di Silvia Niccolai
L’autrice, ordinaria di diritto costituzionale all’Università di Cagliari, spiega perché Lorenza Carlassare, prima donna in Italia a ricoprire la cattedra di diritto costituzionale, sarebbe un ottimo Presidente della Repubblica.
Il Capo dello Stato è un potere politicamente irresponsabile, che non deve portare suoi indirizzi politici, ma, e ben diversamente, saper favorire dinamiche costruttive e corrette tra i partiti e tra le istituzioni. Le qualità richieste a un Presidente che sappia stare dentro le sue attribuzioni sono enormi, ma di un genere che può coesistere con opinioni e biografie anche molto diverse.
Chi è investito della responsabilità di calare nei contesti del presente i principi costituzionali non dovrebbe mai scambiarli con le sue proprie convinzioni: più di queste contano dunque l’umiltà, direi anche l’altruismo, certo la misura. Lasciar essere ciò che pure non si condivide, se questo qualcosa è riconoscibile come corretto; e opporsi a ciò che corretto non è significa saper porre limiti, ad altri, e in primo luogo a se stessi. Ci vuole imparzialità di giudizio, generosità, apertura mentale, ciò che non solo suppone tanta forza di carattere e notevolissime doti intellettuali e morali, ma soprattutto amore per la politica: per capire l’opportunità trasformativa dei conflitti, delle crisi, dei dissensi, e accompagnarli senza forzarne gli esiti. Consapevolezza dei nodi irrisolti della nostra storia, nei quali rischiamo altrimenti di venire risucchiati, ma che nessuno può affrontare da solo. Doti intermediarie, infine, per saper dialogare coi partiti e facilitare il dialogo tra loro: richiedono un saldo senso di isonomia, che impedisca di sentirsi superiori.
Dove trovare personalità di questa caratura, capaci di generare negli altri libertà? Se la nostra vita politica ne avesse prodotte in abbondanza, non saremmo al punto in cui siamo. Ma perché non lo ha fatto, forse perché mancano gli esempi? La mia amica Pierluisa Castiglione, sceglierebbe in effetti Rodotà proprio per dire che «contro questi uomini ci vuole un uomo che dimostri che si può essere uomo in modo del tutto diverso». Anch’io penso che la Repubblica soffra la latitanza di certe virtù virili, cemento del senso civico, come l’orgoglio di sé che ti rende consapevole dei tuoi diritti, e dei tuoi doveri, ceduto a una vile solidarietà obbediente barattata con piccoli vantaggi davanti a uno più grosso. Una donna Presidente cambierebbe qualcosa solo se la sua differenza le fosse servita a non farsi fagocitare in questo, e non mi stupisce che alcune della Libreria delle donne di Milano, come mi dice Clara Jourdan, prediligerebbero Lorenza Carlassare.
La prima ordinaria di diritto costituzionale in Italia è stata per esempio tra i pochissimi a criticare l’accondiscendenza della Corte verso Napolitano nel conflitto sollevato contro la procura di Palermo l’estate scorsa. Mi piacciono questi esempi, altri che se ne potrebbero fare e se ne fanno; ammetto però che per me sarebbe una bellissima cosa se la nostra classe politica riuscisse a trovare proprio dentro di sé la persona che, alla fine del settennato, scopriremo che era quella che ci voleva.