15 Maggio 2014
il manifesto

La teatralità del corpo femminile

di Giovanna Zapperi

 

Il con­torno del corpo nudo di un’anziana donna, gli occhi spa­lan­cati e lo sguardo atter­rito, una pistola pun­tata alla tem­pia, un’altra verso di noi che la guar­diamo: Tu o io. Que­sta tela del 2005 è tra le più emble­ma­ti­che del lavoro di Maria Las­snig, dipinta quando l’artista era già ultraot­tan­tenne, a testi­mo­nianza di un lavoro che non ha mai ces­sato di esplo­rare le «sen­sa­zioni interne al corpo» attra­verso la pittura.

Maria Las­snig si è spenta la set­ti­mana scorsa, a 94 anni, nella sua nativa Austria, pro­prio men­tre il MomaPs1 di New York la cele­bra con una retro­spet­tiva (visi­ta­bile fino al 25 mag­gio). Leone d’oro alla car­riera all’ultima Bien­nale di Vene­zia insieme a Marisa Merz, Maria Las­snig è tra le figure più impor­tanti della pit­tura con­tem­po­ra­nea, la cui atti­vità attra­versa un arco di tempo di circa sette decadi. L’immagine del corpo fem­mi­nile nelle diverse età della vita, l’autorappresentazione, l’ambivalenza tra il vedersi e l’essere viste sono i temi ricor­renti di que­sta straor­di­na­ria pit­trice che ha pen­sato il corpo nelle sue iscri­zioni socio-politiche e di genere.

For­ma­tasi all’Accademia di arti appli­cate di Vienna durante la seconda guerra mon­diale, Maria Las­snig si lascia pre­sto alle spalle il rea­li­smo pit­to­rico allora domi­nante in Austria e, gra­zie ad una borsa di stu­dio, si tra­sfe­ri­sce a Parigi nel 1951, dove fre­quenta André Bre­ton, Paul Celan e Ben­ja­min Peret avvi­ci­nan­dosi alle ten­denze pit­to­ri­che del momento – tra tachi­sme, infor­mel e sur­rea­li­smo. Con­ti­nuerà a tran­si­tare tra Vienna e Parigi fino al 1968, quando sce­glie di sta­bi­lirsi a New York, «paese delle donne che hanno forza», dove rimarrà fino al 1980 e dove si apre al cinema d’animazione, con­ti­nuando instan­ca­bil­mente a dipingere.

È in que­sti anni che emerge tutta la dimen­sione dirom­pente della pit­tura di Maria Las­snig, che ha saputo rein­ven­tare una forma espres­siva così impre­gnata da una tra­di­zione mil­le­na­ria a par­tire da un posi­zio­na­mento come donna e pit­trice. Il 1980, anno del suo rien­tro in Austria, è anche quello del rico­no­sci­mento, sep­pur tar­divo, del suo lavoro: viene chia­mata – a 61 anni – ad occu­pare la cat­te­dra di pit­tura dell’Accademia di Arti Appli­cate di Vienna. È la prima volta che un’accademia di lin­gua tede­sca affida l’insegnamento della pit­tura ad una donna. Nello stesso anno, Maria Las­snig rap­pre­senta l’Austria alla Bien­nale di Vene­zia insieme a Valie Export, un acco­sta­mento che evi­den­zia il signi­fi­cato fem­mi­ni­sta della sua esplo­ra­zione del corpo e dell’identità femminile.

Las­snig con­si­de­rava se stessa come il tema cen­trale del suo lavoro. La sua pit­tura è foca­liz­zata sull’osservazione della pre­senza fisica del corpo attra­verso la nozione di «con­sa­pe­vo­lezza cor­po­rea della pit­tura» (Kör­per­bewus­stsein­sma­le­rei). Il suo stile diretto, non privo di iro­nia e di una certa tea­tra­lità, si esprime attra­verso colori a con­tra­sto che accen­tuano i contorni.

In una recente inter­vi­sta, Las­snig spie­gava come il suo modo di lavo­rare fosse fon­dato sull’esigenza di eva­cuare l’atto pit­to­rico da ogni inten­zio­na­lità, in modo da man­te­nere il con­tatto con la pro­pria espe­rienza cor­po­rea: «L’unica inten­zione è quella di sen­tire il modo in cui mi pongo di fronte alle tela in quel pre­ciso momento. E poi vado nei det­ta­gli. E ovvia­mente devo dar­gli forma – per­ché le emo­zioni non hanno forma; è una dis­se­mi­na­zione». Una pit­tura che lei stessa defi­ni­sce «dra­stica», come qual­cosa che arriva all’improvviso: l’incontro impre­vi­sto tra un’immagine e un’emozione.

(il manifesto, 15 maggio 2014)

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