4 Luglio 2014
il manifesto

La memoria è fertile

di  Alessandra Pigliaru

 

Saggi. «Le utopie possibili» di Riccardo Verrocchi: le storie delle madri argentine di Plaza de Mayo in un libro di Sensibili alle foglie

 

«L’unica lotta persa è quella che si abban­dona». Sono ormai tren­ta­sette anni che le Madres di Plaza de Mayo espli­ci­tano in que­sto modo la gran­dezza crea­tiva del loro agire poli­tico. La vicenda delle donne argen­tine che dagli anni ‘70 a oggi rac­con­tano al mondo la pro­pria idea di lotta paci­fica, è pro­ta­go­ni­sta del libro Le uto­pie sono pos­si­bili (Sen­si­bili alle foglie, pp. 223, euro 16). Scritto da Ric­cardo Ver­roc­chi, ha un carat­tere storico-politico piut­to­sto inte­res­sante. Come ricorda infatti Leti­zia Bian­chi nella pun­tuale pre­fa­zione al volume, a essere scan­da­gliata è la col­lo­ca­zione di un’esperienza poli­tica lungo tutto l’arco della Sto­ria che le ha riguar­date. È inne­ga­bile che la misura di que­ste donne sia di straor­di­na­rio fascino; forse è per la richie­sta costante di giu­sti­zia sociale per tutte e tutti, e anche per­ché hanno saputo lavo­rare e tra­sfor­mare il senso della per­dita par­tendo da se stesse. Tut­ta­via, nono­stante il costante rilan­cio, in Ita­lia non sono stati pub­bli­cati così tanti libri sull’argomento; e nep­pure gli scritti delle stesse Madres hanno cono­sciuto sorte migliore nelle tra­du­zioni fino ad ora per­ve­nu­teci. C’è stata però una salda atten­zione, quella che si ado­pera quando il rico­no­sci­mento e la gra­ti­tu­dine si fanno spa­zio per illu­mi­nare pra­ti­che pre­ziose. Ricordo il recente con­tri­buto di Lud­mila Baz­zoni, La vida ven­ciendo a la muerte (L’Iguana, recen­sito su que­sto gior­nale il 2/9/2013) ma anche Le pazze (Bom­piani, 2005) di Daniela Padoan e il volume curato dall’associazione Kaba­wil – di cui anche Ric­cardo Ver­roc­chi fa parte – Sto­ria delle Madres de Plaza de Mayo (Buen­dia, 2013).
Sud­di­viso in tre parti prin­ci­pali, Le uto­pie sono pos­si­bili è cor­re­dato da docu­menti e inter­vi­ste ine­dite ad alcune Madri. Nel primo capi­tolo viene ana­liz­zata la sto­ria dell’Argentina da Videla ai coniugi Kirch­ner. Un qua­dro ben arti­co­lato degli acca­di­menti: il colpo di stato del 1976 e il pro­cesso di rior­ga­niz­za­zione nazio­nale; il per­corso demo­cra­tico avviato nel 1983, il crack finan­zia­rio del 2001 e infine l’elezione pre­si­den­ziale prima di Nestor Kirch­ner nel 2003 — che segna la chiu­sura del decen­nio di Menem – e poi, nel 2007, quella di Cri­stina Fer­nán­dez de Kirch­ner. Al dispo­si­tivo della repres­sione di Videla è invece dedi­cato il secondo capi­tolo. La com­pli­cità inter­na­zio­nale così come la can­cel­la­zione di un’intera gene­ra­zione di gio­vani argen­tine e argen­tini, pun­tella di dolo­rosa urgenza l’avvio dell’opera delle Madres. Ver­roc­chi con­se­gna un utile sag­gio che risi­stema dun­que la nar­ra­zione delle Madres alla luce della tra­sfor­ma­zione, di se stesse e del tes­suto sociale che attra­ver­sano. Inte­res­sante è anche il terzo capi­tolo, ovvero l’analisi di quella che l’autore chiama «memo­ria fer­tile» e che passa dal posi­zio­na­mento delle Madri ai pro­getti cul­tu­rali e sociali come l’Università popo­lare, la mis­sione Sueños Com­par­ti­dos e la for­ma­zione dell’Espa­cio cul­tu­ral nue­stros hijos. La coniu­ga­zione di lotta, resi­stenza e memo­ria è ciò che ne con­trad­di­stin­gue l’attività anche oggi. I labo­ra­tori, così come i libri e le marce della resi­stenza insieme a tutte le ini­zia­tive orga­niz­zate in que­sti anni, inter­ro­gano la qua­lità politico-creativa inces­sante di que­ste donne, che entrano nella sto­ria e la mutano.
L’appendice rac­co­glie diverse testi­mo­nianze. Si può leg­gere una bella inter­vi­sta a Eva Beba Aztarbe de Petrini, un’altra a Giu­seppa Fiore, detta Giu­sep­pina, di ori­gini ita­liane, e la terza a Inés Vásquez, rec­tora dell’Universidad Popo­lar. Ma è nel discorso di Hebe de Bona­fini, pro­nun­ciato in Plaza de Mayo il 30 aprile 2012 in occa­sione del 35° anni­ver­sa­rio dell’associazione, che si sostan­zia il senso di una resi­stenza poli­tica gene­rosa e libera: «Ci sono cose molto forti: il ferro, il bronzo, il marmo. Ma mi sem­bra che più forte del cuore delle Madres non ci sia niente (…) Noi non abbiamo fon­dato niente. Noi Madres abbiamo creato e abbiamo par­to­rito. Abbiamo creato que­sta forma di lotta e di scon­tro senza volerlo e senza saperlo (…) Sen­tiamo la neces­sità di met­tere il nostro corpo e di met­tere quanto di meglio abbiamo per­ché un giorno, quando si par­lerà di noi, si dica che noi Madres abbiamo par­to­rito in con­ti­nua­zione, non sol­tanto figli mera­vi­gliosi, abbiamo par­to­rito feli­cità, giu­sti­zia, amore, com­pren­sione, solidarietà».

 

(il manifesto, 2 luglio 2014)

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