di Silvia Baratella
La blogger Eretica ha scritto una lunga recensione, polemica ma anche umoristica, al libro di Luisa Muraro L’anima del corpo. L’ha intitolata «Oltre il Muro della Muraro: c’abbiamo l’anima nell’utero!». Nell’incipit dice:
«Parto dal titolo “L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto”. […] c’è il problema di quest’anima che ricorda tanto i dubbi delle ere trascorse, quando i filosofi dicevano che le donne non avevano un’anima; poi altri filosofi dissero che le donne avevano l’utero in movimento; ora trovo una sintesi anacronistica dove forse si immagina di aver finalmente trovato l’anima delle donne. Starebbe nell’utero. Noi c’abbiamo l’anima nell’utero. Quando non avete un utero o lo usate male, per esempio con la GpA, si rafforza così il detto “donne senz’anima”.»
Questa immagine dell’anima nell’utero inventata da Eretica mi è piaciuta molto e il mio pensiero è stato subito: «Ma io sono contenta di avere l’anima nell’utero!»
Intendiamoci, non credo nell’anima, quella immortale che sopravvive al corpo, e non credo nella scissione tra anima e corpo, tra spirito e materia: io non “ho” un corpo, “sono” il mio corpo, consapevole di sé e capace di percepire il mondo, provare emozioni, relazionarsi con altri e condividere con loro una rappresentazione simbolica della realtà proprio attraverso la materia di cui è fatto. La parola “anima”, allora, la intendo come l’insieme di queste facoltà senzienti e dire che ce l’abbiamo nell’utero diventa un bellissimo sberleffo a quella scissione artificiosa. Non solo, ma mi radica nella mia differenza (infatti non credo neanche nella “persona -a-prescindere-dal-suo-sesso”, non ne ho mai incontrata una) e riconosce all’utero una dignità che quand’è ridotto a pura materia, a corpo-strumento, è più facile negargli.
Si sa, gli uomini fan presto a prendere a prestito l’utero altrui, ma se questo è “animato” diventa un altro paio di maniche. Non solo non è più proprietà dei patriarchi del passato, che si procuravano un erede “del loro stesso sangue” attraverso il contratto matrimoniale e un controllo ossessivo sulla sessualità femminile; ma non è neanche a disposizione delle moderne coppie impossibilitate a procreare, etero o gay, che reclamano un erede del loro DNA, garantito da contratti commerciali, agenzie, cliniche e soprattutto dalla gravidanza accuratamente banalizzata di una donna (Claudio Rossi Marcelli su Internazionale dell’8/4/2016 la riduce addirittura a un «servizio» che si può «scegliere di offrire»).
Però, proprio per Eretica che l’ha inventata, questa bella immagine sarebbe un’arma di ricatto puntata contro le donne: una “trasgressione” dell’utero, e sei una «donna senz’anima». Strano, a me suggerisce tutt’altro. Per esempio di chiedermi se gli uomini possono averla anche senz’utero, oppure di dire: ehi, voi, lì c’è la mia anima perciò non potete stare a farci i comodi vostri: smammate!
A insinuare che siamo “senz’anima” (nel senso di spietate)se non mettiamo a disposizione il nostro utero, invece, è la propaganda sulla gioia tutta femminile del “dono”, che esalta la generosità delle gestanti che rinunciano alla figlia o al figlio appena messo al mondo, e quella delle donatrici di ovuli (senza però mai dire che donandoli si anticipa la menopausa, non sia mai che diventino avare!), tutto per amore dei genitori surrogati. A questi però non è richiesto di essere generosi , di rinunciare a usare il corpo di un’altra per i propri scopi, chissà perché. Ah, sì che lo so il perché: non per simpatia o per solidarietà, no, ma perché pagano, e il cliente ha sempre ragione. Lo dice il mercato, che è senz’utero e senz’anima.
(www.libreriadelledonne.it, 22 aprile 2016)
22 Aprile 2016
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