di Serena Danna
Lea Coligado è una giovane studentessa di Stanford che, stanca della rappresentazione bianca e maschile del mondo della tecnologia, ha deciso di pubblicare su Facebook e su Medium i volti e le storie delle donne delle Silicon Valley di tutto il mondo. Il progetto, che si ispira al fortunato Humans of New Yorks, in poche settimane, ha raggiunto migliaia di adesioni. Lea ha risposto via mail alle domande della 27ora.
Come nasce Women of Silicon Valley?
«Negli ultimi anni sono entrata in contatto con tantissime donne meravigliose che si occupano di tecnologia e mi sono chiesta: come mai permane l’idea che la Silicon Valley sia un club per soli maschi? Chiaramente le donne ci sono e, per di più, eccellono nei loro lavori. Tuttavia l’immagine pubblica del mondo hi-tech continua a essere univoca, e ho la sensazione che tutte le professioniste siano nascoste dietro lo stereotipo. Il mio progetto nasce per dare alle ingegnere, alle imprenditrici e alle manager l’attenzione che meritano».
In che modo vengono scelte le storie e i personaggi che pubblicate?
«Molte mi vengono segnalati da amici o dai follower; altre sono scelte da me direttamente. Ciò che le accomuna è aver raggiunto obiettivi importanti nella programmazione, nel design o nel venture capitalism, e che hanno incontrato tutte avversità e ostacoli per il solo fatto di essere donne».
Qual è l’obiettivo del progetto?
«Ispirare! Da donna che ha sempre lavorato in un ambiente quasi esclusivamente maschile, so bene quanto sia cruciale avere modelli positivi e provare un senso di appartenenza. Mi piacerebbe che le lettrici scorrendo le nostre storie si sentissero a loro agio con tutto questo».
Il progetto sta avendo qualche impatto nel mondo della tecnologia?
«Sono felice di poter dire di sì. Riceviamo un gran numero di messaggi di supporto da donne che si riconoscono nelle esperienze delle altre e trovano conforto. Abbiamo avuto i ringraziamenti pubblici da Melinda Gates e Chelsea Clinton. Inoltre, le protagoniste delle nostre storie affermano di essersi sentite più forti nella loro “battaglia” e nella passione per la tecnologia».
Le poche donne del mondo hi-tech ad avere visibilità agli occhi dell’opinione pubblica veicolano l’immagine di potenti, ricche e privilegiate. Qual è la vostra posizione a riguardo?
«La tecnologia è di per sé un privilegio: lavorare in questo settore significa avere un’ottima educazione, tante relazioni e molti lussi. Io cerco comunque di allargare la visione dando spazio non solo a chi si occupa di software ma anche a chi proviene da altri settori come il management e il venture capital. Credo sia poi fondamentale dare conto del divario nella rappresentazione delle minoranze, per questo cerco di donne di etnie e razze diverse provenienti da tutto il mondo».
(27esimaora.corriere.it, 1/7/2015)