A proposito di femminili, che l'articolo non usa ma che l'Accademia della Crusca raccomanda di usare, segnaliamo che a Roma c'è anche una espiscopa (vescova). Si trova nella bellissima cappella di Santa Prassede vicino a Santa Maria Maggiore, l'episcopa Teodora.
14 Dicembre 2013
espresso.repubblica.it

Le donne prete? Esistono anche a Roma

di Tiziana Migliati

La messa sta per cominciare. Dana English si guarda allo specchio mentre si sistema il colletto bianco. Capelli corti, un filo di trucco. La camicia nera dentro i pantaloni stretti in vita da una cintura. Prende il paramento sacro color verde e oro e lo infila con cura dalla testa. Si volta verso la croce in sagrestia e si raccoglie per qualche momento prima di uscire, sull’altare. Dana è un sacerdote e celebra la messa nella chiesa anglicana di All Saints nel cuore di Roma. È stata ordinata il 30 giugno di quest’anno insieme alla reverenda Mary Styes: sono le uniche donne prete della confessione anglicana nella città dei Papi e in Italia, mentre a Milano per la chiesa vetero-cattolica in comunione con rito anglicano c’è Maria Vittoria Longhitano.

Dana, americana di 55 anni, sposata e con due figli che vanno a scuola, è arrivata in Italia nel 2008 dopo che il marito ha perso il lavoro alla Lehman Brothers. Mary, 53 anni, inglese, ha un marito di origini italiane e figli grandi tornati oltre Manica; è a Roma da 13 anni.

La vocazione è arrivata in età diversa per ciascuna di loro: per Dana è successo quando era una giovane studentessa a Yale, per Mary quando era già madre di famiglia e medico. Sul compito che si sentono chiamate ad assolvere non hanno dubbi: annunciare la Parola e celebrare l’Eucarestia. Per tre anni ancora dovranno lavorare con il cappellano in qualità di assistenti. In chiesa per 8 ore al giorno e poi a casa a preparare la cena, seguire i figli nei compiti o presenziare gli incontri per lo studio della Bibbia.

La reverenda Mary stringe il breviario, indossa pantaloni e una camicia celeste col colletto bianco, occhi limpidi. “In Italia siamo due donne prete anglicane, di base a Roma ma spesso ci chiamano a Macerata, Città della Pieve, Padova. Seguiamo comunità di persone anglofone che provengono da vari paesi europei, America e Africa. Ci sono anche degli italiani che frequentano la nostra chiesa, all’inizio forse per la curiosità di vedere una donna sull’altare.”

 

Il sacerdozio femminile è un tema di dibattito su cui le posizioni sembrano radicalizzate: la chiesa anglicana lo consente da vent’anni, la cattolica lo vieta da sempre e lo ha specificato papa Wojtyla con una formulazione definitiva nel 1994, dopo le prime ordinazioni femminili in Inghilterra. Come è stato istituito il sacedorzio femminile nella vostra chiesa?

Mary – Il governo della chiesa anglicana è diverso da quello cattolico. Le decisioni non sono prese dal Papa in maniera assoluta ma si discute, come in Parlamento, e poi si vota. Abbiamo un capo, l’arcivescovo di Canterbury, che deve ascoltare un governo di vescovi, chierici e laici, tutti eletti. Il Sinodo generale ha deciso di dare l’ok al sacerdozio femminile per la prima volta nel 1987, e dopo un ulteriore esame in una commissione di vescovi la pronuncia definitiva è arrivata nel novembre 1992.

Dana – Nella chiesa anglicana americana (che prende il nome di episcopale ndr) una donna prete può diventare anche vescovo. La prima è stata nominata nel 1989 in Massachusetts.

 

C’è qualche indicazione o prescrizione per le donne prete nelle Scritture?

Mary – Ci sono elementi nella Bibbia, nelle lettere, nei vangeli che sembrano confermare che le donne possano parlare di Dio, predicare, celebrare la messa. Ma vi sono anche delle indicazioni per cui le donne debbano restare silenziose, in disparte. Le contraddizioni sono evidenti. Secondo me non c’è nessun divieto, il Signore ha chiamato tutti quanti a dire il Vangelo. Il primo testimone della Resurrezione è stata Maria Maddalena, inviata lei a diffondere la notizia.

Dana – La prima chiesa fondata in Europa da Paolo di Tarso è nata nella casa di una donna, Lidia, che ne ha preso il comando quando l’apostolo è partito. Nei primi due secoli dopo Cristo nelle chiese domestiche a Roma molti leader erano donne, ma poi la cultura secolare patriarcale ha preso il sopravvento sulla concezione cristiana di eguaglianza che aveva Gesù.

 

Un prete donna dà qualcosa in più rispetto ad un uomo nello svolgimento del ministero?

Mary – Non qualcosa in più, forse qualcosa di diverso. Penso che ci completiamo. Celebro la messa come una mamma che serve a tavola. Con quella ospitalità. Poi le differenze stanno nella personalità di ognuno. Ero medico e mi sento portata per la pastorale degli ammalati.

Dana – Mi concentro molto sulla parola. Non basta che un prete compia dei rituali se nessuno poi li capisce. Predicare, educare è fondamentale: sono laureata in letteratura prima che in teologia e mi piace attingere anche ai testi “profani” per parlare del sacro. Per esempio la Divina commedia di Dante.

 

Nella chiesa le donne hanno già dei ruoli, perché avete scelto di diventare sacerdote?

Mary – Ero parte di un gruppo domestico di studio sulla Bibbia e ho chiesto al mio parroco di frequentare un corso di teologia. Prima non pensavo che le donne potessero celebrare la liturgia, e mentre lo facevo ho sentito con forza che questa era la chiamata di Dio. Ho dovuto aspettare un po’ di anni, avevo due bambini piccoli, ma appena ho potuto ho lasciato la professione e ho studiato alla Eastern Region il Ministry Course facendo la pendolare tra l’Italia e l’Inghilterra.

Dana – Dopo il college sono andata a Yale e ho iniziato a frequentare un corso di teologia, poi sono diventati due e alla fine sono andata alla Divinity school e ho svolto un tirocinio in una parrocchia presbiteriana in New England. I preti erano uomini di mezza età, flaccidi e stanchi, uno di loro riciclava sempre le stesse prediche… che orrore! Lì sono stata consapevole della mia vocazione. Mi sono detta: queste cose che sto vedendo in chiesa potrei farle io, e pure meglio.

 

La chiesa anglicana ha delle aperture sul ruolo del sacerdote e dei laici?

Mary – Che non ci siano abbastanza preti è un problema per tutte le confessioni, perché non avvalersi dell’aiuto dei laici? Il sacerdote svolge molti compiti che nella chiesa anglicana sono affidati a credenti non ordinati: lo studio della Parola e delle scritture, per esempio.

Dana – I fedeli sono partecipi anche del processo decisionale con un terzo dei seggi. Nella chiesa cattolica il potere è più concentrato e istituzionale.

 

Voi siete donne, mogli e madri. E il celibato?

Mary – Il celibato è una delle scelte possibili. Il nostro vicario è scapolo, io sono sposata. Nella nostra chiesa c’è spazio per tutti. Ognuno porta la sua esperienza come un dono: io posso capire meglio come funziona la vita familiare, lui la vita da single. Un prete celibe può dare tutto se stesso alla chiesa, io devo conciliare casa e parrocchia. Nella mia esperienza, penso che una vita matrimoniale serena aiuti un sacerdote a essere più equilibrato.

Dana – I nostri mariti ci supportano emotivamente ed economicamente. Nell’anglicanesimo molti reverendi non percepiscono uno stipendio e per mantenersi devono trovare un lavoro part-time al di fuori della chiesa. Questo accade perché quando si sceglie la parrocchia in cui stare si è considerati volontari; se ci si mette a disposizione del vescovo, per qualunque destinazione, le cose cambiano.

 

Cosa pensate di Papa Francesco? Si è pronunciato anche sui gay. E nella chiesa anglicana?

Mary – Questo Papa è una ventata di aria fresca nella chiesa mondiale. Nei nostri gruppi spesso citiamo l’omelia della domenica a San Pietro. La chiesa anglicana ha regole proprie in ogni paese. In Inghilterra i gay non possono essere ordinati preti o vescovi, ma sono benvenuti come credenti.

Dana – Francesco lancia dei temi di discussione universali. Nella chiesa americana episcopale ci sono i preti gay ma secondo la tradizione dipende dal vescovo se possono esercitare il ministero.

 

Da sacerdoti protestanti cosa direste al Papa sulle innovazioni necessarie alla chiesa cattolica?

Mary – Come protestante la mia fede è basata sulle scritture dove molti divieti non ci sono. Nel cattolicesimo invece vi è un dogma e una tradizione molto lunga che impedisce un’apertura innovativa. Ma i tempi cambiano, c’è carenza di preti, ed è un problema: o si devono istruire i laici e permettere loro di fare di più nelle parrocchie, o si devono incentivare le vocazioni. La chiesa anglicana ha fatto un passo in avanti con l’ordinazione delle donne, ma non posso dire a un’altra chiesa come fare.

Dana – La chiesa cattolica potrebbe riformarsi per essere più trasparente, più inclusiva, più aperta. La domenica mattina, fuori dalla chiesa, incontro molti turisti che guardano il colletto da prete e mi chiedono qualcosa, per curiosità. Ma il più delle volte tra la gente noto indifferenza. Sono dispiaciuta della secolarizzazione della società. C’è sempre meno interesse ad approfondire la vita spirituale.

(espresso.repubblica.it, 20 novembre 2013)

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