di Luca Fazio
«Enrico Letta guardi questi morti, l’immigrazione non è un’emergenza, esisterà per decenni, dobbiamo smetterla con l’ossessione di respingerli»
«Smettiamola, smettiamola». In Italia c’è un solo rappresentante delle istituzioni che in un momento come questo ha il diritto di dire come la pensa sull’immigrazione, perché sa di cosa sta parlando. Gli altri oggi piangono, piangono tutti, ma sono lacrime di coccodrillo. Nella migliore delle ipotesi. Si chiama Giusi Nicolini, ed è la sindaca di Lampedusa. Più che dare il nobel per la pace ai lampedusani, lo meritano ma ne farebbero volentieri a meno, bisognerebbe nominarla ministro dell’immigrazione e darle pieni poteri. Non è la prima volta che Giusi Nicolini piange da sola davanti ai morti imbustati sul molo della «sua» isola. Non è la prima volta che il suo grido di dolore viene ignorato da tutti, in Italia e in Europa.
Nell’agenda del governo delle larghe intese, nemmeno dopo la storica visita di papa Bergoglio, non c’è un solo appunto per rivedere le politiche migratorie del paese.
Se fossero vivi, quei cadaveri che oggi tutti piangono si chiamerebbero «clandestini» e per molti di loro si aprirebbero le porte delle prigioni per stranieri (Cie). E la legge Bossi-Fini è ancora lì, e ai banchetti dove si raccolgono firme per la sua abrogazione non c’è la fila dei politici che in queste ore si stanno facendo riprendere con il viso contrito. Giusi Nicolini lo sa, «l’Italia ha normative disumane: tre pescherecci sono andati via perché il nostro paese ha già processato i pescatori che hanno salvato vite umane per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Il governo deve cancellare subito questo reato».
Già, il governo. Questo, gli altri. Di centrodestra, di centrosinistra. Pieni di cattolici che adesso pendono dalle labbra di papa Francesco. Pare che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ieri mattina abbia ricevuto un telegramma che è come uno schiaffo: «Venga a Lampedusa a contare i morti». Lo ha invitato Giusi Nicolini. Quello che gli dirà lo ripete da anni, è stata costretta a ripeterlo anche ieri. «Accanto al profondo dolore c’è lo sgomento e la rabbia per l’atteggiamento delle istituzioni italiane e dell’Europa che continuano a considerare il fenomeno dei migranti come un’emergenza. I migranti arrivano sulle nostre coste da anni e continueranno a farlo ancora per molto tempo. È evidente che occorrono scelte politiche diverse. Se le istituzioni non interverranno subito, saranno inevitabilmente complici di questo assurdo e vergognoso eccidio».
La sindaca di Lampedusa ha una idea forte che è un dovere morale, la creazione di corridoi umanitari, «siamo noi che dobbiamo fermarci nell’ossessione di respingerli». Chissà se riuscirà a convincere il presidente Giorgio Napolitano, che ancora ieri, affranto, suggeriva di pattugliare le coste dei paesi da dove i migranti scappano dalle guerre, oppure il ministro degli Interni Angelino Alfano, che mai si è occupato di immigrazione e che al massimo riesce a indignarsi da Bruno Vespa se gli stranieri reclusi nei centri di detenzione incendiano i materassi per disperazione.
I politici adesso vedranno un bel mucchio di cadaveri, e per non disperare la sindaca Giusi Nicolini in cuor suo deve crederci ancora: «Chiunque vedrà questi morti allineati sulla banchina, penserà ciò che sto pensando io: perché non li mandano a prendere vivi? Smettiamola, smettiamola…».
(il manifesto, 4 ottobre 2013)