30 Dicembre 2019

Inviolabilità: invito a un incontro


Scrive Manohla Dargis sul New York Times del 21-22 dicembre scorso: il movimento del Me-Too e la ripresa (or.: resurgence) del femminismo negli anni Duemila hanno toccato tutti gli ambiti della vita americana. Non soltanto negli Usa, s’intende, l’America è grande, comprende paesi come il Messico, il Brasile, il Cile, l’Argentina… Qui ha preso slancio il movimento Ni una menos (Non una di meno), arrivato anche in Italia. Sono movimenti diversi, con linguaggi diversi; in comune hanno la denuncia di una violenza che si era incorporata negli usi e costumi di una sedicente civiltà, tanto da essere vista come una questione minore e trascurabile. O non vista affatto. E invece è un avvelenamento globale.

La violenza che ha intossicato l’umanità ha trovato il suo alibi nella reciproca indulgenza maschile verso la prevaricazione sulle donne, quella istituzionale che spesso è anche psicologica e fisica, in una mescolanza che assolve tutti. Fino a ieri la complicità maschile è stata totale, ora non più. Con il femminismo che incalza in ondate successive le cose stanno cambiando. Per gli uomini il cambiamento in corso non dev’essere facile, scrive Manohla Dargis commentando una serie di film recenti che ci fanno vedere che men are in trouble (gli uomini sono incasinati). E meno male, aggiunge.

Anni fa, davanti alla gravità del male e all’inconsapevolezza maschile, un gruppo di avvocate e giudici hanno pensato d’introdurre nell’ordinamento di base della convivenza umana un principio nuovo, che hanno chiamato “di inviolabilità del corpo femminile”.

Noi proponiamo di riprendere questa idea per discuterla, approfondirla, metterla alla prova del presente. Inverarla, direbbero i filosofi (che però, così come i preti, non hanno mai combattuto questo male).

Forse serve che spieghiamo che cos’è un principio, perché era questa la proposta delle giuriste, non una legge ma qualcosa che viene prima e può orientare l’opera della civiltà. Pensate, per esempio, al principio di uguaglianza, in forza del quale giudichiamo ingiuste le discriminazioni e parliamo di ingiustizia sociale per le disuguaglianze economiche. È stato guadagnato storicamente ma, una volta guadagnato, lo consideriamo valido a priori.

Questo fa la politica del simbolico. Non è un mettersi d’accordo (che allora prevalgono i più forti o i compromessi) ma un trovarsi d’accordo. Non l’abbiamo inventata noi, c’è da quando gli esseri umani si parlano. Il femminismo ha costatato la sua efficacia. Gli slogan tipo “La nostra casa è in fiamme”, “Ni una menos”, sono efficaci nella misura in cui riassumono in poche parole dei percorsi politici convergenti che agiscono nella realtà e dentro di noi al tempo stesso. Il percorso dell’inviolabilità è cominciato con la separazione (le riunioni separate di donne) degli anni Settanta. E riprende, a distanza di decenni, nel momento in cui alcuni uomini mostrano di capire quello che le ragazze cantano in coro, El violador eres tu (sei tu quello che ci fa violenza): non accusano il singolo, pretendono una presa di coscienza e l’impegno del singolo e di tutti. E poi? Poi si vedrà.


Per cominciare, vediamoci tra noi in Libreria delle donne, via Pietro Calvi 29, Milano, mercoledì 15 gennaio 2020 alle ore 18.30.


Alcune della Libreria delle donne di Milano


(www.libreriadelledonne.it, 30 dicembre 2019)


Nota del 2.1.2020 
C’è una correzione da fare: tra i preti Papa Francesco ha cominciato a combattere il male della violenza sulle donne il 1° gennaio 2020. 

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