18 Dicembre 2018
#VD3

Le parole delle donne nei media tedeschi

 

di Traudel Sattler

 

«La vittoria delle donne», «Il futuro dei democratici è femminile» – un coro unanime ha attraversato le grandi testate in Germania dopo le elezioni di midterm Usa a novembre. Ho seguito i mass media nella mia lingua madre, per vedere che risonanza danno alle parole delle donne. Negli articoli sulle elezioni americane, non c’era dubbio su chi fossero le protagoniste di questa svolta politica. Ma i fatti erano lontani, oltreoceano, non hanno comportato un dibattito pubblico o ulteriori ripercussioni mediatiche in Germania, come invece è successo con #MeToo:
«#MeToo ha cambiato il mondo: le donne vogliono essere ascoltate e gli uomini imparano a conoscere i loro simili sotto un’altra luce» (FAZ, 10/10/2018); il dibattito «è arrivato al cuore della politica» (Die Zeit, 11/10/2018).
La risonanza del #MeToo è stata enorme, sin dall’inizio, con un’impennata nel mese di ottobre 2018, a un anno dall’inizio dell’hashtag. Tutte le grandi testate (Frankfurter Allgemeine Zeitung, Die Zeit, Der Spiegel, taz) e i canali televisivi hanno dedicato molto spazio al dibattito, non relegandolo a realtà distanti per non guardare il proprio paese. Salta subito all’occhio, però, che la maggior parte dei contributi porta una firma femminile. Rari sono gli interventi di presa di coscienza maschile: «Il caso Weinstein era ambientato a Hollywood. Fino a oggi» (Paul Middelhoff, Die Zeit, 18/10/2017). L’autore capisce, attraverso il #MeToo, che si tratta di un sistema di cui fa parte anche lui. Altri attaccano i loro simili: «È stato uno sciovinismo maschilista insopportabile» (Klaus vom Bruch, Zeit online, 1/11/2018). E molti di questi reagiscono con caparbietà, autodifesa, aggressività. Altri scioccati, dicono di aver scoperto un “mondo parallelo” di cui erano (o fanno finta?) di essere stati all’oscuro. Molti tacciono.
Ma lo spazio mediatico l’hanno preso in gran parte le donne, e spingono il dibattito verso il nesso sesso e potere. Non passa una settimana senza articoli, dibattiti televisivi, commenti, e molti colgono il nucleo della questione senza buttarla su vittimismo e discriminazione: «Potere e abuso», così la copertina di Der Spiegel del 21 ottobre 2017. Il re si accorge di essere nudo, illustrato bene dalla prima pagina di Die Zeit del 15 aprile 2018: un uomo nudo rannicchiato con la testa abbassata, accompagnato dal titolo «Vergognati, uomo!» con un articolo di fondo, scritto da un uomo, che lamenta un “femminismo totalitario”.
La risonanza mediatica porta il dibattito in tutti gli ambienti, nelle famiglie, nelle scuole, e soprattutto nel mondo del lavoro. In una documentazione televisiva si vede come tutte le persone intervistate nella zona pedonale di una qualsiasi città hanno un’idea di che cosa significa #MeToo. Bisogna aggiungere che in Germania la via per il dibattito pubblico era già stata aperta grazie all’hashtag #Aufschrei (grido di protesta, 2013, contro il sessismo quotidiano), nonché a una forte sensibilizzazione sulla violenza sessuale dopo le aggressioni contro le donne a Colonia nella notte di S. Silvestro 2015/16, con la seguente campagna Nein heißt nein (No significa no), principio poi sancito dalla riforma della legge sulla violenza sessuale dell’11 novembre 2016.

Non sempre però i media rispecchiano in modo adeguato i dibattiti che si svolgono quotidianamente tra donne e tra donne e uomini nei posti di lavoro, a casa e in tutti gli altri contesti sociali. Non sempre la narrazione è efficace: in alcune trasmissioni TV, ad esempio, viene dato tanto spazio alle testimonianze, una dopo l’altra… Ciò che era stato efficace nell’hashtag non lo è più in TV, anzi suscita quasi noia. E poi fioccano i “rimedi”, nella migliore tradizione del femminismo di Stato: alle tante leggi contro le discriminazioni già esistenti – a cominciare dell’art.3 della legge fondamentale (costituzione), alla legge sulla parità di trattamento (AGG, 2006), con conseguente instaurazione di un ufficio federale contro le discriminazioni – si aggiungono nelle aziende uffici per le denunce delle molestie. Come esempio per un perfetto “management delle denunce” viene presentata la Charité di Berlino, storico ospedale universitario, con le sue direttive contro le molestie, con tanto di organigramma, procedure, sanzioni… E nell’ambito delle imprese spuntano zelanti consulenti aziendali che offrono corsi per le dirigenti: Come difendersi contro approcci sessuali indesiderati, il tutto documentato dalla TV di Stato (ZDF zoom, 2/5/2018).
Anche se dicono a parole che il nucleo del problema è il potere, e il sesso il suo strumento, propongono queste misure alibi, queste scorciatoie che lasciano tutto come prima o peggio: uomini che istruiscono le donne sui gesti da fare per frenare i molestatori quasi fossero delle bestie da domare. Altro che autocoscienza maschile! Poi spiegano con serietà perché oggi i corsi aziendali antimolestie sono necessari: grazie al #MeToo hanno capito il disagio femminile, e chi si sente a disagio al proprio posto di lavoro non è produttivo al 100%.

 

(Via Dogana 3, 18 dicembre 2018)

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