28 Gennaio 2014
la Repubblica

La chef delle favelas così Regina trasforma gli scarti in piatti bio

 di Carlo Petrini

 

Regina Tchelly De Araujo Freitas è una giovane donna intraprendente che sta lasciando il segno nella realtà gastronomica brasiliana e non solo, con un progetto il cui nome è già un programma: Favela Orgânica. Questa iniziativa vede la realizzazione di piccoli orti biologici all’interno di alcune favelas, tra cui quella di Santa Marta, di Babilônia e del Complexo do Alemão (più di 200.000 abitanti), “pacificate” nel corso di un’operazione voluta dal governo Lula per liberare questi luoghi dalla violenza e dal disagio profondo che le contraddistinguevano. Oltre alla produzione di cibo sano, locale e organico a vantaggio della comunità (chiamata a prendersene cura direttamente), Favela Orgânica ha l’ulteriore particolarità di praticare una cucina che utilizza i prodotti in tutte le loro parti, inclusi gli scarti, per provare a incidere sulle abitudini alimentari delle persone. Lavorando sulla pianificazione degli acquisti e dei consumi, il progetto promuove una riflessione sullo scandalo dello spreco alimentare anche nelle realtà più povere, che nell’immaginario collettivo ne sono immuni ma che purtroppo lo vivono ogni giorno. Lo stile cucinario di Regina, infatti, lungi dall’essere una trovata mediatica è piuttosto figlio della sua estrazione e della sua storia, della necessità di mettere insieme il pranzo con la cena. Quando il cibo è poco, la creatività è l’unica via, e il suo talento è proprio quello di saper creare piatti di una bontà stupefacente con pochissime risorse. In un periodo che mai nella storia della gastronomia vede un proliferare incontrollato e a tratti stucchevole di “eventi gastronomici” di ogni sorta, anche in Brasile, (programmi televisivi, talent show, concorsi di cucina, spettacolarizzazioni varie della figura dello chef), Regina sta interpretando questa ondata con un tratto del tutto personale e particolare, con risultati qualitativi che hanno attratto l’attenzione di buona parte della stampa carioca.

In tutto il mondo, e soprattutto nel continente sudamericano, parlare di gastronomia troppo spesso significa chiudersi in una prospettiva edonistica e ristretta, incapace di tenere conto della complessità del mondo e delle contraddizioni che il sistema alimentare attuale genera in ogni angolo del pianeta. Basti pensare che a fronte di 860 milioni di persone malnutrite, di cui 30 milioni ogni anno muoiono per fame, ci sono un miliardo e mezzo di obesi. Questa è la realtà, ed è una realtà vergognosa proprio perché mai come oggi la gastronomia vive la sua stagione d’oro. Trentadue anni, originaria del nord-est del paese, la zona più povera e arretrata del Brasile, all’età di diciassette Regina si è trasferita a Rio per fare quello che nel secolo scorso facevano molte contadine povere anche in Italia, ovvero andare a prestare servizio presso famiglie benestanti di città per occuparsi della cucina e della cura della casa. Per dodici anni rimane a lavorare nella buona borghesia carioca, e lì affina le sue conoscenze e le pratiche di cucina, mettendo a frutto il suo bagaglio di insegnamenti materni, primo fra tutti la cucina senza sprechi. Nel 2010 sposa la causa del biologico partendo con la realizzazione dei primi orti nella sua favela, Babilônia, e lavorando personalmente nei diversi mercati contadini nati a Rio de Janeiro negli ultimi anni. Inizia ad esibirsi in performance culinarie innovative, presentando ricette inedite a spreco zero. La voce in città inizia a girare e il suo nome diventa sempre più noto. A questo punto il primo salto: con il supporto di Slow Food Brasile incomincia, nella sua piccola casa, a tenere corsi di cucina in cui insegna ai ragazzi a utilizzare tutte le parti dei prodotti, inclusi quelli che normalmente vengono ritenuti scarti, come le bucce della verdura, i semi o l’acqua di cottura di alcuni prodotti. In questo modo l’effetto è duplice: da una parte è forte il messaggio simbolico di limitare al minimo o eliminare completamente lo spreco alimentare, e dall’altra queste pratiche sono una garanzia implicita della “pulizia” della materia prima, che deve essere completamente organica altrimenti non può essere utilizzata in questa maniera.

Nella notte di capodanno Regina ha organizzato una cena per i senzatetto di Copacabana. Mentre imperversavano i festeggiamenti in tutta la città, la condivisione di dolci e musica è stato un ulteriore segnale della gioia e della passione con cui conduce il suo lavoro, e dà la cifra della persona solare che è. Una persona che non agisce se non spinta dal piacere e dalla gioia prima di tutto personale, e che ha il dono di trasmettere un po’ di questa gioia a chi le sta intorno. Il suo lavoro acquisisce un’importanza sempre maggiore per l’impatto che ha sulle comunità urbane povere e nel prossimo mese di giugno verrà aperta una nuova sede per la sua scuola, di fronte alla cappella di Santa Marta, nell’omonima favela che si affaccia su Botafogo e guarda da vicino le spiagge di Leme e Copacabana. Dall’inizio di questa grande avventura, Favela Orgânica è cresciuta sia per efficacia che per diffusione, e oggi è presente anche fuori dallo Stato di Rio De Janeiro, in Pernambuco, Paraíba, Minas Gerais, Ceará e San Paolo, e la stampa brasiliana non ha mancato di celebrarla più volte.

Se l’utilizzo completo della materia prima è da sempre uno dei patrimoni della sapienza culinaria femminile, la novità qui è che, in questo momento di esplosione della gastronomia dell’eccesso, Regina sta seguendo un percorso alternativo importantissimo per riportare il discorso su un giusto piano. Nonostante una classe borghese in ascesa, infatti, il Brasile vede ancora la presenza di un ampio numero di cittadini i quali, anche se affrancati dalla fame, sono tuttavia a rischio malnutrizione e di certo non hanno sempre accesso a un’alimentazione adeguata e di qualità. Il suo modo di intendere il lavoro di cuoca e di gastronoma coniuga il piacere alimentare con l’impegno civile e il coinvolgimento nel benessere della propria comunità, e rientra in un più ampio movimento che si sta sviluppando in tutto il Brasile, con persone e associazioni come Gastromotiva, che forma giovani chef e sostiene progetti di gastronomia sociale in tutto il paese. Nata nel 2006 a San Paolo e recentemente approdata anche a Rio, anche questa associazione ha fatto propria la visione della gastronomia come strumento di inclusione sociale e di integrazione nelle aree urbane più difficili.

L’America Latina sta vivendo un grande rinascimento gastronomico e non solo, e il Brasile è certamente in prima fila in questo processo. La presenza di Regina, di Gastromotiva, della rete di Terra Madre Brasile, sono la migliore speranza che la grande attenzione che verrà riversata qui nei prossimi anni, con due eventi di portata mondiale come i campionati mondiali di calcio nell’estate e le Olimpiadi nel 2016, possa davvero essere un’opportunità anche per coloro che normalmente non possono godere dei benefici di questi grandi appuntamenti. Regina è una grande scoperta, penso che sentiremo ancora molto parlare di lei!

 

(la Repubblica, 28 gennaio 2014)

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