22 Aprile 2016
www.libreriadelledonne.it

Ma io sono contenta di avere l’anima nell’utero

di Silvia Baratella

La blogger Eretica ha scritto una lunga recensione, polemica ma anche umoristica, al libro di Luisa Muraro L’anima del corpo. L’ha intitolata «Oltre il Muro della Muraro: c’abbiamo l’anima nell’utero!». Nell’incipit dice:
«Parto dal titolo “L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto”. […] c’è il problema di quest’anima che ricorda tanto i dubbi delle ere trascorse, quando i filosofi dicevano che le donne non avevano un’anima; poi altri filosofi dissero che le donne avevano l’utero in movimento; ora trovo una sintesi anacronistica dove forse si immagina di aver finalmente trovato l’anima delle donne. Starebbe nell’utero. Noi c’abbiamo l’anima nell’utero. Quando non avete un utero o lo usate male, per esempio con la GpA, si rafforza così il detto “donne senz’anima
Questa immagine dell’anima nell’utero inventata da Eretica mi è piaciuta molto e il mio pensiero è stato subito: «Ma io sono contenta di avere l’anima nell’utero!»
Intendiamoci, non credo nell’anima, quella immortale che sopravvive al corpo, e non credo nella scissione tra anima e corpo, tra spirito e materia: io non “ho” un corpo, “sono” il mio corpo, consapevole di sé e capace di percepire il mondo, provare emozioni, relazionarsi con altri e condividere con loro una rappresentazione simbolica della realtà proprio attraverso la materia di cui è fatto. La parola “anima”, allora, la intendo come l’insieme di queste facoltà senzienti e dire che ce l’abbiamo nell’utero diventa un bellissimo sberleffo a quella scissione artificiosa. Non solo, ma mi radica nella mia differenza (infatti non credo neanche nella “persona -a-prescindere-dal-suo-sesso”, non ne ho mai incontrata una) e riconosce all’utero una dignità che quand’è ridotto a pura materia, a corpo-strumento, è più facile negargli.
Si sa, gli uomini fan presto a prendere a prestito l’utero altrui, ma se questo è “animato” diventa un altro paio di maniche. Non solo non è più proprietà dei patriarchi del passato, che si procuravano un erede “del loro stesso sangue” attraverso il contratto matrimoniale e un controllo ossessivo sulla sessualità femminile; ma non è neanche a disposizione delle moderne coppie impossibilitate a procreare, etero o gay, che reclamano un erede del loro DNA, garantito da contratti commerciali, agenzie, cliniche e soprattutto dalla gravidanza accuratamente banalizzata di una donna (Claudio Rossi Marcelli su Internazionale dell’8/4/2016 la riduce addirittura a un «servizio» che si può «scegliere di offrire»).
Però, proprio per Eretica che l’ha inventata, questa bella immagine sarebbe un’arma di ricatto puntata contro le donne: una “trasgressione” dell’utero, e sei una «donna senz’anima». Strano, a me suggerisce tutt’altro. Per esempio di chiedermi se gli uomini possono averla anche senz’utero, oppure di dire: ehi, voi, lì c’è la mia anima perciò non potete stare a farci i comodi vostri: smammate!
A insinuare che siamo “senz’anima” (nel senso di spietate)se non mettiamo a disposizione il nostro utero, invece, è la propaganda sulla gioia tutta femminile del “dono”, che esalta la generosità delle gestanti che rinunciano alla figlia o al figlio appena messo al mondo, e quella delle donatrici di ovuli (senza però mai dire che donandoli si anticipa la menopausa, non sia mai che diventino avare!), tutto per amore dei genitori surrogati. A questi però non è richiesto di essere generosi , di rinunciare a usare il corpo di un’altra per i propri scopi, chissà perché. Ah, sì che lo so il perché: non per simpatia o per solidarietà, no, ma perché pagano, e il cliente ha sempre ragione. Lo dice il mercato, che è senz’utero e senz’anima.

(www.libreriadelledonne.it, 22 aprile 2016)

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