29 Marzo 2020
#VD3

L’oscillazione del neutro


di Margherita Morgantin


Queste riflessioni sono il tentativo di mettere in scrittura l’intervento alla riunione di Via Dogana del 2 febbraio 2020, in dialogo con quelli di apertura di Traudel Satter, Stefania Ferrando e Chiara Zamboni, tentativo che si rivela più complesso del previsto e che si misura con la sorpresa nella memoria delle mie stesse parole, e con il fatto che erano sospese e sostenute dalla struttura dei primi interventi. Il mio racconto iniziava con l’ammissione di essere stata attratta dall’idea e dall’esperienza del neutro, e della fluttuazione del genere. Oggi le parole di Chiara Zamboni, che descrive la moltiplicazione del neutro post-patriarcale (che è lotta politica per le minoranze e per le sofferenze soggettive) come una forma di confusione tra genere e differenza sessuale, mi sono comprensibili. Comprendo anche l’errore di chi non ha capito la differenza sessuale, considerandola essenzialista ed oggettivata. (In corsivo le espressioni sue). Oggi la moltiplicazione infinita delle nominazioni va verso un cattivo infinito, (…).

E si tratta di rinunciare alla libertà di essere tutto. È su questa espressione che dentro di me comincia a formarsi il discorso:

F/M Oscillazione possibile/fluidità possibile in relazione al tempo?

A proposito di infiniti, in fisica il tempo viene misurato con unità di misura variabili in base agli eventi di cui si parla. Tra queste, il secondo è definito come[i] l’oscillazione periodica di una particella di materia imprevedibile.

(Margherita Morgantin, Titolo variabile, p.78, Quodlibet 2009)

 Inizialmente, nell’infanzia, l’identificazione interiore femminile-maschile e le forme intermedie che l’accompagnavano dipendevano dalle relazioni, gentili, violente o schizzoidi. Alleati e nemici si scambiavano il posto, solo una percentuale minima di questo era portata a coscienza.

Crescendo, apparentemente potevo fare tutto. Il mondo intorno cambia profilo ad una nuova velocità, ma nel profondo le forze, le violenze e le voci hanno radici antiche e lentezze ancestrali, per far sopravvivere la mia libertà potevo immaginare di oscillare da un genere all’altro: il corpo giovane risponde con i suoi segnali e lascia intendere che si può andare molto oltre.

Alla prova è la forza del reale, finché i confini tra parole e cose si frantumano.

Allora il corpo diventa l’unica realtà affidabile rimasta ed è impossibile farne una metafora. Per un tempo indefinito perdo il linguaggio e sento scorrermi il sangue. Una realtà possibile, dopo, sarà solo quella filtrata dall’esperienza diretta, il linguaggio ricostruito in aderenza all’esperienza diretta, un intero sistema di riferimenti culturali crolla tra le molecole, nella presa di coscienza di essere prima un corpo.

Inizia allora un secondo movimento verso il reale, diversamente consapevole. Il desiderio di poter essere di più, o di essere tutto (sovrapposto a quello di non essere nulla) inizia con un nuovo tipo di possibilità dentro ad una fragilità, blindata. A questo punto posso decidere che il mio genere si modifica nel medesimo corpo, che mi costruisco/decostruisco fisicamente in nome dell’altra/o che mi cerca finché il mio desiderio non è espresso, l’espressione “bisessuale” sembra non bastare anche se riguarda i soggetti amati con/accanto ai quali prendiamo forma, in fasi diverse dell’esistenza, e della nostra ricerca.

(Margherita Morgantin, Il pensiero veloce, frame da video, 4’ 17” colore, no audio, 2007)

In questo video (Il pensiero veloce, 2006) l’orizzonte continua a ruotare lentamente facendo perdere l’ordine di cielo e acqua, fino all’ultima inquadratura in cui la prua della barca compare e riporta l’orientamento. Il titolo dell’immagine singola è Ragazzo/a barca, dove la seconda non può cambiare genere. Questo breve testo accompagnava il lavoro:

“A partire da orizzonti speculari creati dal riflesso dell’acqua il video crea una sequenza di movimenti nella quale il ribaltamento della prospettiva lento e quasi impercettibile si svolge in un completo giro d’orizzonte, richiama il moto di ogni lenta rivoluzione, e la velocità della rotazione terrestre. L’apparente specularità del paesaggio attraverso una diversa rappresentazione diventa un disegno e poi una macchia di inchiostro, chiave di una diversa profondità della visione introspettiva, l’aderenza tra le forme interiori e quelle del paesaggio/macchia offre uno strumento di lettura e di racconto delle cose, indagando liberamente la zona compresa tra la rappresentazione delle forme e la loro fragile interpretazione. Nulla è veramente simmetrico, e la prospettiva centrale è tradita dalla materia, come qualsiasi sistema di pensiero lo è nel campo visivo del racconto di un soggetto”.

In un confronto con la cultura che mi ha formata mi rendo conto che realizzo e assecondo anche una identificazione con un sé maschile. Ciò che accade in questa sperimentazione di fluttuazione, F(emminile)-N(eutro)-M(aschile), e ritorno, è una deriva lievemente onnipotente nella quale posso desiderare chiunque ed essere da chiunque desiderata, ma è un’illusione. Al contrario, dentro a un sistema di potere del genere, i momenti di intimità diventano sempre più rari e stanno dentro a un sistema di contatti diventato promiscuo, ad ogni vero rischio vitale o mortale di intimità il sistema muta genere diventando irriconoscibile e imprendibile, paradossalmente nominabile: è una forma di resistenza, di sparizione. Il mio corpo è di nuovo lo scenario (non più neutro) in cui gestire una forma politica del desiderio, ideologica. L’ideologia di fondo è costruita su rabbia e paura di violenza. In questo regime di resistenza identitaria e relazionale una parte del mio corpo, legato alle funzioni riproduttive, smette di funzionare, e da questo silenzio inizia il secondo recupero del corpo che accade nell’integrazione della differenza nella parzialità. Nella presa di coscienza di una forma assieme unica e sessuata che dà accesso al profondo e all’inconscio, una forma selvatica che, rinunciando all’ideologia, diventa mediazione affettiva del discorso.


(www.libreriadelledonne.it, #VD3, 29 marzo 2020)


 1 La durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di cesio-133.  

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