14 Novembre 2014

Lampedusa da Porta d’Europa ad avamposto militare?

di Giusi Milazzo

 

Per il quarto anno consecutivo donne e uomini della rete delle Città Vicine (6 donne e un uomo), abbiamo partecipato al LampedusaInFestival che si è tenuto nell’isola dal 25 al 30 settembre 2014, invitate/i dall’associazione Askavusa che ogni anno organizza questo festival di “comunità, migrazioni, lotte, turismo responsabile e storie di mare”.

Proprio la nostra presenza attenta, partecipe e continuata mi porta a fare alcune riflessioni a proposito della conduzione del governo locale dell’isola. Qualche anno fa abbiamo salutato in tante e tanti con entusiasmo l’elezione di Giusi Nicolini, una sindaca ambientalista e sensibile alla guida di un’isola che ci è cara e che ha ormai una forte carica simbolica (basti pensare alla sua denominazione di Porta d’Europa). Anni di immigrazione, sbarchi e naufragi hanno fatto di quest’isola del Mediterraneo un luogo che evoca la vita, la speranza, la solidarietà ma anche la morte, l’egoismo, la disperazione. Un luogo in cui si susseguono troppe passerelle mediatiche, convegni e manifestazioni che lasciano spesso la popolazione estranea, distante, facendola sentire strumentalizzata. Mi chiedo a questo proposito se non sia necessario che un luogo così sensibile in cui abitano donne e uomini che hanno dimostrato di sapere cosa sia il coraggio e la disponibilità nei confronti dei e delle migranti, venga trattato con rispetto e delicatezza da quanti pensano di avere il verbo o la verità in tasca, sbarcando nell’isola come quei missionari che con il vangelo in una mano e la spada nell’altra contribuirono a depredare terre e popolazioni (penso al progetto del magnate Soros, finanziatore del festival “Samir” che ha preso l’avvio il 1° ottobre con grande risonanza, fragori mediatici e inutile dispendio economico, nell’anniversario delle oltre 360 donne e uomini morti nel naufragio di un anno fa a Lampedusa…). Al contrario di chi, donne e uomini in stretta relazione politica con le associazioni del territorio, hanno in questi anni sostenuto il loro lavoro e il loro impegno mettendo a disposizione del progetto per Lampedusa idee, tempo e creatività. L’impressione è che questo aspetto sia considerato di scarsa importanza, quasi una perdita di tempo; non ci stupisce che lo pensino gli organizzatori delle passerelle di politici e vip recatisi a Lampedusa per versare lacrime più o meno sincere nell’anniversario delle oltre 360 vittime, ma quello che ci rattrista è che questo sembra essere l’atteggiamento anche della sindaca che amministra questo territorio così speciale. È questo che ho pensato con chiarezza nel momento in cui Giusi Nicolini invitata a un dibattito organizzato nell’ambito del LampedusaInFestival dal titolo “Pratiche politiche di lotte, militanza e relazioni nei territori: esperienze di donne” al quale era stata invitata a parlare insieme alle “Mamme di Lampedusa”, a donne delle Città Vicine e di Askavusa, non si è presentata né ha giustificato la sua assenza. Assenza pesante tanto più che il dibattito sottendeva la forte necessità del comitato delle Mamme di Lampedusa di interloquire con una Sindaca troppo estranea e silente nelle questioni primarie dell’isola quali scuola, salute, lavoro, gestione dei rifiuti, qualità della vita. Sono queste le richieste delle donne e degli uomini dell’isola, temi in merito ai quali avrei desiderato che la sindaca, che anche noi delle Città Vicine concretamente in passato abbiamo sostenuta, fosse stata in grado di dare risposte, o che a partire dai quali avesse scelto di costruire con le e gli abitanti un progetto condiviso di cambiamento e di governo della città. Sarebbe stato sensato, come più volte le abbiamo suggerito di fare, approfondire la relazione politica con le donne sapienti e coraggiose dell’isola che hanno scelto di continuare a vivere in un territorio intenso ma difficile come Lampedusa.

Quello che risulta ancor più grave, è che nel colpevole silenzio delle istituzioni locali, Lampedusa si sta trasformando in un avamposto militare del Mediterraneo così come dimostrano le sofisticate apparecchiature radar sbarcate in questi giorni sull’isola che il Ministero della Difesa e la NATO hanno deciso di installare in quel territorio e che giustificano la massiccia presenza di militari nell’isola. Finito il sogno dell’avamposto di pace e accoglienza, la militarizzazione dell’isola procede inesorabilmente senza che alcuna informazione sia stata data precedentemente alla popolazione, anzi, al contrario, l’operazione sta avvenendo in assoluta segretezza. Ma Askavusa con le Mamme di Lampedusa e l’appoggio delle associazioni amiche, continua a resistere al progetto che vorrebbe disegnare per l’isola un futuro di desolazione e morte e sta mettendo in atto un’accurata ricerca epidemiologica per verificare le motivazioni dell’incremento dei tumori che colpiscono le/gli abitanti dell’isola, organizzando al contempo iniziative per informare e sensibilizzare le donne e gli uomini di Lampedusa in merito all’installazione dei nuovi radar e alle conseguenze che il moltiplicarsi delle emanazioni di radiazioni magnetiche potrebbe causare alla salute degli e delle lampedusane.

(Catania, 2 novembre 2014)

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