussy Riot – A Punk Prayer (titolo originale Pokazatelnyy protsess: Istoriya Pussy Riot) di Mike Lerner, Maxim Pozdorovkin, verrà forse proiettato a Mosca in dicembre all’interno di un festival del cinema. Finora, dice Katja, è stato proiettato solo al Sundance festival, a NewYork, a Roma, al MAMbo di Bologna e in Ucraina.

La foto, scattata da un artista Artiom Loskùtov, amico di Katja, fa parte di una mostra fotografica dal titolo “Le migliori fotografie della Russia” che ha avuto luogo nel Museo di arti figurative di Ekaterinburg nei mesi di luglio e agosto 2013.

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