di Betti Briano
Nella nostra regione siamo abituate a vedere gli uomini di potere attraversare successi e insuccessi e a seguito di questi salire, scendere, poi risalire, cambiare abito, rientrare dalla finestra laddove erano usciti dalla porta, comandare nell’ombra quando non è più possibile alla luce del sole, governare per interposta persona quando inopportuno in prima. Tutto ciò appare nell’ordine naturale delle cose, nessuno si stupisce, pochi commentano, diviene oggetto di polemica solo ai fini della caccia al consenso elettorale e del marketing mediatico.
Quando l’insuccesso investe invece una donna è la fine: la sua immagine viene irrimediabilmente compromessa a furor di popolo e la carriera interrotta sotto il peso del fuoco nemico ma soprattutto di quello amico. L’opera distruttiva però non si limita alla figura pubblica ma investe la persona, punta alla sfera psichica, all’annullamento dell’autostima, giusto per prevenire il ritorno del desiderio di potere.
E’ successo a Marta Vincenzi, ex sindaca di Genova che, divenuta capro espiatorio dell’inefficienza della macchina burocratica comunale, colpevolizzata dall’opinione pubblica e indagata dalla magistratura per responsabilità in ordine alla morte di cinque persone nell’alluvione del 2011, è stata contrastata nel disperato tentativo di reagire e risollevarsi dal dolore e dalla depressione proprio dal suo partito che nelle ultime elezioni comunali di Genova le ha opposto come propria candidata una donna più giovane e competitiva, determinando come noto la sconfitta di entrambe. Ebbe a dire ‘sono stata lapidata come Ipazia’, paragone discutibile che a suo tempo abbiamo commentato in quanto rivelava un evidente stato di ridotta lucidità, ma che faceva intendere il livello di crudeltà politica percepita dalla Vincenzi nei suoi confronti.
Sta succedendo a Raffaella Paita che, avendo perso le elezioni che dovevano fungere da termometro della temperatura del governo oltre che mantenere lo stato del potere in Liguria, si trova a pagare il conto dei suoi errori come delle troppe furbizie dei signori che l’hanno mandata avanti e ai quali si è troppo ingenuamente affidata, a portare sulle spalle il peso dei disastrosi effetti che la perdita del governo della regione produce sui destini dei non pochi ‘sostenitori’ ospitati sul carro dato per vincente, con il sovrappiù della imperdonabile colpa di aver rivelato come donna un esagerato desiderio di potere ed alzato l’asticella delle pretese oltre misura (‘sono giovane, sono donna e vado veloce’ la sintesi del suo invito al voto) e anche per lei la minaccia incombente di un giudizio di responsabilità per i danni e il morto dell’ultima alluvione. La parola fine sul suo avvenire politico l’ha pronunciata il suo capo di partito; col consueto cinismo ha affermato che le elezioni sono state perse ove hanno corso le copie al posto degli originali e che la Paita ha perso non a causa della sinistra di Pastorino, ma per manifesta incapacità a competere con la destra di Toti. Non solo una copia o clone che dir si voglia, ma anche mal riuscito. Il giudizio non poteva essere più offensivo per la persona e più lapidario per la tomba della carriera. Dalle cronache post-voto pare che la Paita abbia ammesso di sentirsi emotivamente e fisicamente distrutta dalle vicende dell’ultimo anno e che la sua attuale immagine riveli in pieno tale stato di sofferenza.
Ancora una volta constatiamo che la contesa per il potere risulta più crudele per le donne che per gli uomini, che in quella elettorale in particolare, ove entra in gioco il peggio, esse per lo più soccombono perché meno attrezzate in cattiveria e spregiudicatezza. Constatiamo altresì che purtroppo le donne continuano a non imparare dalle donne; l’esempio dell’anziana Marta Vincenzi avrebbe potuto certamente parlare ad una giovane rampante che volesse andar veloce … magari non a sbattere. Luisa Muraro, commentando le elezioni liguri con un testo dal titolo “Le donne si ammalano e la politica muore”, afferma la necessità che nella politica si faccia entrare l’amore perché una politica senza amore non solo fa male alle donne ma porta la politica stessa a suicidarsi. Non è quello che sta succedendo in Liguria?