26 Ottobre 2013

Mi ricredo: il papa non gioca a palla avvelenata

di Luisa Muraro

Vi ricordate il gioco di palla avvelenata? In Italia, politica e cultura lo giocano con molte palle: con l’ambizione, i soldi, il successo, la paura, il tornaconto… Ci sono anche quelli che si avvelenano per l’indignazione e lo scoraggiamento. Io appartengo a quest’ultima categoria.

Solo così mi spiego di aver scritto Far finta di capirsi su papa Francesco che s’intrattiene con Scalfari sul quotidiano La repubblica. E mi dispiace non tanto per quello che ho scritto, ma perché c’è altro da dire sul papa, che è ben più importante. Una come me, questo altro tenta di dirlo oppure tace.

In quel mio testo esprimevo il discredito per i nostri personaggi pubblici, zelanti e calcolatori insieme, e il timore che il papa si sarebbe prestato alle loro furberie. Il suo predecessore, mi sono detta, probabilmente l’ha avvertito sui personaggi della Curia, ma sa che fuori dalla Curia sono dello stesso stampo? In quel Far finta di capirsi c’era anche un tentativo, malriuscito, di pensare che fingere è diventato inevitabile e accettabile, ma questo non corrisponde al mio modo di pensare né di comportarmi.

Tuttavia ci sono domande che continuo a pormi. Il papa lo sa che metà almeno della gente che va in chiesa, nelle regioni più cattoliche d’Italia, non vuole che si tocchi la Bossi Fini, vale a dire una legge che aggrava le sofferenze e i rischi cui sono esposti i migranti? Le prediche, anche le più ispirate, non bastano, bisogna prima ascoltare senza giudicare. Altrimenti quella gente continua a pensarla come il don Abbondio dei Promessi sposi, quando il cardinal Federigo gli rimprovera la sua mancanza di amore e di coraggio: facile predicare la generosità per te che sei supergarantito, sono io che vedo minacciato un modesto benessere faticosamente raggiunto.

Nessuno avrebbe potuto fare questa obiezione a Gesù di Nazareth.

Qui c’è tutto il problema, quello di un messaggio di amore e di pace incarnato da un uomo povero tra i poveri, trasmesso da donne e uomini che si sono sentiti da lui profondamente toccati. Dopo di loro sono venuti altri che si sono organizzati e ordinati in una gerarchia solo maschile, sul modello dell’Impero romano, facendo la legge sull’umanità comune (laici e donne) e alleandosi variamenti con i poteri di questo mondo. La coerenza delle origini andò perduta ma non la memoria del messaggio, grazie soprattutto a una minoranza di uomini e donne che hanno cercato di farsi memoria vivente del Salvatore. Parole, queste ultime, che riassumono il programma di Celeste Crostarosa  (Napoli 1696- Foggia 1765), una donna coraggiosa che ha combattuto la prepotenza clericale e che forse sarà proclamata santa, grazie anche a questo papa.

Ecco che cosa c’è da dire di Bergoglio, che si mostra deciso a fare il suo possibile per ridurre l’enorme divario tra il messaggio di Gesù di Nazareth e la Chiesa cattolica romana, non quella segreta e santa che non ne ha bisogno, ma quella ufficiale che tutti abbiamo davanti agli occhi. Chissà se gli sarà possibile, ma non c’è dubbio che, in questo suo impegno, va aiutato.

(Luisa Muraro – Libreria delle donne 26 ottobre 2013)

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