6 Dicembre 2012
liadiperi.blogspot.it

Le prigioniere palestinesi in Israele partoriscono in catene

Ernesto Carmona

Le donne palestinesi detenute in Israele ricevono un trattamento disumano, vengono loro negate cure mediche, rappresentanza legale e sono costrette a vivere in condizioni miserabili, compresa la condivisione della cella con topi e scarafaggi. La violazione dei diritti e le condizioni in cui si trovano le donne palestinesi nelle carceri israeliane richiedono l’assunzione di una prospettiva di genere, secondo il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (CEDAW).
Trentasette donne palestinesi rimangono oggi detenute nelle carceri israeliane, per un totale di 7.500 detenuti, soprattutto per motivi politici, per lo più membri del Consiglio Legislativo Palestinese. Circa 10.000 donne sono state arrestate o detenute in carceri e centri di detenzione israeliani dal 1967, su più di 700.000 prigionieri palestinesi.
Fabrizia Falcione, responsabile dei diritti umani delle donne per il Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le donne (UNIFEM), ha dichiarato che è fondamentale rivelare il volto umano dietro questa violazione del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale, per affrontare la difficile situazione dei prigionieri politici palestinesi, tra cui donne e bambini.
Un’intervista a Vienna di Mehru Jaffer, dell’Inter Press Service (IPS), alla funzionaria, pubblicata in The Electronic Intifada in data 11 marzo 2011, fu la 18.ma notizia più censurata recuperata quest’anno da Project Censored.
Il lavoro della Falcione prevede la fornitura di assistenza legale e di rappresentanza per le donne in carcere, il sostegno psico-sociale alle famiglie dei prigionieri e la preparazione per il rilascio e il reinserimento dei detenuti nella famiglia e nella società.
L’assoluta urgenza di affrontare specificamente i diritti delle donne detenute è stata sollevata da Falcione, nella settimana dell’intervista, nel corso di un convegno internazionale incentrato sulla situazione dei prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane, nel primo incontro di questo genere organizzato dalle Nazioni Unite.
Fabrizia Falcione: «È brutta la situazione delle donne palestinesi e dei bambini nei centri di detenzione israeliani. In termini numerici, le palestinesi prigioniere politiche e detenute nelle carceri israeliane sono meno rispetto alle centinaia di migliaia di palestinesi maschi prigionieri politici. Tuttavia, la loro situazione come recluse è peggiore di quella degli uomini».
«La situazione, la condizione e le violazioni che le donne affrontano nelle carceri israeliane deve essere affrontata in una prospettiva di genere. Attualmente il numero di donne detenute è molto meno rispetto a prima, ma le donne e le ragazze continuano a essere arrestate, i loro bisogni particolari continuano a essere trascurati e i loro diritti violati.»
«Tra i problemi fisici e psicologici affrontati dalle donne detenute – ha dichiarato la funzionaria dell’Onu – vi sono la negligenza medica e la mancanza di servizi medici specializzati nella prevenzione e nel trattamento delle malattie delle donne. Attualmente le prigioniere sono detenute principalmente in due carceri israeliani, a Hasharon e Damon, che si trovano al di fuori dei territori occupati (Cisgiordania e Striscia di Gaza) in violazione dell’articolo 76 della Quarta Convenzione di Ginevra.
«Ex prigioniere palestinesi di entrambe le carceri e parenti delle donne attualmente in carcere dicono che le celle sono infestate dagli insetti, in particolare scarafaggi e roditori. Un’ex reclusa rilasciata all’inizio di quest’anno, ha detto: “È difficile descrivere la cella, non ce la faccio. È come una tomba sotterranea… Ci sono così tanti insetti nella cella, le coperte che coprono i materassi sono umide ed emanano un odore terribile. Le acque di scarico straripano. Riuscivo a malapena a fare le mie abluzioni per pregare”.»
«Al di là della salute in generale, non c’è supporto ginecologico. Le donne necessitano di cure mediche regolarmente, ed è loro diritto durante il parto, come riconosciuto dalla CEDAW [Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne]. La stragrande maggioranza delle donne prigioniere politiche palestinesi nelle carceri israeliane soffre di vari problemi di salute.»
– È vero che le donne incinte sono ammanettate durante il parto?
«È vero. Le donne incinte sono incatenate mentre partoriscono e anche dopo. Vi è una totale mancanza di cure mediche, in particolare durante il parto. Le donne si lamentano che i bambini nati lì sono portati via dopo due anni. Nelle carceri israeliane, i diritti delle donne palestinesi detenute sono riconosciuti, ma non rispettati. Le donne portano il peso delle violazioni dei loro diritti culturali e religiosi. Una ex prigioniera ha detto: “Mi hanno tolto il jilbab (vestito lungo) e mi hanno dato l’uniforme marrone delle detenute, a manica corta. Ho chiesto una camicia a manica lunga da indossare sotto l’uniforme. Ma si sono rifiutati. Camminavo tra le celle tra guardie di sesso maschile con una uniforme a maniche corte… ciò che mi ha fatto più male sono stati gli insulti scagliati contro di me”.»
«La privacy delle donne è violata e le guardie maschi entrano nelle celle a perquisire senza nessuna considerazione per le norme religiose. I prigionieri vengono contati quattro volte al giorno, anche la mattina molto presto e vengono inflitte punizioni se le donne dormono o non rispondono immediatamente alla conta.
L’aspetto più preoccupante è la violazione dei diritti di visita familiare. Le visite dei parenti ai prigionieri sono permesse, in teoria, due volte al mese, ma si sono drasticamente ridotte per il fatto che le carceri sono al di fuori del territorio palestinese occupato.
Una visita di andata e ritorno al carcere significa un viaggio di 10 ore, non solo a causa della distanza geografica, ma anche per i controlli al movimento dei palestinesi in Israele. Se le famiglie riescono a fare il viaggio, si consente loro una visita di 30 minuti, parlando attraverso un divisorio di vetro spesso che impedisce qualsiasi contatto fisico, anche tra madre e figlio. Questo influenza il benessere, non solamente della madre, ma anche dei bambini. La rottura delle relazioni familiari e sociali è grave per lo stato psicologico delle donne.»
– Qual è esattamente il reato di queste donne?
«Molte donne sono incarcerate senza processo per appartenenza a organizzazioni vietate da parte di Israele, con il pretesto di proteggere la sicurezza nazionale dello Stato. Nella prigione di Neve Terza, le prigioniere politiche palestinesi rimangono in custodia cautelare in attesa di giudizio, nella sezione femminile assegnata a persone che hanno commesso delitti penali, in chiara violazione dell’articolo 85 dello standard minimo secondo le regole delle Nazioni di trattamento dei prigionieri, che enuncia: “Gli accusati saranno tenuti separati dai reclusi condannati”.
Ciò permette che i prigionieri israeliani minaccino e umilino le donne palestinesi mediante abusi verbali e fisici. Alle prigioniere e ai detenuti palestinesi è fatto impedimento di usare nelle strutture penitenziarie oggetti come penne, materiale di lettura e tempo di svago.»
(Traduzione di Lia Di Peri, rivista da noi, dell’articolo “Prisioneras palestinas paren encadenadas”, apparso su www.cubadebate.cu il 4 dicembre 2012. L’articolo di Ernesto Carmona, giornalista e scrittore cileno, è stato scritto per l’agenzia stampa argentina ARGENPRESS.info e pubblicato l’8 novembre 2012 con il titolo “La noticia más censurada n. 18: Prisioneras palestinas paren encadenadas”. Le sue fonti: – Fabrizia Falcione, interview by Mehru Jaffer, “Interview: Palestinian Women Prisoners Shackled During Childbirth,” Electronic Intifada, March 11, 2011, http://electronicintifada.net/v2/article11852.shtml. – http://www.mediafreedominternational.org/2011/04/04/palestinian-women-prisoners-shackled-during-childbirth/
Estudiante investigador: Kaitlyn Vargas (Sonoma State University)
Evaluador académico: Diana Grant (Sonoma State University)

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