PreÂsiÂdente Laura BolÂdrini, a nesÂsuno verÂrebbe in testa di defiÂnire «il canÂtante» una donna che canta. Nella preÂghiera «Salve Regina», che risale al medioevo e nasce in latino prima di essere traÂdotta in itaÂliano, si parla di Maria come «avvoÂcata nostra». Lei come si spiega le iroÂnie, gli imbaÂrazzi, insomma perÂché tante stoÂrie quando lei chiede di essere defiÂnita «la preÂsiÂdente» della Camera?
È una bella domanda. C’è una forma di resiÂstenza dovuta al non voler prenÂdere atto della realtà , come se queÂsta realtà non piaÂcesse, o si riteÂnesse futile farci caso. Si ridiÂcoÂlizza, si dice che sono altre le cose imporÂtanti. Invece tutto si tiene, tutto è colÂleÂgato: se a una donna che svolge un ruolo non viene ricoÂnoÂsciuto il genere, la si mascoÂliÂnizza. Le si dice di assuÂmere un genere non suo per essere accetÂtata in quel ruolo. È la stessa menÂtaÂlità per cui è norÂmale che a parità di lavoro le donne riceÂvano salari più bassi degli uomini, e che in tempi di crisi è meglio che lavori l’uomo anziÂché la donna. Ma se una donna non ha l’indipendenza ecoÂnoÂmica, ha meno mezzi anche di fronte alla vioÂlenza domeÂstica, perÂché ha più difÂfiÂcoltà a libeÂrarsi dall’uomo vioÂlento. Ecco perÂché tutto si tiene.
Chi le dice che ci sono ’ben altri proÂblemi’ dice anche che sulla linÂgua itaÂliana lei sta facendo ‘una croÂciata’. Dica: sta facendo una crociata?
La mia non è una croÂciata. È un dovere. Mi voglio fare carico di dare alle donne il ricoÂnoÂsciÂmento che meriÂtano. Le donne nel nostro paese svolÂgono più di un ruolo: nella proÂpria famiÂglia, in quella di oriÂgine, nella società , nel lavoro. Mi metto a dispoÂsiÂzione di tutte: per fare in modo che siano più rispetÂtate e abbiano più posÂsiÂbiÂlità di essere ricoÂnoÂsciute parte attiva della nostra società . Oggi (ieri, ndr) mi è piaÂciuto molto il discorso del preÂsiÂdente MatÂtaÂrella che ha ricoÂnoÂsciuto alle donne il ruolo cenÂtrale che meriÂtano. A me non piace essere un’eccezione. Non mi stanno simÂpaÂtiÂche le donne che arriÂvano a un ruolo di verÂtice e vogliono restare casi isoÂlati, e non fanno nulla per rimuoÂvere gli ostaÂcoli che hanno inconÂtrato sulla proÂpria strada per favoÂrire quella strada anche ad altre donne. Mi spendo affinÂché tante altre donne posÂsano farlo, eviÂdenÂteÂmente quelle che meriÂtano. PerÂché della penaÂlizÂzaÂzione delle donne paga il prezzo tutta la società . Quest’opinione è conÂdiÂvisa anche da ChriÂstine Lagarde (diretÂtrice del Fondo moneÂtaÂrio interÂnaÂzioÂnare, ndr), che certo non può essere conÂsiÂdeÂrata una miliÂtante dei diritti delle donne, ma che ha parÂlato di «cospiÂraÂzione ai danni delle donne» perÂché tagliate fuori dal mondo del lavoro. Un’esclusione che costa di media ai paesi il 15 per cento di Pil potenziale.
Ci sono miniÂstre che si nomiÂnano al maschile, anche in queÂsta legiÂslaÂtura. La sua colÂlega Irene Pivetti, quando proÂnunÂciò il discorso di inseÂdiaÂmento alla preÂsiÂdenza della Camera, disse: «Io sono un cittadino».
Ognuna si defiÂniÂsce come vuole, libere tutte di farlo. Ho manÂdato una letÂtera alle depuÂtate e ai depuÂtati e alla segreÂtaÂria geneÂrale della Camera perÂché si abbia rispetto del genere nel decliÂnare gli incaÂriÂchi e i ruoli nelle aule e negli atti parÂlaÂmenÂtari. E le assiÂcuro che molte depuÂtate mi fanno preÂsente che a loro non piace essere chiaÂmate al maschile. QueÂsta letÂtera interÂpreta anche la richieÂsta di molte di loro.
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(il Manifesto 7-3-2015)