12 Maggio 2022

La questione maschile

di Laura Colombo


Da qualche giorno siamo funestate da notizie a dir poco sgradevoli, come se non bastasse la guerra: il raduno degli alpini a Rimini, che ha scoperchiato una situazione di molestie e abusi nota, ma finora tenuta dalle donne lontano dai riflettori; la minaccia, fortunatamente appena scampata, di annullamento della sentenza Roe vs Wade da parte della Corte Suprema americana; i quotidiani casi di femminicidio.
In questione c’è, come sempre, il corpo delle donne, la sessualità femminile, il tentativo di addomesticare l’ignoto e il perturbante, o si tratta di altro?  A mio parere si tratta di quella che è stata nominata come “questione maschile”. Lo dico perché in questi giorni ho riletto un documento femminista del 1975, anno in cui in Italia infuriava la battaglia politica per la legalizzazione dell’aborto. Riporto un frammento della libera discussione tra donne riunite in assemblea a Milano, che fa comprendere quanto guadagno ha prodotto per le donne l’avvento della libertà femminile: “Con il femminismo ho iniziato questo processo di riappropriazione di me e del mio corpo. Dopo anni ho ricominciato a masturbarmi, a fare delle cose per me, come quando ero bambina, questo mi ha dato la possibilità di rientrare in relazione con mia madre. Anzi prima con le altre donne”. Il fatto che la relazione tra donne sia stata significata al di là del maschile, a partire dal luogo originario del rapporto con la madre, ci ha fatto conquistare indipendenza simbolica che nel concreto significa sessualità femminile libera, rapporti madre-figlia basati su fiducia e stima, libertà di essere e di muoversi nel mondo. Sento la verità di queste parole nel rapporto con mia figlia adolescente, in quello che vedo di lei, che cresce contando primariamente sul rapporto con le sue simili.
Non va tutto bene, però. Il guadagno di libertà femminile ha fatto crollare l’ordine simbolico patriarcale e le conseguenze ci sono, soprattutto per gli uomini. La scorsa settimana, passando di fianco a un capannello di adolescenti, ho colto discorsi goliardici sulle loro fantasie di stupro. Ieri mattina, radio Popolare in sottofondo mandava una serie di commenti maschili sui fatti di Rimini, ed ero sconcertata dalla posizione difensiva e accusatoria, tutta sbilanciata sull’altra, cieca e sorda rispetto alla propria maschilità, che è sempre più tossica.
Se c’è qualcosa che le donne possono fare, è ripartire dalla sessualità per mettere a fuoco la centralità del conflitto tra i sessi e la necessità che questo conflitto si apra nella società. Molte lo stanno già facendo, ci sono tanti collettivi di giovani che si riuniscono e riprendono le pratiche sorgive del femminismo, l’autocoscienza per prima.
Tuttavia, si tratta di una questione maschile e il lavoro più grande spetta agli uomini. Ci sono voci di uomini, ancora poco ascoltate, che da anni riflettono sulla maschilità, per esempio quella degli uomini di Maschile Plurale. Ma non basta, servirebbero degli stati generali della maschilità, una presa di coscienza allargata, una mossa che faccia spostare gli uomini dalla loro posizione egocentrica, quella che chiede disperatamente conferme femminili fino alle molestie e alla morte, per farli arrivare alla presa di coscienza di un cambiamento necessario, da cui possono ripartire per avere una relazione di scambio con le donne. Solo così si può pensare a un lavoro politico che parte dalla vita, dai problemi, dagli scacchi, da quello che per lui è una frustrazione che si trasforma spesso in attacco, un lavoro politico che produca nuovo pensiero, una nuova civiltà, che forse, un giorno, potrà vedere la luce.


(libreriadelledonne.it, 12 maggio 2022)

Print Friendly, PDF & Email