8 Ottobre 2015
il manifesto

«Janis», la bellezza di essere una donna

Intervista. Losangelina, Amy Berg ha lavorato otto anni al film per raccontare oltre la musica tra lettere, immagini d’archivio, ricordi di amori, amici, famiglia Joplin.

 

Da ragaz­zina voleva soprat­tutto andar­sene, niente di più ovvio se si nasce alla soglia degli anni Ses­santa in una cit­ta­dina ame­ri­cana del Texas dove le ragazze sfo­gliano le rivi­ste di moda dispo­ste a tutto pur di essere le regi­nette di bel­lezza della scuola. E difatti appena ha potuto è scap­pata a San Fran­ci­sco, un grande amore, una donna, e sco­perte di vita, allu­ci­na­zioni, libertà. Quella che cer­cava di con­qui­starsi nella cit­ta­dina fami­liare, inter­pre­tando la parte della «cat­tiva ragazza» mai stanca di notti bian­che e di bevute. Che alle ragazze da coper­tina oppone altre imma­gini di donna, la sfida di una bel­lezza che «vive den­tro e fuori», e di un look che di lì a poco tutte avreb­bero copiato. Janis di Amy Berg  (in sala da oggi, 8 otto­bre) regi­sta losan­ge­lina impe­gnata poli­ti­ca­mente, quasi Oscar nel 2006 per Deli­ver us from evil, rac­conta la vita di Janis Joplin la voce bianca più nera della sto­ria musi­cale, icona di un’ epoca di sco­perta, rivolta e libertà, fug­gita gio­va­nis­sima dal sud raz­zi­sta dell’America, e morta nel mito a ven­ti­sette anni. E lo fa attra­verso le parole di amici, parenti (non pro­prio sim­pa­ti­cis­simi, quelli tipici che dicono «beh, sì era una ribelle, le pia­ceva scan­da­liz­zare» come fa il fra­tello), amori, com­pa­gni di band, nes­sun cri­tico o stu­dioso, molti archivi, alcuni bel­lis­simi, le imma­gini di Pen­ne­ba­ker a Wood­stock, lei sul palco con la voce roca e un dolore che sem­bra fon­dersi con tutto il resto, pub­blico, cielo, terra.

«Guar­dare le imma­gini di Janis men­tre canta è molto emo­zio­nante. Le sue musi­che e le sue parole nascono dalle espe­rienze della sua vita, dagli incon­tri, dai dolori che ha pro­vato, dalle ferite e dai momenti di feli­cità. Sono molto per­so­nali e al tempo stesso hanno una forza uni­ver­sale, rac­con­tano sem­pre qual­cosa che va al di là di lei».
Dolore, ingiu­sti­zie, emar­gi­na­zione? Ne sapeva qual­cosa lei, Janis, che al liceo «inco­ro­nano» il maschio più brutto della scuola. Ferite che bru­ciano, ma Port Arthur, dove cre­sce, con le sue caset­tine e i riti sociali, popo­lata dai raz­zi­sti del ku klux klan è «il posto più mer­doso della terra».

Amy Berg, che incon­triamo durante il festi­val di Vene­zia, dove Janis è stato pre­sen­tato in ante­prima fuori con­corso, è altis­sima, molto magra, appas­sio­nata. A que­sto film ha lavo­rato otto anni, e la «sua» Janis non è solo l’icona di una gene­ra­zione, anche se Berg ne cerca le tracce in un intrec­cio di inti­mità e dimen­sione col­let­tiva. C’è al di là del per­so­nag­gio pub­blico qual­cosa che segue con spe­ciale amore, una fra­gi­lità, e non sol­tanto nell’equazione con l’essere arti­sta, una dimen­sione femminile/femmnista in rivolta con­tro ste­reo­tipi e luo­ghi comuni dell’essere, forse non stig­ma­tiz­zata, istin­tiva, com­bat­tuta con la vita, come stare su quel palco davanti alla folla che non poteva esserci niente altro.

«Le let­tere di Janis, i suoi diari, le cose che diceva ci par­lano di una per­sona con un gran­dis­simo biso­gno di sen­tirsi amata e ammi­rata. È una ragaz­zina degli anni Cin­quanta che non accetta le regole del suo tempo. Si fa cac­ciare dalla scuola, cerca di costruirsi un per­so­nag­gio che la fac­cia notare. Voleva essere bella e invece diventa il ber­sa­glio dei com­pa­gni di liceo … Ciò che amava di più erano i con­certi. Quando can­tava Take a lit­tle piece of my heart sem­brava inten­desse pro­prio quello: prendi un pezzo del mio cuore».

Nel film ha uti­liz­zato mol­tis­simi mate­riali diversi, lettere.scritti, archivi di fami­glia, foto, film dei con­certi, inter­vi­ste a chi le è stato vicino oggi. Quale è l’idea fon­dante che tiene insieme tutto que­sto?
Capire la figura di Janis è stato un lavoro che ha preso molto tempo, al mon­tag­gio e prima ancora durante le ricer­che che sono state molto lun­ghe. E nono­stante tutto non sono sicura di esserci riu­scita. Volevo rac­con­tare l’influenza della figura di Janis non solo sulla sua epoca ma sulle diverse gene­ra­zioni, la sua voglia di vivere, di ridere, il suo umo­ri­smo, quel potere che aveva di met­tere da parte il suo dolore e vivere ogni istante nel pieno della sua inten­sità. Janis sul palco libe­rava ogni sfu­ma­tura del sen­ti­mento, tri­stezza, tra­ge­dia, eufo­ria, gri­dava per tutti gli emar­gi­nati eppure era anche felice. Credo che le sue bat­ta­glie sono state le stesse di qual­siasi ado­le­scente, se pensi oggi alla vio­lenza che c’è sui social media dove ogni sin­golo det­ta­glio può diven­tare molto impor­tante e distrug­gere una per­sona. In fondo siamo sem­pre alla dina­mica che si era sca­te­nata con­tro di lei a scuola, con­tro il suo modo di essere diretta, provocatoria.

C’è qual­cosa di spe­ci­fico da cui è par­tita in que­sta sua ricerca di Janis?
Le sue let­tere sono state un rife­ri­mento pre­zioso per­ché il suo modo i rela­zio­narsi al mondo vi appare con molta chia­rezza. Scri­veva agli amici, alla fami­glia, ai geni­tori, ai suoi amanti. Erano impor­tanti e per que­sto è stato fan­ta­stico che Cat Power abbia accet­tato di «pre­stare» la sua voce a Janis, è lei che le legge (nella ver­sione ita­liana è Gianna Nan­nini, ndr).Ha una tona­lità simile a quella di Janis, e poi anche le loro vite hanno dei punti in comune. Cat come Janis viene da sud, ha lasciato la fami­glia molto pre­sto e in un certo senso è sem­pre stata un outsider.

Il suo sguardo su Janis si con­cen­tra molto anche sulla sua bat­ta­glia di donna, non solo nella musica ma in ogni scelta. Janis rivo­lu­ziona l’immagine fem­mi­nile con una più libera dagli ste­reo­tipi di que­gli anni.

Sì, Janis ha aperto il cam­mino delle donne, è stata la prima donna nel rock, ha inven­tato una nuova moda fem­mi­nile e un’idea di bel­lezza più un modo di essere che legata all’aspetto fisico. Aveva sco­perto molto pre­sto quanto poteva essere cru­dele il mondo maschile … Janis è per­fet­ta­mente den­tro ai movi­menti del suo tempo, che è di grandi cam­bia­menti, la sua voce fa parte della controcultura.

Le sue can­zoni pre­fe­rite di Joplin?
Move Over e Sum­mer­time, anche se spesso cam­bio idea.


(il manifesto, 8/10/2015)

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