16 Febbraio 2014
Il Sole 24ore

L’amore, che cosa irragionevole

di Christine de Pizan

 

Sicuramente una tale giustificazione non vale nulla, salvo il rispetto dovuto alla vostra persona e alle donne che parlano in questo modo: folle colui che appicca il fuoco in casa propria per incendiare quella del vicino. Al contrario, se colei che ha un tale marito lo sopporta con pazienza, senza avvilirsi, codesta accresce per questo motivo il merito della propria anima e la rinomanza del proprio onore. Per quanto riguarda il piacere, senza dubbio una nobildonna, così come tutte le donne, se lo desidera, può trovare innumerevoli piaceri consentiti e onesti per passare il proprio tempo fugando la malinconia, senza bisogno di darsi a tali amori.

Quelle che hanno dei fanciulli, quale piacere più dolce e più delizioso potrebbero desiderare di quello di approfittare della loro compagnia? Badare che siano ben educati e istruiti, come si conviene al loro rango e condizione, educare le proprie figlie in modo che, a partire dall’infanzia, esse si abituino a condurre una vita onesta e saggia? Aimè, se la loro madre non è davvero saggia, che esempio darà alle proprie figlie?
Resta ancora da discutere, mia carissima dama, dei pericoli e degli scogli che risiedono in questi amori, e sono innumerevoli! Il primo e più terribile, è che si offende Dio. In secondo luogo, se il marito o la famiglia arrivano ad accorgersi di qualcosa, la donna è perduta o cade nella vergogna, e mai più vi si risolleva. Supponiamo che questo non accada, ammettiamo anche in favore degli amanti che siano tutti fedeli, discreti, sinceri (ciò che non è proprio il caso: ciascuno sa che sono d’abitudine ipocriti e che per ingannare le dame fanno promesse menzognere che non hanno assolutamente in animo di mantenere); è gioco forza constatare che l’ardore di questi amori non dura a lungo, nemmeno per i più fedeli, e questo è innegabile.

Ah, Signora, che cosa credete che succeda quando questo amore si affievolisce e la dama, che si è lasciata accecare sotto l’influenza di un piacere sfrenato, si pente amaramente, ritornando in sé, al pensiero delle follie e dei pericoli di tutti i tipi nei quali si è precipitata mille volte? Come desidererebbe, a qualunque prezzo, che tutto questo non sia mai accaduto, e di non essersi mai macchiata di una tale colpa! Senza dubbio non sapreste concepire il profondo pentimento e il penoso tormento che le pesano sul cuore. Inoltre, voi, così come le altre dame, potete constatare la follia insita nel gettare il proprio onore e la propria persona in pasto ai maldicenti, e nel riporli nelle mani di cavalier serventi, poiché è così che questi si designano! Ma il risultato di questo servizio, nonostante vi abbiano promesso e giurato di mantenere il segreto, è che generalmente le loro lingue si sciolgono e, alla fine di questo amore, molto spesso il biasimo e le calunnie si riversano sulle dame. È così che esse cadono in schiavitù.

Ecco il risultato di questo bel servizio d’amore! In più, i domestici che condividono i vostri segreti e nei quali avete riposto la vostra fiducia, credete davvero che tengano a freno la lingua a dispetto dei giuramenti che voi avrete fatto loro prestare? Dio! Che schiavitù per una dama, e per qualsiasi donna di ogni condizione, il giorno in cui ella non oserà redarguire o biasimare il proprio servitore o la propria fantesca, supponendo che li sorprenda nell’atto di causarle un grave torto, poiché sa di essere in loro potere, e il giorno in cui li vedrà così arroganti che non oserà proferire una sola parola, ridotta a subire da costoro ciò che non tollererebbe da nessuno.
Signora umilmente riverita, che dire ancora? Come non si potrebbe sondare un abisso, tenetelo bene a mente, così non si saprebbero enumerare tutti i pericoli minacciosi che cospargono il cammino della vita amorosa, siatene persuasa. Per queste ragioni, carissima signora, evitate di proseguire in un siffatto pericolo, e se un pensiero simile vi ha sfiorato, per l’amore di Dio, evitate di cedervi prima che mali molto più gravi vi opprimano: è meglio presto che tardi, e meglio tardi che mai. Potete già ora immaginarvi quali voci nascerebbero se persistete nella vostra condotta, che è già stata notata e fa sparlare in ogni dove.

Che dire di più, se non supplicarvi umilmente, per quanto mi è possibile, di non volermene per questi intenti, ma di considerare seriamente le buone intenzioni che me li dettano? Per provarvi la mia buona fede, vi confesso che desidero molto di più fare il mio dovere avvertendovi lealmente, con il rischio di attirarmi il vostro scontento, piuttosto che guadagnare la vostra compiacenza consigliandovi la vostra distruzione, o tacendovela.

Prego Dio che vi regali una vita lunga e felice e vi accordi il paradiso.
La vostra devotissima serva
Sibylle de Monthaut, dame de la Tour.
(traduzione di Chiara Pasetti)

 

(Il Sole 24ore, 16 febbraio 2014)

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