22 Dicembre 2014
Marie Claire

L’Isis spiegato da Loretta Napoleoni

di Debora Attanasio

Loretta Napoleoni, una delle massime esperte italiane dei sistemi attraverso cui il terrorismo trae le sue risorse economiche, è arrivata in libreria con Isis – Lo stato del terrore (Feltrinelli), un saggio puntuale e chiaro che dovremmo leggere tutti, invece di affidarci al sensazionalismo e al sentito dire. Perché ci sono argomenti di cui si parla tanto pur sapendone poco, e uno di questi è lo Stato Islamico.

È importante sapere cosa distingue l’Isis da Al Qaeda (ad esempio: il prima è diventata uno Stato vero e proprio, la seconda, mai), quali sono i motivi per cui questa organizzazione attira più adepti delle altre, quali tecniche di marketing e social media marketing sta utilizzando, che obiettivi si prefigge, quanto ci dobbiamo preoccupare e quali sono le sottovalutazioni (e le colpe) dell’Occidente per la sua ascesa inarrestabile.

Ma anche per scoprire che non ci troviamo affatto davanti al più efferato fenomeno della storia recente, perché i misfatti in Kosovo lo superavano di gran lunga. Solo che, al tempo, la tecnologia non era così avanzata e internet non era così diffuso da permettere milioni di condivisioni di immagini e filmati, come è possibile ora. Tecnologia e rete di cui il vero e proprio sistema organizzato di proselitismo e intimidazione messo su dall’Isis sta facendo ampio uso.

Di questo e tante altre cose abbiamo parlato con l’autrice che, in collegamento Skype da Boston, ci svela anche molti aspetti del disagio di una parte del mondo islamico su cui non sempre si finisce a riflettere, pur avendoli sotto gli occhi.


Un collega col gusto della provocazione mi ha detto che quando la gente è ansiosa spende di più, per cui il terrorismo rispunta, probabilmente pilotato quando bisogna uscire dalle crisi economiche. Cosa gli risponderebbe?

Magari fosse vero! Se le teorie complottistiche del suo collega fossero giuste significherebbe che queste organizzazioni sono controllabili, invece è tutto l’opposto. In realtà si sapeva che questa organizzazione stava nascendo e veniva finanziata, ma nessuno si aspettava che sarebbe diventata quello che è. Questo dimostra anche una carenza di intelligence imperdonabile. Si poteva prevedere tutto questo nel 2013 perché gli adepti dell’Isis, invece di combattere una guerra per procura aspettando soldi dagli “sponsor”, come dico nel libro, si sono organizzati il loro stato. Un’intelligence efficiente l’avrebbe scoperto. Quello che penso invece e che ci sia una certa indifferenza nei confronti di questi fenomeni perché l’Occidente in Siria non poteva fare nulla, aveva le mani legate, così hanno lasciato che a gestire la situazione fossero gli stati sul golfo attraverso la guerra per procura. È stato un errore perché, ovviamente sono andati peggio degli occidentali.


Una delle condizioni che lo Stato islamico pone a chi aderisce, e ai paesi che vengono annessi, è il completo annullamento dei diritti delle donne, e questo è uno degli elementi che ha dato vita anche a un’opposizione da parte di islamici moderati, che sono molti. Quante probabilità hanno, però, di contrastarne l’avanzata?

Non tantissime, perché questo è un nuovo modello inedito che ispira imitazione, ad esempio già da parte dei Curdi, che stanno combattendo a Nord della Siria. La storia di Kobane è interessante: sono tre mesi che bombardiamo, i Curdi stanno lì e ancora non viene liberata. È interessante quello che stanno facendo i Curdi, conquistano un territorio con pozzi petroliferi e lo sfruttano come fa lo Stato Islamico, quindi siamo di fronte a un modello già imitato. La Nigeria sta facendo la stessa cosa. Per le donne, credo che peggio di così non possa andare. In questo contesto, la donna non esiste, se non per procreare e ripopolare lo Stato. Non ha alcun ruolo politico, né amministrativo, come già, però, in Arabia Saudita dove non possono uscire di casa se non sono accompagnate da un uomo di famiglia. Questo è preoccupante. Tutta la situazione in tutta la regione è preoccupante perché, non ce ne siamo resi conto, ma proprio la guerra e la crisi economica legata alle sanzioni in Iraq degli anni 90 hanno portato al processo di islamizzazione. Quindi le donne, in realtà, sono scomparse dalla scena politica e amministrativa da almeno 20 anni e noi ce ne accorgiamo solo ora con uno Stato Islamico che ne dichiara apertamente la condizione di inferiorità. Nelle tribù della Siria e dell’Iraq le adultere vengono lapidate. Poco più di un mese fa c’è stata una fatto abbastanza surreale: una famiglia di un villaggio della Siria controllato dallo Stato Islamico ha ucciso un’adultera, ma i vertici dello Stato Islamico hanno cercato invece di fermarli. Paradossalmente, in alcune situazioni le donne stavano peggio che sotto di loro. Questa è la situazione in cui ci troviamo, creata da noi perché il processo di degenerazione del Medio Oriente è legato alla politica occidentale.


Quindi il trampolino di lancio è stato l’Iraq?

A dire il vero, soprattutto la Siria, perché la situazione ha dato la possibilità a questa organizzazione di mettersi in piedi e di accedere a ingenti quantità di denaro. Secondo me, la presenza in Iraq è quasi di consolidamento, il simbolismo della conquista di Baghdad è tradizionalmente fortissimo, infatti loro puntano a prenderà la città perché la capitale storica del vecchio Califfato era Baghdad. Sotto questo punto di vista, l’Iraq è importante, ma direi che la Siria per loro è più importante perché senza gli eventi recenti questo gruppo non sarebbe sopravvissuto. In Iraq non c’erano finanziamenti, e c’era anche una grossa ostilità nei confronti dei jihadisti.


Perché l’Isis attira tanti ragazzi cresciuti in paesi occidentali, che hanno studiato lì ed erano integrati, avevano già quei benefici che lo Stato Islamico promette?

Si tratta di una seduzione vera e propria da parte del messaggio che l’Isis lancia. Prima di tutto, è un messaggio “positivo”. Mentre prima si chiedeva agli affiliati di farsi saltare in aria per guadagnare le 72 vergini nel paradiso, ora si chiede di unirisi alle loro fila per aiutare portando il proprio contributo di competenze, e per migliorare il presente: se vuoi combatti, se no ti occupi di altro, delle gestioni delle centrali idroelettriche, se è la materia che hai studiato, o dei pozzi petroliferi. Ci sono tantissime risorse che richiedono professionalità e che magari nel paese occidentale da cui provieni non venivano sfruttate nel modo giusto. Poi c’è, secondo me, un aspetto da non sottovalutare e che riguarda il disagio maschile. Questi ragazzi tra i 20 e i 35 anni sono cresciuti in famiglie musulmane tradizionali, ma in un occidente con valori completamente diversi da quelli predicati in casa. Finiscono per avere un rapporto molto problematico con le donne perché non sanno come comportarsi con loro. Io ne ho intervistato qualcuno ed è uscito fuori che alla fine questa fratellanza, lo spirito cameratesco, lo stare sempre tutti insieme fra maschi, quasi supplisce al desiderio di avere un rapporto con l’altro sesso, che è problematico perché le donne occidentali, e anche le musulmane occidentalizzate, “pretendono” l’eguaglianza. Già l’uomo occidentale non è completamente a suo agio con il concetto, figuriamoci questi ragazzi! Però, nello Stato Islamico, le donne vengono prese e date a questi combattenti che devono accontentarsi di chi gli capita, non possono scegliere. Non capiscono subito che così, per loro, non è un gran progresso nella vita sentimentale, anzi, è un fregatura. Non è che se si innamorano di una gli permettono di prendersela. Questo non conta solo per chi non cerca un rapporto d’amore, la costruzione di una famiglia, e sogna un mondo al maschile in cui l’uomo torna a essere il capo assoluto. La cosa grave è che, secondo me, se questo venisse proposto anche agli occidentali, in particolare agli italiani, non dispiacerebbe poi così tanto. C’è un’aggressività verso il femminile in tutto il mondo, occidente compreso, che smentisce la libertà delle donne. La parità è una stupidaggine raccontata dai politici. Basta guardare le foto del G20: sono tutti uomini. Per cui, il messaggio dell’Isis, per quel tipo di uomini, è molto seducente. Alcuni di questi giovani combattenti mi hanno raccontato che dopo un certo periodo in gruppo hanno perso il desiderio sessuale. Talmente tanta è l’adrenalina, talmente tanto è il testosterone che compensano il sesso.


Nell’auto-intervista che si era fatta dieci anni fa, Oriana Fallaci parlava di una massiccia invasione islamica in Italia a brevissimo termine, secondo lei dovrremmo essere già tutte col velo. Invece gli immigrati totali da noi sono calati quest’anno al 7% e di questi, solo il 4% è musulmano. Che ne pensa?

Sull’islam Oriana Fallaci, a mio avviso, ha sbagliato quasi tutto, ma nessuno lo dice perché è un’icona intoccabile. Era una grande giornalista, ma sull’argomento non era oggettiva perché dai tempi del suo compagno Alekos Panagulis non era in buoni rapporti con l’OLP e aveva sviluppato un odio nei confronti del islam che non le permetteva di valutarlo con lucidità. Probabilmente la malattia l’aveva anche intristita, resa rancorosa. Nelle sue pagine c’è troppo odio, non ammette mai che gli islamici, a parte le differenze culturali e religiose, sono esseri umani uguali a noi, con le stesse speranze e aspettative di benessere e dignità. La tensione del rapporto con le donne di cui parlavamo prima è la stessa ovunque, almeno nelle intenzioni, non è una loro esclusiva, e il processo di impoverimento economico lo ha solo inasprito culturalmente incrementando l’islamizzazione. Da noi, in fondo, sta accadendo lo stesso: la contrazione economica ha portato il paese a diventare sempre più conservatore, la condizione delle donne è peggiore di 20 anni fa. Basta guardare la disparità di salari o i dati secondo cui gli uomini non si uccidono più fra loro: uccidono più donne. Le voglio raccontare una cosa: ho intervistato delle insegnati che lavorano nelle riserve degli indiani d’America e mi hanno svelato che laggiù c’è un alta percentuale di abusi sessuali familiari sulle bambine. Le madri lo sanno ma non fanno nulla perché è diventata una prassi. Ma prima non era così. Gli uomini sono stati completamente devirilizzati dalla colonizzazione e poi da una società che li ha confinati, disoccupati e privati della dignità. Sono uomini che giocano tutto il giorno con le slot machines nei bar. Un processo che li porta a sfogare l’aggressività contro le donne, in particolare quelle più indifese, le bambine. L’unico modo che gli è rimasto di sentirsi forte. Le donne, alle quali non è stato mai imposto di dare dimostrazioni di forza, subiscono meno le crisi e il degrado sociale. Questo accade dappertutto, nel mondo.


Oltre alle guerre per “esportare la domocrazia” ad opera dei governi, la gente comune dei paesi occidentali ha delle responsabilità nei confronti dell’odio sviluppato nei paesi islamici?

Io sono convinta che non c’è mai stato un processo di integrazione in tutta europa. Guardiamo l’Olanda, considerato un paese considerato tollerante, e poi proprio lì viene ucciso Theo van Gogh da un estremista islamico. In quel periodo, quando andavo in Olanda, sentivo la gente dire «Non vogliamo che questi vivano vicino alle nostre case perché sgozzano gli agnelli in giardino durante la festa del sacrificio», come se nei nostri mattatoi succedesse di meglio. L’Europa ha accolto un’immigrazione “povera” di gente indigente che è venuta a fare lavori umili. Ma i loro figli hanno studiato, si sono laureati e giustamente vogliono fare l’ingegnere, non più il cameriere come i padri. Ma è difficile che a pari merito tra un musulmano e uno che non lo è, venga scelto il primo. E questo succedeva molto prima dell’11 settembre, quando in Francia i giovani nordafricani scrivevano già sui muri delle periferie «Esistiamo anche noi». Per capirlo meglio prenda l’esempio di Downton Abbey, la serie tv: si è accorta che la servitù non ha quasi una vita privata, solo lavoro? Ecco, lo stesso viene preteso dagli immigrati ancora oggi, l’assenza di mobilità sociale. Mi stai bene come domestico, come badante, come manovale, ma se vuoi integrarti troppo e sposare addirittura i miei figli non ci sto più. Questo genera risentimento. E purtroppo molti leader politici, anche italiani, stanno facendo di questa ingiustizia uno dei capisaldi della loro propaganda politica. Ma se gli immigrati dovessero davvero lasciare l’Italia saranno guai, perché tengono alto il Pil con i loro consumi, fanno più figli e sono in media più giovani di noi, per cui pagano e pagheranno le nostre pensioni.


Che mi dice delle esecuzioni così cruente dell’Isis?

Le fanno apposta, per costringerci a interessarci al conflitto. Da quando americani e inglesi hanno iniziato a bombardarli, infatti, la loro popolarità nel mondo islamico e filoislamico è salita. Come dico nel libro, nell’immaginario collettivo musulmano il nemico straniero è da contrastare con tutti i mezzi, in base ai principi e ai dettami dalla jihad. Se vieni attaccato, devi per forza ribellarti. Senza l’esecuzione pubblica di James Foley, gli americani non sarebbero intervenuti, Obama aveva detto che non c’era non c’era interesse a intervenire. Ma quando un video così comincia a girare ovunque ti costringe a intervenire, anche per la pressione dell’Arabia Saudita che ha perso il controllo della situazione e ora è terrorizzata. Sono sicura che ci sia una strategia dietro perché sembra che tutti tasselli si accostino efficacemente. È interessante notare però che gli americani sono intervenuti, bombardano come pazzi con i droni, ma i risultati sono inesistenti. Lo sapevano già che sarebbe andata così?


Visto che Oriana Fallaci non c’era riuscita, non so se chiedere a lei come finirà questa storia.

Posso solo dirle che questa storia non si risolve con i bombardamenti. Dovranno alla fine mandare le truppe, ma io penso che la proposta del papa sia la migliore: cercare il dialogo, non chiuderci, cercare di aprirci una volta per tutte. Il papa ha detto di essere disposto ad andare a parlarci lui. Bisogna assolutamente stabilire un contatto con le tribù vicine allo Stato Islamico, per capire cosa vogliono, se sono disposti a parlare. Ma altri bombardamenti, decisamente no. Nel 2003, in l’Iraq abbiamo bombardato tutto ed ecco il risultato. L’abbiamo ormai capito: a meno che non si decide di radere tutto al suolo, in quella parte del mondo non è così che risolveremo il problema.


(Marie Calire – 22/12/2014)

http://www.marieclaire.it/Attualita/interviste/Intervista-a-Loretta-Napoleoni-sull-Isis

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