di Alessandra Pigliaru
Post patriarcato. Un’intervista con la filosofa tedesca Heide Göttner-Abendroth. L’antropologa femminista è in Italia per presentare il suo importante volume «Le società matriarcali»
Rispetto al senso comune che spesso confonde il matriarcato con un «domino delle madri», esiste una storia del concetto differente. Il termine matriarcato significa infatti «all’inizio le madri», dal più antico significato di arché che concerne l’interrogazione dell’origine, dell’inizio – sia della vita biologicamente intesa che della comunità sociale -, sottraendosi alla prevaricazione di un genere sull’altro. Ciò perché il matriarcato non ha mai necessitato di sopraffazioni egemoniche sui viventi e ha avuto una esplicitazione storica ben diversa da quella del patriarcato. È in questa stringente logica della definizione che vanno letti gli esiti assunti dai moderni «Studi Matriarcali» fondati alla fine degli anni Settanta dalla filosofa tedesca Heide Göttner-Abendroth e che risultano centrali nel dibattito contemporaneo internazionale sul tema. Rispetto agli studi precedenti, per la filosofa si tratta di osservare modelli sociali antichi (che dalla più nota forma sud-asiatica si sono diffusi in India, Persia, Egitto e nelle zone del Mediterraneo orientale, compresa la Grecia) e di verificare l’esistenza di società matriarcali che ancora persistono indicando pratiche ed elementi capaci di interrogare le attuali società occidentali. Dotati di una salda struttura teorica e pratica, gli studi matriarcali sono dunque da considerarsi nella forma di ricerca socio-culturale critica. Il primo approccio di Göttner-Abendroth risale al 1978, quando propone una metodologia per indagare i matriarcati, fondata sul doppio binario dell’interdisciplinarietà e della critica radicale all’ideologia patriarcale. Nel suo primo lavoro del 1980, Die Göttin und ihr Heros (The Goddess and Her Heros, 1995), studia le trasformazioni della mitologia matriarcale ricollocandola nelle diverse fasi storico-sociali. È tuttavia nell’opera in più volumi, Das Matriarchat comparsa tra il 1988 e il 2000, che approfondisce i modelli strutturali matriarcali sotto il profilo sociale, politico ed economico per estenderli poi a livello culturale. La forma matriarcale di una società prevede un’economia bilanciata, cioè la distribuzione dei beni e la mutualità economica; a livello sociale, la discendenza matrilineare all’interno di un contesto di orizzontalità non gerarchica; infine, una forte inclinazione spirituale che attraversa ogni aspetto della vita e che poggia sul divino femminile. Da qualche anno a questa parte gli studi matriarcali conoscono una fortunata ricezione anche in Italia grazie ad alcune associazioni di donne che instancabilmente portano avanti diverse iniziative e interessanti e utili libri, come Matriarché a cura di Francesca Colombini e Monica Di Bernardo. Heide Göttner-Abendroth è stata in Italia (Verona, Pistoia, Milano, Bologna, Torino e Bolsena) per discutere delle sue ricerche. Il 9 ottobre ha presentato il suo volume tradotto in italiano Le società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo (Venexia, pp. 712, euro 28) alla Casa internazionale delle donne di Roma e il giorno seguente, sempre nella stessa sede, ha tenuto un workshop con la partecipazione di Geneviève Vaughan, filosofa dell’economia del dono, e Cecile Keller, esperta di medicina matriarcale.
Perché parlare di matriarcato oggi?
Le società matriarcali possono insegnarci a superare il distruttivo mondo tardo-patriarcale che stiamo vivendo oggi. Sono forme matricentriche che si fondano sull’uguaglianza tra i generi e sulla collaborazione tra le generazioni. In questo senso sono società egualitarie che non possiedono gerarchie né classi e nessun genere domina sull’altro; non sono un rovesciamento del patriarcato, come il solito errore di interpretazione prevedrebbe. Sono basate su valori materni come il prendersi cura, il nutrimento, la centralità del materno, la pace attraverso la mediazione e la non violenza; sono valori che valgono per tutti: per chi è madre e per chi non lo è, per le donne e per gli uomini. Il concetto matriarcale della centralità del materno non è corrisponde a quell’immagine romantica spesso veicolata dal patriarcato, di una finzione che svaluta i valori materni per farli apparire alla stregua di questioni sentimentali. Le società matriarcali, in linea di principio sono orientate verso il bisogno invece che verso il potere, sono più realistiche perché consapevoli del valore materno, che è molto più appropriato alla condizione umana rispetto al patriarcato che tende a sopprimere le donne, e in particolare le madri.
Ha insegnato all’università ma il discorso sul matriarcato necessitava di una radicalità politica difficilmente percorribile dentro l’accademia. Qual è stata la sua esperienza?
Dopo aver completato il mio dottorato di ricerca in filosofia all’Università di Monaco, ho lì insegnato filosofia della scienza per dieci anni. Poi ho lasciato il sistema universitario, perché avevo trovato un compito molto più importante e socialmente rilevante. Nel 1976, ho iniziato un lavoro pionieristico, insieme alle mie colleghe, fondando gli Women’s Studies in Germania, e in questo contesto ho presentato per la prima volta un’illustrazione della mia ricerca sulle società matriarcali. Avevo iniziato a sviluppare una teoria delle società matriarcali già da quando avevo 25 anni, utilizzando tutte le biblioteche delle diverse discipline e viaggiando molto per visitare diversi siti archeologici. Dal 1983 in poi, mi sono dedicata completamente a questo compito che non era riconosciuto da nessuna università in Germania e in Europa. Ma un altro pubblico era molto interessato: il mio libro ha segnato l’inizio della discussione sulle società centrate sulle donne e sul matriarcato nella seconda ondata del movimento femminista tedesco, per diffondersi successivamente in tutto il mondo grazie alle tante donne che si sono mostrate fortemente interessate.
Propone una metodologia precisa tra teoresi e prassi e ripercorre brevemente anche i primi tentativi «tradizionali» sul matriarcato. Che cosa non ha funzionato in quelle analisi?
Ero ben consapevole che questo dibattito aveva avuto una lunga tradizione in Europa, andando indietro per quanto riguarda il lavoro dello storico della cultura JJ Bachofen, che è uscito nel 1861, e all’estero con la famosa opera antropologica di HL Morgan del 1851. Per più di un secolo, la discussione sul diritto materno e sul matriarcato ha proseguito: questo tema era stato usato e abusato da tutte le scuole intellettuali di pensiero, ognuna con il suo diverso e netto punto di vista. Quello che mi preoccupava di più di questa ricezione delle idee sul matriarcato era la totale mancanza di una chiara definizione della questione, la mancanza di una metodologia di sviluppo e soprattutto di un quadro scientifico teorico. Così è accaduto che l’immagine di essenza della donna in quel periodo si è insinuata nell’idea di matriarcato, e una quantità enorme di emozioni legate tuttavia all’ideologia patriarcale sono state coinvolte nella discussione. Questa combinazione di definizioni poco chiare, emotività eccessiva e pregiudizio patriarcale, si verifica ancora oggi quando si avviano riflessioni sull’argomento. Dopo aver intuito quanto l’argomento sia stato distorto, ho deciso di indirizzare la ricerca verso tutte le forme di società non patriarcali, sia passate che presenti, di definire quindi un moderno fondamento scientifico basato su una definizione nuova e adeguata di matriarcato. Questa è stata la creazione dei «moderni studi matriarcali», un nuovo campo di conoscenza che è critico dell’ideologia patriarcale.
In che modo il matriarcato può essere considerato un movimento di liberazione per donne e uomini? Ha in mente pratiche precise?
Sta diventando sempre più chiaro che questo modello culturale radicalmente diverso avrà grande importanza per il futuro delle donne, delle madri e degli uomini, cioè del genere umano in generale. Nella vita sociale, ciò significa sfuggire alla crescente frammentazione della società – laddove siamo trascinati verso il basso in uno stato di separazione e solitudine che ammala. Piuttosto, significa sviluppare strutture che promuovono diversi tipi di comunità intenzionali o di affinità, come comuni, alleanze di vicinato e reti sociali. Il principio matriarcale è che ciascuno dei gruppi basati su affinità politiche e di intenti è generalmente avviato, sostenuto e condotto da donne. I criteri determinanti sono le esigenze delle donne e dei bambini, che sono il futuro dell’umanità (rispetto alle aspirazioni di «potenza» e «virilità» degli uomini). Nei nuovi matri-clan gli uomini saranno pienamente integrati, ma secondo un sistema di valori diverso, cioè quello basato sulla cura reciproca e l’amore. L’economia quindi non potrà più rincorrere l’ulteriore aumento della grande industria, delle espansioni militari e del cosiddetto «livello di vita», perché verrà considerato il pericolo della completa distruzione della biosfera e della vita sulla terra. Ne deriva quindi una prospettiva alternativa; in combinazione con una economia del dono e di sussistenza locale e regionale che darebbe indipendenza economica alle persone. La qualità della vita ha precedenza sul concetto di quantità.
Riconosce la massima importanza degli studi portati avanti dai ricercatori indigeni sulle proprie società. Come è cominciata questa collaborazione?
Durante i miei numerosi viaggi ho incontrato persone provenienti da diverse società matriarcali ancora esistenti, e alcuni di loro sono studiosi che stanno facendo ricerche sulla propria società. Molti di loro apertamente chiamano le proprie società matriarcali, così come gli Irochesi del Nord America, i Minangkabau di Sumatra (Indonesia), e i Moso della Cina occidentale. I loro studi si intersecano con gli studi femministi in questo campo, e come le femministe, sono molto critici verso l’ideologia patriarcale che ha pesantemente distorto la comprensione delle loro società.
Ha visitato i Moso nel sud-ovest della Cina. Come è stato incontrarli?
È stato magnifico incontrare persone che vivono ancora pienamente le loro tradizioni matriarcali. Sono ben consapevoli che i modelli patriarcali stanno lavorando a danno delle donne in Cina. Così, la maggior parte dei Moso – come altri popoli matriarcali – tengono strette le loro tradizioni, anche se sono pesantemente oppressi dal governo cinese centrale. La mia amicizia con loro e con altre donne e uomini matriarcali ha proseguito nel corso degli anni. Uno dei risultati è stato la realizzazione di tre grandi congressi, dove hanno presentato il loro modo di vivere. Così, nel 2003, il primo congresso mondiale sui moderni studi matriarcali ha avuto luogo in Lussemburgo e ha riunito per la prima volta studiosi internazionali e indigeni, che fino a quel momento avevano lavorato sul tema in un certo isolamento. Nel 2005, il secondo congresso mondiale ha avuto luogo negli Stati Uniti, e ha riunito un maggior numero di studiosi matriarcali indigeni arrivati dall’Asia, dall’Africa e dalle Americhe. Il terzo grande congresso, svoltosi nel 2011 in Svizzera, è stato dedicato alla Politica Matriarcale, e studiosi occidentali, indigeni e attivisti politici si sono incontrati per discutere di pratiche basate sui risultati delle conferenze precedenti, per rendere la saggezza matriarcale uno stile di vita fruibile per il presente. In questo modo, insieme a eccellenti donne e uomini impegnati in tante parti del mondo, il paradigma matriarcale ha cominciato a circolare e continua a svilupparsi. Si tratta di una prospettiva completamente nuova della società e della storia. Tutti i contributi di questi congressi sono stati pubblicati in inglese nel libro Societies of Peace (2009) e su web: www.kongress-matriarchatspolitik.ch.
(il manifesto, 15 ottobre 2014)