29 Giugno 2016
Il Quotidiano del sud

La Beata Maria Celeste Crostarosa

di Franca Fortunato

 

Sabato 18 giugno scorso, mentre l’attenzione dei mass media era concentrata sui ballottaggi alle elezioni amministrative, a Foggia nel santuario della Madonna dell’Incoronazione veniva beatifica una grande mistica meridionale del ’700. Il suo nome è Maria Celeste Crostarosa, madre fondatrice dell’Ordine delle Redentoriste, oscurata dal potere ecclesiastico per tre secoli. Una religiosa poco conosciuta dai più ma che si inserisce nella tradizione della mistica femminile, che ci ha insegnato che a una donna in questo mondo può capitare di tutto, anche Dio. Un Dio sperimentato più che pensato, vissuto in una relazione unica, libera e personale, più che letto; un Dio da cui trarre autorizzazione a dare corso ai propri desideri come fondare monasteri femminili e scriverne le regole, come fecero alcune di loro tra cui la Crostarosa. Nata a Napoli il 31 ottobre 1696 da Paola Battista Caldari e da Francesco, col nome di Giulia Marcella, Madre Celeste entrò nel 1718 nel monastero delle carmelitane scalze di Marigliano, insieme alla sorella Orsola, prendendo il nome di suor Candida del Cielo. Nel 1724, poiché la duchessa Isabella Mastrilli aveva fatto chiudere il monastero di Marigliano, le due sorelle si trasferirono a Scala, in provincia di Salerno, presso il monastero fondato da padre Tommaso Falcoia, suo direttore spirituale, passando alla regola della visitazione. Mentre era ancora novizia, il 25 aprile 1725 ebbe una visione e comprese che Dio voleva che lei fondasse un proprio monastero, con una propria regola, conforme alla vita di Gesù il Salvatore. Con l’appoggio di padre Falcoia ottenne l’approvazione ecclesiastica e con la mediazione di Alfonso Maria de Liguori, vescovo di Ravello, estimatore e compagno spirituale della Crostarosa, ebbe l’autorizzazione a trasformare la comunità di Scala in monastero. Nasceva, così, l’Ordine delle Redentoriste che originariamente si chiamarono Monache del SS. Salvatore. Il 13 maggio 1731 (festa di Pentecoste) le monache adottarono la regola della Crostarosa, che iniziò a farsi chiamare Maria Celeste del Santissimo Salvatore. «Nello scegliere come nome religioso il nome di Maria di Nazareth – scrive Mariagrazia Napolitano, una delle Amiche della Crostarosa – Maria Celeste è la madre divina che vuole incarnare. È lo sguardo divino di Maria che mette all’Opera per riportare lo spirito cristiano alle sue origini e alla sua incarnazione umana. Essere Dio, viva memoria della vita di Cristo. Era questo l’invito che lei rivolgeva alle consorelle, mentre ai fratelli, come S. Alfonso, chiedeva di farne apostolato.» La Crostarosa, raffigurata storicamente seduta a un tavolo nell’atto di scrivere, «concepì, in relazione con il divino, un mondo a misura divina, la Città di Dio, come titolò Padre Capone un suo celebre testo». È Dio che le detta le Regole dell’Ordine Redentorista, che il vescovo Falcoia, a un certo punto, pretende di cambiare. Conseguenza immediata di ciò è l’espulsione, con decreto vescovile, della Crostarosa dal monastero, dopo un periodo di prigionia. Lasciata Scala, passa a Piedimonte, poi a Pareti, per stabilirsi infine a Foggia dove la città l’accoglie con tutti gli onori come Santa Priora. Qui dà vita al Conservatorio del SS. Salvatore secondo il proprio progetto. Frattanto a Scala la comunità da lei fondata continua il suo percorso senza di lei e tutte le suore Redentoriste e i Redentoristi sanno di essere figli di un padre, S. Alfonso.

Il papa nel 1749 approva le regole dei Redentoristi e l’anno dopo quelle delle Redentoriste. Non si tratta però del testo scritto dalla Crostarosa ma di quello riscritto da monsignore Falcoia. L’Ordine delle Redentoriste si sviluppò nel mondo intero partendo da Scala, mentre il monastero di Foggia fu messo ai margini. Questo, infatti, ottiene l’approvazione del re di Napoli e si configura come un monastero regio, con una propria regola, che originariamente fu quella della Crostarosa, ma poi fu rimodellata dal cappellano Maggiore in vista dell’approvazione. Durante l’Ottocento e gran parte del Novecento – come scrive padre Sabatino Majorana, studioso attento della Crostarosa – Madre Celeste e il suo messaggio spirituale si trovarono “confinati” a Foggia e quasi dimenticati non solo dai Redentoristi ma anche dalle stesse Redentoriste. Di tutto questo è emblematico il fatto che, quando tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si tentarono i primi passi per la canonizzazione di madre Celeste, ne furono protagonisti il monastero di Foggia e il canonico Pietro Crostarosa, non l’Ordine o la Congregazione Redentorista, come invece poi è accaduto. Fino agli anni Settanta-Ottanta le suore dell’ordine dicevano: «Non conosciamo la Crostarosa, il nostro fondatore è Sant’ Alfonso». Dagli inizi del ’900 alcuni Padri Redentoristi avevano aperto studi sull’origine materna della loro fondazione. Studi approfonditi avviati da padre Capone e proseguiti da Padre Majorano avevano rivelato che la fondazione dell’Ordine Redentorista era Opera di una Madre, impresa unica nella storia delle fondazioni spirituali cristiane solitamente generate da Padri della Chiesa. In questo percorso, alla fine degli anni ’80, si inseriscono due donne del Centro Ricerca e Documentazione donna di Foggia, Maria Antonella Morrone e Mariagrazia Napolitano, in un rapporto di scambio con un prete ammiratore di Celeste, don Teodoro Sannella che aveva intuito che «per risolvere l’enigma Crostarosa bisognava aprire nella Chiesa la “questione femminile”. E per aprirla serviva il sapere delle donne». Se oggi la Chiesa ha accolto Maria Celeste come Beata è grazie anche all’opera di donne, di ricercatrici, come le Amiche di Maria Celeste di Foggia, che riconoscono in lei un Bene dell’Umanità, e delle suore Redentoriste che operano per farne un Bene della Chiesa, chiedendone il massimo riconoscimento spirituale, la Santità a cui la Beatificazione ha aperto la porta.


(Il Quotidiano del sud, 29 giugno 2016)

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