13 Novembre 2015
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Il super-lavoro casalingo delle donne vale come il Pil della Cina (ma non è pagato)

di Melinda Gates

Immaginate di lavorare molte ore, giorno dopo giorno, e di crollare a letto esausti dalla fatica tutte le notti, per risvegliarvi tutte le mattine all’alba. Immaginate di non essere pagati, mai, e addirittura di non «creare valore», come dicono gli esperti. Tutto ciò pare enormemente ingiusto, eppure è la condizione nella quale vive la maggior parte delle donne nel mondo. Quando i governi quantificano l’economia nazionale in termini di Prodotto interno lordo, il “lavoro femminile” – sia esso accudimento e allevamento della prole, lavoro casalingo o domestico – non è calcolato come “lavoro”.

Grazie a un nuovo rapporto pubblicato da McKinsey e riguardante il gender gap sul posto di lavoro, adesso però possiamo finalmente conoscere il valore reale di tutto questo lavoro non retribuito, pari all’incredibile cifra di diecimila miliardi di dollari, una somma equivalente più o meno al Prodotto interno lordo della Cina. Se tutte le donne che si occupano dei loro familiari costituissero un’unica nazione, la loro sarebbe la quarta economia più importante al mondo.
Tutto questo lavoro, per di più, corrisponde soltanto all’aspetto fisico dell’accudimento e della cura della persona. Come sostiene Anne-Marie Slaughter nel suo ultimo libro, «Unfinished Business», nella cura dei familiari rientra a tutti gli effetti anche un lavoro ulteriore, fatto di fatica emotiva, amore ed educazione, trasformazione del reddito in insegnamenti, educazione, guida morale, soluzione dei problemi, sostegno economico, incarnazione e trapasso del ruolo necessario per allevare figli o semplicemente investire negli altri. Tutto questo lavoro vale la pena quantificarlo.

Queste diseguaglianze esistono similmente nei paesi ricchi e nei paesi poveri. Nei primi, le donne trasformano il denaro in prodotti e servizi necessari alla sussistenza e al benessere facendo la spesa, cucinando, pulendo, lavando, ordinando. Nei paesi poveri, le donne si sobbarcano quasi interamente l’onere di fornire i beni di prima necessità al loro nucleo famigliare, trasportando acqua e legna, coltivando raccolti di sussistenza.
Dobbiamo agire. L’economista Diane Elson ha creato una strategia approvata da molti attivisti e che ha il seguente motto: «Riconoscere, ridurre e redistribuire».
Riconoscere l’iniquo peso che le donne si devono sobbarcare è il primo passo da compiere per risolvere la situazione. Fino a quando le statistiche economiche non terranno conto del lavoro delle donne, sarà più facile per tutti ignorare la disuguaglianza di fondo delle nostre società.

Ridurre la quantità di tempo e di fatica che le donne investono nell’assolvere a mansioni ripetitive è possibile con le tecnologie che risparmiano lavoro fisico. Nelle nazioni in via di sviluppo, dove le donne passano ore e ore a raccogliere acqua e legna per mandare avanti le loro famiglie, questo può voler dire fornelli più efficienti, cisterne comunitarie, elettrificazione delle aree rurali. Nei paesi più ricchi, da anni usiamo lavatrici, ed elettrodomestici come ferri da stiro e aspirapolveri. Riducendo del 61 per cento il lavoro non retribuito fatto di mansioni casalinghe di routine, si potrebbe risparmiare molto tempo da dedicare all’inestimabile accudimento di bambini e anziani.
Redistribuire il lavoro non retribuito, l’ultimo passo di questa strategia, significa coinvolgere gli uomini alla pari nel lavoro e nelle gioie dell’accudimento. Gli uomini che legano con i figli in tenera età e diventano esperti nella cura dei bambini riferiscono di vivere una relazione diversa, molto più gratificante. Inoltre, quando uomini e donne vivono alla pari la genitorialità, tendono entrambi a esercitare pressioni per ottenere condizioni di lavoro flessibile che vanno a beneficio di tutti.

Non sappiamo con certezza che cosa faranno le donne del tempo libero in più che guadagneranno riducendo e redistribuendo il lavoro non retribuito, ma è davvero difficile immaginare che possano non utilizzarlo per attività economiche fruttuose o per migliorare la loro istruzione. La seconda cifra del rapporto McKinsey riguarda proprio questo aspetto: se le donne di tutto il mondo non dovessero sobbarcarsi la maggior parte dei lavori domestici, se non fossero costrette ad accettare posti di lavoro part-time per barcamenarsi al meglio tra l’accudimento della prole e altre responsabilità importanti, se non fossero relegate a professioni poco retribuite, il Pil globale crescerebbe di una cifra impressionante, ben 28mila miliardi di dollari, pari all’economia statunitense e a quella cinese considerate insieme.
I calcoli, tuttavia, possono essere fuorvianti: vera eguaglianza vorrebbe dire per gli uomini abbandonare le posizioni ai vertici a mano che vi arrivano le donne. Anche così è assai chiaro quanto tutto ciò sia importante, e politici, datori di lavoro, investitori ed elettori non hanno più scuse per non agire.
Traduzione di Anna Bissanti
L’autrice è co-presidente della Bill & Melinda Gates Foundation http://www.gatesfoundation.org


(mobile.ilsole24ore.com, 13/11/2015)

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