30 Ottobre 2015
#VD3

Lettera di Monica Benedetti

di Monica Benedetti

 

Dopo il grande seminario di Diotima del 23 ottobre 2015, tenuto da Alessandra Allegrini, Vita senza esseri umani, avendo io fatto un intervento sulla cosiddetta teoria del genere, ho ricevuto questa lettera di Monica Benedetti che pubblichiamo con il suo consenso per la parte che interessa VD 3 (Luisa Mur.)

 

A proposito della presa della teoria del gender, tu rilevavi che ha avuto così tanta risonanza perché parla di qualcosa di cui la teoria della differenza non si è fatta carico, ma che chiedeva significazione.

Credo che questo qualcosa abbia a che fare con le pratiche sessuali lesbiche, gay e varianti varie, ma soprattutto con l’omosessualità, che il femminismo della differenza è stato per anni reticente nel nominare, o l’ha nominato lasciando la sessualità ai margini (es. omosessualità politica, affidamento, ecc.), sfumata o alludendo al fatto che fosse inessenziale. Questo è stato enormemente patito, lo so perché ad Agape mi sono trovata spesso di fronte ad obiezioni e accuse in questo senso da parte delle lesbiche impegnate nella politica della visibilità, che ha prodotto del resto moltissimo sapere, secondo me, e alla quale ho sempre riconosciuto tantissimo. Questa reticenza è stata inevitabile, perché l’urgenza politica era altra. Oggi che il pensiero della differenza ha spianato il campo fornendo a tutte/i un implicito riconoscimento simbolico e le parole per nominarsi in ogni modo possibile, sta emergendo anche questo aspetto, a lungo taciuto, anche se rischia di essere un’arma nelle mano di coloro che premono per una normalizzazione (lo vedo a scuola: nessuno sa nulla di certo sulla teoria del gender, ma identificandola con un’istigazione al sesso selvaggio, la usano come uno spauracchio per dimostrare la necessità di una controriforma). Che poi a me disturbi l’esibizionismo, il narcisismo, l’ostentazione di alcuni/e soprattutto del movimento queer, questo è un discorso a parte. Credo siano rivendicazioni senza intelligenza politica e senza una grande forza simbolica, anche se umanamente comprensibili e sacrosante. Per esempio fissandosi sulla parola “matrimonio” il movimento gay rischia di perdere l’interesse primario, legato al riconoscimento di alcuni diritti che ritengo utilissimi (gli stessi peraltro per i quali ho firmato il mio contratto civile di matrimonio). Credo che occorra mettersi all’ascolto di quanto questi movimenti stanno elaborando, perché sono prodotti della libertà generata dal femminismo, anche se non lo riconoscono. Tanto abbiamo imparato che finché sarà così necessario specificare le proprie preferenze/pratiche/tendenze/ossessioni sessuali, difficilmente si potrà parlare di libertà. 

 

(Via Dogana 3, 30 ottobre 2015)

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