30 Gennaio 2015

Ma io voglio mettermi in mezzo

di Pinuccia Corrias

 

Io, sì, avrei voluto esserci, quel giorno, a Parigi. Insieme ad una persona cara. Tra la gente sconosciuta. Nelle prime file. Attenta. Come quel giorno lontano in cui, con Maria Teresa, partimmo dalla Statale nel lungo corteo studentesco e con lucida follia in Largo Gemelli conquistammo la prima fila di fronte ai “celerini” che presidiavano i cancelli della “nostra” università, accanto a “quelli” che non ci piacevano con quei bastoni insensati a fare da aste alle bandiere.

Avrei voluto esserci, con la stessa chiarezza di allora. Quando era indiscutibile che l’aver votato e partecipato all’occupazione della “mia” università era un atto di amore a tutto ciò che quel luogo rappresentava per me: la cultura, la giustizia, la fede. E l’aumento delle tasse, qualunque ne fossero le ragioni, andava contro quei principi e svelava che la mia presenza lì era l’eccezione a un privilegio che in quella società era riservata a pochi ricchi. Questo era il mio ’68 e questo volevo ricordare alla mia università e affermare contro quei bastoni, anche quando partirono le prime pietre, i celerini si mossero e da sei che erano diventarono una furia che usciva dalla caserma vicina… e mentre mi allontanavo ai bordi della piazza, riflettevo a quanto avevamo avuto ragione, io e Mariateresa, a stare, lì, in prima fila a difendere la “nostra” università dagli uni e dagli altri. Per questo avrei voluto essere a Parigi: per trovare chi, come Charlie, ognuno a modo suo, voleva difendersi dalla ottusa ferocia delle “istituzioni”, ma anche dalla disperazione allucinata di chi crede che il sangue versato lavi le offese.

Sì, è vero «è una guerra tra uomini» quella che sta insanguinando il mondo. Come sempre. E Charlie era un privilegiato e faceva, come tutti i privilegiati, ciò che sapeva e forse amava fare e le sue vignette forse non facevano nemmeno tanto ridere… La gente, però, non è scesa in strada per difendere le sue vignette ma, io credo, per “mettersi in mezzo” e non darla vinta al terrore.

E io credo che anche per le donne sia venuto il tempo di mettersi in mezzo. Come? Pre-occupandoci dei giovani, ascoltandoli e amandoli. Da troppo tempo non lo facciamo più. Troppo prese da noi stesse e dalle nostre figlie, li abbiamo lasciati soli in balia dei padri.

Rivedo la mano di mio padre che impugna qualcosa levata contro mio fratello in piedi, mia sorella mi porta via piangendo mentre mia madre si mette in mezzo. Guerre tra maschi. Per tre mesi mio fratello non è tornato a casa. Quel giorno che lo ha fatto, prima di entrare ha chiesto perdono a mia madre.

Mio nipotino mi ha “letto” una fiaba senza parole: nella prima pagina un mostro entra nella stanza di un bambino e lo terrorizza e pagina dopo pagina dalla porta arrivano mostri sempre più grandi che divorano i precedenti in un crescendo pauroso fino all’ultima in cui avviene il miracolo. Hai visto, mi dice il mio nipotino, anche i mostri hanno una mamma! E sorride a quella scena in cui un mostro enorme sta a testa china davanti ad una piccola donna autorevole.

Non conosco altre mosse vincenti, se è vero, come è vero, che questo è il tempo di noi, donne adulte.

 

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