30 Maggio 2014
Io Donna - magazine Corsera

La ragazza che comanda i Masai con libri e matite

di Emanuela Zuccalà

Il grande albero protettore delle sue notti di paura sta ancora lì, a presidiare i sentieri della sua infanzia. Nice l’osserva con antica gratitudine, forse pensando che sia l’unico personaggio rimasto inerte in questa savana ventosa nel sud del Kenya, sorvegliata dal Kilimanjaro che appare e scompare dietro la corsa delle nuvole. Per spiegarci la rivoluzione che dal villaggio Masai di Nomayianat sta investendo l’intera area, Nice torna indietro di 15 anni, quando lei era una piccola orfana che sgattaiolava fuori da casa dello zio per scomparire sotto l’acacia, in attesa che l’aurora facesse dimenticare la sua assenza nel conteggio delle bimbe da “tagliare”.

Per due volte s’è sottratta così all’emuatare, il sanguinoso rito di passaggio all’età adulta per le femmine. “Sapevo che avrei pianto, condannando la mia famiglia alla vergogna. Durante la circoncisione, le bambine Masai devono stare zitte e ferme sulla pietra, senza muovere neppure gli occhi, altrimenti nessuno le sposerà. Per non fuggire all’infinito, affrontai mio nonno, il capofamiglia: “Ho solo 8 anni” gli dissi, “devo finire la scuola”. Lui, sbalordito, cedette”. Oggi Nice Nailantei Leng’ete è una 23enne alta e sinuosa, prossima alla laurea in Management sanitario e convinta che bastino un sogno e una testa dura per ribaltare il mondo. Lei c’è riuscita qui, nella società patriarcale dei pastori Masai che colorano il paesaggio attorno alla città di Loitokitok.

Impegnata fin da adolescente con l’organizzazione sanitaria Amref, ha trovato la chiave dello sviluppo esorcizzando il suo spauracchio di bambina: il “taglio”. “Se sei circoncisa, anche se hai solo 8 anni, sei una donna: devi sposarti e fare figli. Abbandonerai la scuola e non saprai fare nulla, perpetrando l’inerzia della comunità”. La ragazza istruita, al contrario, “porta più mucche”, è lo slogan semplice che ha fatto capitolare gli anziani Masai. il kenya è uno dei 28 paesi africani in cui la mutilazione genitale femminile permane. Riguarda il 27 per cento delle donne, una percentuale che arriva al 73 per cento tra i Masai: se all’uomo concedono la poligamia, l’escissione del clitoride e delle piccole labbra è garanzia di monogamia per la donna. Il governo kenyano l’ha vietata nel 2001 inasprendo le pene nel 2011, ma entro i confini dei boma, gli accampamenti rivolti al Kilimanjaro, l’unica legge è sancita dagli anziani nel solco della tradizione.

Proprio a loro Nice ha illustrato che l’escissione porta paralisi collettiva, indigenza, maternità a rischio, ed è stata presa per matta. “Una ragazza che criticava una pratica antica come il mondo!” ricorda. Ma lei non ha avuto fretta e, dopo un anno di riunioni e sorrisi, ha persuaso sia i vecchi sia i giovani guerrieri Moran. “L’abbiamo ascoltata perché è una di noi” dice Lemura Nkolepo, anziano di Nomayianat appoggiato all’esiere, il bastone del potere maschile, “e confidiamo che la novità porti prosperità”.

In un’etnia semi-nomade da sempre impermeabile al moderno per non dissipare la propria identità, avanzano pensieri inaspettati. “Da quando le donne partecipano all’economia, tutto funziona meglio” spiega Douglas Meritei, giovane Moran. “Siamo la prima generazione con mogli non circoncise: ci piace essere protagonisti di una rivoluzione”. L’eco internazionale non è tardata: Nice ha tenuto una Ted Conference ad Amsterdam e un discorso alla Clinton Global Initiative di New York, e dal 5 maggio sarà in Italia come testimonial di Amref per la salute femminile in Africa (vedi riquadro a fianco). Intanto, nei suoi fascianti abiti tradizionali, cammina per la savana salutata da principessa capace di bizzarre alchimie, come sottrarre all’escissione 621 ragazze grazie a un “rito di passaggio” alternativo che rispetta gli usi Masai mondandoli dal sangue.

“Siamo diventate donne senza dolore” racconta Anita, 15 anni, nella scuola di Inkariak Ronkena. “La cerimonia è identica a quella tradizionale, con danze e sacrifici di capre, ma non c’è il taglio. Gli anziani benedicono i nostri libri per incoraggiarci a studiare e, prima della festa, seguiamo un corso di educazione sessuale e diritti delle donne”. Per Anita non è stato facile: sua nonna insisteva per sottoporla alla lametta che aveva marchiato tante coetanee. Invece ora è qui, nel prato assolato della scuola, a confidare che farà il giudice “per punire chi ferisce le ragazze” e, con le amiche Eunice e Sylvia, indossa la divisa verde con l’orgoglio della conquista. “L’istruzione è la nuova circoncisione, il vero passaggio all’età adulta” recita un altro slogan di Nice. “Solo studiando, una bimba diventerà la donna dei propri sogni”.

Nel distretto di Rombo, in cima a un interminabile sterrato, incontriamo un gruppo di donne adorne di perline che affiancano Nice nel sostegno alle ragazze. “Siamo tutte circoncise” esordisce Anastasia Mashidana, 38 anni e 6 figli, oltre a 5 bimbe che ha salvato dalla mutilazione. “Tutte abbiamo avuto complicazioni al parto, e c’è un’altra cosa che le ragazze devono sapere: l’escissione elimina il piacere sessuale”. Le altre scoppiano in risatine d’imbarazzo, ma Anastasia persevera nel chiarire il concetto. “Il clitoride è come lo starter di una moto: se non c’è, la moto non parte. Vogliamo per le nostre figlie, oltre alla salute, una sessualità consapevole e amore per il proprio corpo”. Il congedo è una danza sulla terra rossa tra canti acuti in onore di Nice, ambasciatrice di un’Africa finalmente libera dal cliché dell’immobilismo.

 

(Io Donna – magazine Corsera, 30/04/2014)

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